Violante: seduta 16
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AUDIZIONE DEL PROCURATORE DISTRETTUALE ANTIMAFIA
DI MESSINA E DI ALCUNI SOSTITUTI PROCURATORI DELLA
       DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA DI MESSINA
        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                           indi
             DEL VICEPRESIDENTE CARLO D'AMATO
                          INDICE
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Audizione del procuratore distrettuale antimafia
di Messina e di alcuni sostituti procuratori della
direzione distrettuale antimafia di Messina:
Violante Luciano, Presidente ................. 617, 621, 622
                      623, 624, 628, 629, 630, 631, 632, 633
D'Amato Carlo, Presidente .................... 622, 623, 624
                                          625, 626, 628, 629
Bargone Antonio ........................................ 627
Buttitta Antonino ...................................... 627
Frasca Salvatore ....................................... 633
Gambino Giuseppe, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Mes-
sina .............................................. 625, 632
Grasso Gaetano .................................... 623, 624
Langher Franco, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Messina ............ 622
                         Pag. 616
Lembo Giovanni, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Messina ............ 629
Matteoli Altero ................................... 623, 625
Ricciuti Romeo ......................................... 623
Rossi Luigi .................................. 622, 623, 624
Tripodi Girolamo .................................. 626, 627
Zumbo Antonio, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina ........................ 617, 621, 626
                                627, 628, 629, 630, 631, 633
Per fatto personale:
Violante Luciano, Presidente ...................... 633, 634
D'Amelio Saverio ....................................... 634
Ricciuti Romeo .................................... 633, 634
Rossi Luigi ....................................... 633, 634
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La seduta comincia alle 14,15.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Audizione del procuratore distrettuale antimafia
di Messina e di alcuni sostituti procuratori della
direzione distrettuale antimafia di Messina:
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del
procuratore distrettuale antimafia di Messina e di alcuni
sostituti procuratori della direzione distrettuale antimafia
di Messina.
   Ringrazio i magistrati qui presenti e do subito la parola
al dottor Zumbo, procuratore distrettuale della Repubblica di
Messina.
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Ho predisposto una brevissima
relazione sulla criminalità messinese, riprendendo
l'intervento da me svolto, nella mia qualità di sostituto
procuratore generale, nella riunione del Consiglio superiore
della magistratura promossa dal Capo dello Stato il 12
novembre 1990, alla quale partecipò anche un rappresentante di
questa Commissione.
   Nel contesto della relazione è stata inserita, come
richiesto, una breve parte sui rapporti tra delinquenza
organizzata e potere politico.
   Come ho riferito nella precedente relazione, la provincia,
e soprattutto la città di Messina, è stata sempre ritenuta,
per consolidata tradizione, tra le più pacifiche per la
mitezza delle sue genti e per la gentilezza dei costumi.
   Emblematico in tal senso appare il dato statistico, invero
singolare, che nel discorso per l'anno giudiziario 1964 ebbe a
citare il procuratore generale del tempo, Pietro Rossi, il
quale così si espresse: "Dal punto di vista quantitativo è da
fare anzitutto una confortante constatazione e cioè che
nell'anno in considerazione nessun omicidio volontario è stato
consumato nel territorio di questo distretto giudiziario".
  PRESIDENTE. Altri tempi!
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Del tutto ignoto era poi il fenomeno
della criminalità organizzata, che pure prosperava nelle
confinanti provincie di Palermo e Catania e nella vicinissima
Reggio Calabria.
   Era questa una realtà ampiamente positiva che avrebbe
comunque meritato di essere tenuta sotto controllo, non
essendo ignota neppure allora la capacità di proliferazione e
di contaminazione che è propria di tale tipo di criminalità,
così che non era e non è immaginabile che una zona confinante
con altra affetta dal morbo mafioso potesse rimanere a lungo
indenne.
   Purtroppo di ciò non si tenne debito conto e si preferì
credere alle astratte teorie degli esperti di mafia, che
ritenevano la Sicilia orientale, e in particolare le provincie
di Messina e di Siracusa, non assoggettabile a tale tipo di
criminalità per ragioni storiche, etniche, ambientali e
sociologiche. Venne così imperdonabilmente abbassata la
guardia, al punto di non percepire tempestivamente i primi
inequivocabili segnali che denunziavano l'inquietante e
minacciosa presenza in Messina della criminalità organizzata.
   La sgradevole e pericolosa realtà, anche se tardivamente,
si impose comunque all'attenzione della magistratura e delle
forze dell'ordine, ma solo con la celebrazione
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 dei grandi processi contro la criminalità organizzata venne
finalmente recepita da una cittadinanza sconvolta ed
impaurita.
   Resta da aggiungere che, nonostante i ritardi e
l'inadeguatezza dell'apparato di prevenzione e di repressione,
non sono mancate negli ultimi anni risposte pronte ed efficaci
da parte della magistratura e delle forze dell'ordine alla
grande criminalità organizzata sempre più diffusa, audace e
insolente. Ne fanno fede i numerosissimi processi conclusisi
con significative condanne e talvolta, purtroppo, anche con
numerose assoluzioni, a carico delle associazioni criminose
che operano soprattutto a Messina e nel territorio di
Barcellona.
   A tale proposito, oltre ad alcuni procedimenti minori, a
due grossi ed importanti procedimenti per droga (D'Arrigo
Marcello più 75 e Morena Giuseppe più 30), si sono celebrati:
il cosiddetto processo dei 69 (Costa Gaetano); un altro
processo (Cavò Domenico), poi riunito al primo in grado di
appello e definito con sentenza della corte d'assise d'appello
in data 28 novembre 1985; il cosiddetto maxiprocesso
(Antonuccio Aldo più 234), definito con sentenza della corte
d'appello in data 23 aprile 1990 (ed in cui compare per la
prima volta un importante pentito, Insolito Giuseppe). Sul
punto ho qui a disposizione alcuni appunti e ritagli di
giornale da cui risultano più specificatamente l'iter
processuale e le condanne riportate in primo e secondo grado.
Voglio comunque fare presente che in primo grado, per il solo
clan Costa (il maxiprocesso riguardava quattro associazioni
criminose), si era ritenuta la sussistenza dell'articolo
416-bis, ridimensionato poi in appello.
   Ultimamente, in data 26 giugno 1991, si è concluso in
corte d'assise d'appello il gravissimo processo a carico di
Chiofalo Giuseppe più 7 (associazione a delinquere
barcellonese) con la condanna all'ergastolo dei tre principali
imputati. Anche qui in primo grado si è ritenuta la
sussistenza dell'articolo 416-bis, trasformato in 416 in grado
d'appello. La sentenza è definitiva.
   Infine, va ricorado il famoso processo delle associazioni
mafiose di Capo d'Orlando (che tanta eco ha avuto nella
stampa) a carico dei clan Bontempo Scavo e Galati Rando,
celebrato in primo grado davanti al tribunale di Patti ed in
secondo grado in corte d'appello. Qui, per la prima volta nel
distretto, sia in primo grado sia in secondo grado, si è
ritenuta la sussistenza dell'articolo 416-bis. Il
processo non è definitivo in quanto pende ricorso per
cassazione.
   In merito a questo, volevo aggiungere che la direzione
distrettuale antimafia di Messina ha proceduto per
associazione a delinquere di stampo mafioso nei confronti di
otto persone, quattro delle quali già condannate nel processo
di cui parliamo, chiedendo la custodia cautelare in carcere,
però rigettata dal GIP. E' stato proposto appello, che proprio
ieri avrebbe dovuto essere svolto, ma il processo è stato
rimandato alla metà di gennaio.
   Una realtà siffatta, del resto, rappresenta la
significativa manifestazione di un potere criminale che si
realizza soprattutto mediante un traffico di droga sempre più
esteso ed intenso, un taglieggiamento ossessivo e
generalizzato ai danni di operatori economici che in grande
maggioranza preferiscono soggiacere alle richieste estorsive
piuttosto che affidarsi alla protezione delle forze
dell'ordine, e mediante innumerevoli episodi di cosiddetta
microcriminalità, di cui fanno le spese i soggetti più deboli
e indifesi.
   A questo punto occorre pur chiedersi come deve essere
reimpostata la lotta al crimine organizzato, da tutti peraltro
dichiarata indilazionabile priorità del paese.
   Mi pare opportuno ricordare intanto che un alto
commissario per la lotta alla mafia, il prefetto De Francesco,
ebbe ad esprimere, nei primi anni ottanta, l'opinione che la
mafia non avrebbe potuto essere vinta prima del 2000. Sul
punto è il caso di ricordare infatti che il crimine, quale che
sia la sua tipologia, è vecchio come l'umanità e non è mai
stato definitivamente
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 sconfitto dalla civiltà o da ciò che noi riteniamo essere
tale. Sperare quindi di estirpare per sempre dall'attuale
società postindustriale il crimine organizzato va considerato
allo stato un po' troppo ottimistico. Non è concepibile
infatti che tutte le organizzazioni criminose operanti nel
nostro paese possano essere debellate e, ammesso che ciò sia
possibile, che non se ne riformino poi delle altre. Lo stesso
ministro guardasigilli, del resto, ha recentemente espresso
tale concetto, affermando che "la mafia non è un'emergenza, è
un elemento stabile della vita nazionale, con la quale dovremo
convivere per parecchio tempo".
   Bisogna, quindi, con maggiore rispetto per la realtà, che
lo Stato si prefigga l'obiettivo, questo sì raggiungibile e
alla sua portata, di vincere numerose battaglie, in maniera
che il fenomeno criminale possa finalmente essere ridotto nei
suoi limiti fisiologici e tali comunque da non mettere in
pericolo la civile convivenza. Questo traguardo, però,
presuppone, oltre ad un'impegnativa opera di rinnovamento
culturale, sociale, ed economico del nostro popolo, la
presenza dello Stato attiva e palpabile, la sua volontà di
impegnare nella lotta enormi risorse finanziarie (è risaputo
che le guerre sono costose) e umane, e soprattutto una
ritrovata unità di intenti tra potere politico, magistratura e
le altre forze sane della nazione.
   Ma oltre a pensare ad una seria e prolungata azione di
contrasto nei confronti della criminalità organizzata nel
distretto di questa corte, è essenziale che lo Stato, e per
esso le forze dell'ordine, si riappropri del territorio urbano
(ma anche di quello di alcuni grossi centri della provincia)
da tempo abbandonato alla mercé di scippatori, rapinatori,
estortori e spacciatori di droga (furti, rapine, estorsioni e
spaccio di droga sono in costante e sensibile aumento), oltre
che della criminalità organizzata.
   Una volta drasticamente ridimensionato il fenomeno della
criminalità comune (che poi costituisce il serbatoio della
manovalanza, al quale sistematicamente attingono le varie
associazioni criminali) si raggiungeranno certo più
impegnativi obiettivi.
   In riferimento alla criminalità organizzata è da dire che
la sua attività si articola in tre direttrici principali.
   Innanzitutto, il traffico di droga. Inizialmente, tale
traffico non era ammesso ma tollerato, nel senso che i clan
non trattavano la droga direttamente ma si consentiva che i
consociati potessero trattarla a livello individuale, anche se
risulta (almeno nel messinese) che una parte dei proventi
veniva versata nella cosiddetta bacinella (una sorta di cassa
comune). Poi, dati soprattutto gli ingenti guadagni che
consentiva e la diffusione quasi capillare, il traffico si è
esercitato direttamente. E questo è avvenuto anche a Messina.
   Il secondo filone è quello delle estorsioni ed è appena il
caso di dire che anche a Messina è esercitato a tappeto. A
tale proposito va puntualizzato che i dati statistici sono del
tutto ingannevoli: a Messina e provincia risultano denunciate
pochissime estorsioni o tentate estorsioni (poche decine) ma
ciò è indice solo della paura e della reticenza.
   Il terzo filone, più specializzato e sofisticato, riguarda
il mondo degli appalti, dove però le organizzazioni criminali
messinesi hanno una minore incidenza. Non nel senso che negli
appalti tutto sia regolare; le irregolarità riguardano
soprattutto gli accordi, i rapporti tra ente concedente e
concessionario, in quanto nella concessione degli appalti non
sono state riscontrate intromissioni di delinquenza
organizzata. Va precisato che questa non è una visione
riduttiva del fenomeno, in quanto si riferisce solo a quello
che è stato concretamente accertato, a ciò che è emerso dalle
indagini espletate.
   Per quanto riguarda le caratteristiche della criminalità
nel distretto, nel messinese non è rilevabile una struttura
mafiosa quale sembra emergere dalle relazioni dei colleghi di
Palermo, Catania e Caltanissetta. Non esiste cioè una
struttura
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 criminale di tipo verticistico, idonea quindi ad assicurare
anche in certi periodi la pacifica gestione del territorio.
Esistono invece sodalizi criminosi di tipo mafioso che si
contendono la spartizione del territorio prevalentemente al
fine di assicurarsi la gestione delle estorsioni e dello
spaccio di droga. Trattasi di raggruppamenti la cui
composizione non è stabile, presentando la particolarità,
tipica di questo centro, di continue trasmigrazioni dei
componenti da un clan all'altro, anche a causa di contrasti di
scarso rilievo.
   Ciò rende più difficoltosi l'individuazione degli
associati e la determinazione dei vari sodalizi, nonché lo
svolgimento delle indagini ogni qualvolta si verificano gravi
fatti di sangue per la difficoltà di inquadrare vittime ed
esecutori del reato nell'uno o nell'altro clan. Tutto questo
rende gravemente pericolosa la situazione locale proprio per
le ritorsioni che conseguono ai tradimenti.
   L'unico elemento malavitoso che si è già affermato, anche
per i suoi collegamenti con la mafia palermitana e catanese
(Santapaola) e per i suoi concreti inserimenti nel tessuto
economico-sociale (usura, droga, estorsioni, riciclaggio
eccetera), è Luigi Sparacio. A tale proposito segnalo che da
una informativa pervenutaci in questi giorni dalla direzione
distrettuale antimafia di Caltanissetta risulta, per
dichiarazione del pentito Spatola, che lo Sparacio sarebbe il
rappresentante messinese della cosiddetta commissione
regionale. E questo segnala, purtroppo, un certo salto di
qualità che starebbe avvenendo nel distretto dato appunto
questo collegamento quanto meno regionale.
   Nei confronti di Sparacio, alcuni giorni fa è stata emessa
ordinanza di custodia cautelare in carcere per estorsione ed
usura (lo stesso è però latitante); sono stati arrestati la
suocera e due dei suoi più stretti collaboratori. Dalle
indagini è anche emerso che egli ha rilevanti interessi
economici a Latina.
   E' opportuno precisare che nel distretto emergono due tipi
di criminalità diversi quanto a natura. La mafia, tra
virgolette, messinese è certamente più rozza e meno borghese
di quella palermitana, ma non per questo meno brutale e pronta
a colpire in modo cruento laddove si tratta di riparare ad uno
sgarbo ricevuto od occorre affermare o riaffermare un
prestigio messo in discussione. A questo proposito, i numeri
sono più eloquenti di qualsiasi altra cosa: dal 1986 in poi si
registra questo crescendo impressionante in tema di omicidi
volontari: 8, 16, 23, 26, 40, 35, 45 e, sinora per il 1992, 43
più i due di ieri mattina.
   La mafia barcellonese è di natura affaristica. In questa
zona si è inizialmente avuta una estorsione di piccolo
cabotaggio, ma poi la situazione è precipitata. All'inizio
degli anni ottanta vi è stato un grosso movimento di ricchezza
gravitante intorno a molte opere pubbliche, appalti legati
specialmente al raddoppio della linea ferroviaria
Messina-Palermo, per somme nell'ordine di diverse centinaia di
miliardi. Questo fatto ha generato due conseguenze che si
sommano negli effetti dannosi: la prima è che questo movimento
ha finito per costituire un polo di attrazione per
organizzazioni criminali di altre province, che applicavano
metodi mafiosi già collaudati altrove; contemporaneamente la
malavita locale, che fino a quel momento aveva seguito una
tradizione di malaffare diremo artigianale, stimolata dalla
sfida e nell'intento di difendere l'esclusività di
sfruttamento del proprio territorio, ha reagito alzando il
tiro, resa più esperta e violenta dal confronto di rivalità
con la concorrenza dei forestieri.
   Di qui una catena di efferati omicidi e con una
escalation che non si spiegherebbe nello spazio di pochi
anni se non fosse conseguenza della posizione geografica di
Messina. Posta al crocevia di provincia ad alto tasso di
criminalità, come Reggio Calabria, Palermo e Catania, si può
dire in un certo senso che Messina, nei primi tempi, si è
limitata ad offrire il suo territorio come zona di transito ai
traffici illeciti altrui, anche se con qualche coinvolgimento
locale e con l'elargizione
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 di sporadiche complicità. Poi, ha fatto un salto di qualità
e quindi si sono creati nuclei di insediamento di vera e
propria criminalità organizzata, suddivisa in faide interne o
cosche rivali, che alla fine ha instaurato uno scenario
dominato dalla violenza e dalla intimidazione diffusa.
   Per quanto riguarda, infine, i collegamenti tra
criminalità organizzata e potere politico, è emersa qualche
cosa, anche se non di rilevante entità. Si è preferito non
inserirla nella relazione per motivi di opportunità. Ve ne do
comunque un accenno orale.
  PRESIDENTE. Se lo ritiene, procuratore, possiamo
procedere in seduta segreta.
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Mi limiterò ad una esposizione
omettendo qualche nome.
  PRESIDENTE. Il problema non è quello di omettere un
nome. Proseguiamo in seduta segreta così ci dirà quanto deve
comunicarci. Non essendovi obiezioni, dispongo la
disattivazione del circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. In merito alla funzionalità della
direzione distrettuale antimafia di Messina, ci rimettiamo
alla nota datata 9 novembre 1992, già inviata a codesta
Commissione. Comunque, tra gli atti che ritengo la Commissione
vorrà acquisire vi è anche una copia di questo.
   Faccio presente inoltre che attualmente questo ufficio sta
sentendo tre pentiti e si prevede di conseguire risultati
veramente ottimali, sempre con riguardo alla criminalità
organizzata nel messinese.
   Desidero aggiungere, per quanto riguarda le misure di
prevenzione, che questo ufficio si è attivato al massimo, come
risulta dagli allegati che esibisco alla Commissione.
   Risulta che attualmente 116 persone sono più o meno
sottoposte a misure di prevenzione. Risulta inoltre (da un
documento della cancelleria che esibisco) che dal giugno 1991
(praticamente la data del mio accesso alla carica di
procuratore della Repubblica) fino al 15 dicembre di
quest'anno, nell'ambito del numero generale delle misure di
prevenzione, sono stati avviati direttamente dal pubblico
ministero diciannove procedimenti per misure di prevenzione.
   Risulta inoltre, da altro certificato, che sono stati
disposti accertamenti bancari, postali e patrimoniali nei
confronti di due appartenenti al clan Trischitta, composto da
sette persone, e al clan Trovato, composto da sei persone.
Anche queste misure di prevenzione sono comunque in corso; mi
pare anzi che per la metà di gennaio sia fissata l'udienza
relativa ad una di esse.
   Vorrei aggiungere un'ultima cosa che l'ufficio ritiene di
fare presente, anche se probabilmente non rientra nella
competenza di questa Commissione. Mi riferisco alla
insufficienza del personale della procura della Repubblica di
Messina. Attualmente, la procura dovrebbe avere in organico un
procuratore della Repubblica, un aggiunto e dieci sostituti,
ma in realtà l'aggiunto manca e su dieci sostituti ne sono
presenti sei. Tale numero è destinato, a brevissimo termine,
ad essere ulteriormente ridotto perché il collega Lembo è
stato proposto presso la procura nazionale antimafia ed il
collega Gambino presso la procura della Repubblica di Patti.
Non so, fra qualche mese, quale sarà il rendimento della
procura della Repubblica di Messina, soprattutto ai fini della
delinquenza organizzata: con l'organico ridotto a sei
sostituti su dieci e senza il procuratore aggiunto
probabilmente
                         Pag. 622
 si incontreranno difficoltà anche a svolgere il lavoro di
routine.
   Se la Commissione intende porre talune domande siamo a
disposizione.
  PRESIDENTE. I sostituti procuratori presenti intendono
aggiungere qualcosa?
  FRANCO LANGHER, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Messina. Chiedo di poter fare
alcune comunicazioni in seduta segreta.
  PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, procediamo in
seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito
audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostro lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  LUIGI ROSSI. Ho ascoltato con molto interesse la
relazione ed ho notato che ad un certo momento il relatore ha
espresso meraviglia perché la provincia di Messina è risultata
inquinata dalla mafia in maniera rapida. Questo lo dico perché
all'epoca in cui ero giornalista quella di Messina (come anche
il resto della Sicilia orientale) era definita "provincia
babba", ossia non inquinata dalla mafia.
   Mi domando: come mai il fenomeno di inquinamento è
sfuggito alle autorità? Eppure nella relazione si parla di
appalti per i quali bisognava spendere parecchie centinaia di
miliardi che, oltretutto, non sono stati realizzati.
   Inoltre ho letto alcune sentenze che, sotto certi punti di
vista, mi hanno impressionato: in una, particolarmente, un
giudice sosteneva che purtroppo ci dovremo abituare a
convivere con la mafia, il che non è una situazione piacevole.
Anche lei ha fatto presente che purtroppo il fenomeno esiste
ed è molto difficile estirparlo in poco tempo.
  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Rossi, non credo sia sia
stato un magistrato ad esprimere tale giudizio, ma un
ministro.
  LUIGI ROSSI. L'ho letto in una sentenza.
  CARLO D'AMATO. Forse De Francesco.
  PRESIDENTE. De Francesco si è riferito al 2000, facendo
una previsione ottimistica.
  LUIGI ROSSI. Su un giornale era stata riportata una
sentenza nell'ambito della quale un giudice affermava, dopo
aver comminato la pena, che purtroppo ci si deve abituare a
convivere con la mafia (Interruzione del deputato
Ricciuti). A me non interessa. Constato che purtroppo
stiamo convivendo con la mafia in certe zone!
   Poiché ci si è riferiti alla scarsità dell'organico,
vorrei chiedere se la stessa magistratura e il Consiglio
superiore della magistratura - ma lo domanderemo al ministro
guardasigilli - non debbano rendersi conto che la carenza
provoca i danni da lei giustamente evidenziati.
   Ai tre punti ricordati, ossia il traffico di droga, le
estorsioni e gli appalti, mi permetterei di aggiungere anche
il fenomeno dell'usura e dell'intervento della mafia -
attraverso questa - nelle piccole e medie imprese.
Recentemente mi sono recato in Sicilia ed ho tratto la
sensazione, parlando con alcune persone, che la mafia si serve
del denaro sporco per inserirsi nelle piccole e medie
industrie, impadronendosene.
   Quanto poi ai numerosi anonimi, alcuni amici siciliani mi
hanno confessato che sono obbligati all'anonimato (ripeto
quanto ho sentito) per la semplice ragione che non si sentono
adeguatamente protetti. Queste persone dicono che se dovessero
sottoscrivere con nome e cognome specifiche dichiarazioni nei
confronti di Tizio o di Caio, correrebbero grossi rischi per
la loro incolumità.
                         Pag. 623
              PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
                       CARLO D'AMATO
  LUIGI ROSSI. La questione degli anonimi credo interessi
moltissimo i nostri ospiti, tant'è che stanno svolgendo
indagini approfondite.
   Desidererei che le carenze e le giustissime lamentele
della magistratura del sud, impegnata nelle zone a rischio,
fossero sottolineate direttamente da voi al Consiglio
superiore della magistratura, ottenendo dei risultati. I
magistrati sono inamovibili, secondo il dettato
costituzionale, ma abbiamo avuto la sensazione che parecchi
magistrati destinati al sud e nelle zone a rischio, dopo un
determinato periodo di tempo chiedono il trasferimento. E
quelli che rimangono diventano degli eroi, anzi sono degli
eroi!
   Questa è la ragione - ne parleremo al ministro
guardasigilli più tardi - in base alla quale si rende
assolutamente necessario che la magistratura si faccia parte
diligente per impedire l'esistenza di tali carenze,
specialmente nelle zone a rischio.
  ALTERO MATTEOLI. Presidente, dovrei porre alcune
questioni su argomenti emersi durante la seduta segreta.
  PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, proseguiamo i
nostri lavori in seduta segreta. Dispongo la disattivazione
del circuito audiovisivo interno.
  (La Commissione procede in seduta segreta).
                PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
                      LUCIANO VIOLANTE
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  ROMEO RICCIUTI. L'audizione di diversi collaboratori
della giustizia e di alcuni importanti magistrati ha portato
la Commissione a discutere (se non ad accertare in via
definitiva) che i riferimenti politici della mafia sono
attualmente orientati verso formazioni di recente acquisizione
alla vita politica nazionale. Vorrei sapere se qualcosa a
questo proposito risulti anche ai nostri ospiti.
   In secondo luogo, è risultato in modo quasi
incontrovertibile che un importante traffico di armi da guerra
porta come conseguenza che queste siano stivate in Sicilia;
secondo le rivelazioni dei collaboratori della giustizia,
dovrebbero servire ad un movimento autonomistico siciliano.
Risulta, altresì, che tale movimento non sarebbe di per se
stesso separato da analogo movimento che si starebbe
preparando nell'Italia del nord. Poiché una tale circostanza è
stata messa in luce da più persone, vorrei sapere se presso la
procura di Messina risulti qualcosa al riguardo.
  GAETANO GRASSO. Desidero porre ai nostri ospiti numerose
questioni e lo farò molto sinteticamente.
   Esiste purtroppo nella città di Messina una preoccupante
(a mio giudizio) sottovalutazione del fenomeno mafioso, nel
senso che ancora oggi, e ad un livello molto diffuso, si tende
a parlare di malavita, di criminalità più o meno organizzata e
viene scarsamente posto l'accento sulle caratteristiche
mafiose. Non è un caso che l'unica sentenza che in appello
confermi il reato di cui all'articolo 416-bis del codice
penale sia di appena qualche mese fa. Come si può spiegare
questo abbassamento di imputazione in grado d'appello?
   A Messina esiste una diffusissima attività estorsiva.
Vorrei sapere quale sia il livello di collaborazione degli
operatori economici e segnatamente se le associazioni di
categoria locali nell'ambito della città abbiano assunto
iniziative precise o abbiano dimostrato concretamente forme di
collaborazione.
   Chiedo di porre alcune questioni in sede riservata.
  PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, procediamo in
seduta segreta. Dispongo
                         Pag. 624
 la disattivazione del circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostro lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  GAETANO GRASSO. Nella provincia di Messina nel corso
degli ultimi anni si è registrata una sempre maggiore presenza
di grandi imprese catanesi, se non vado errato, anche per i
lavori di raddoppio della linea ferroviaria tra Messina e
Palermo oltre che nella stessa città di Messina. Che tipo di
intreccio si è venuto determinando tra queste importanti
imprese catanesi (di cui i pentiti ci hanno ampiamente parlato
e su cui esistono indagini presso la procura di Catania),
alcune imprese locali che operano nel settore dell'edilizia e
l'attività criminale presente nella città di Messina?
   Vorrei ora rivolgere ai nostri ospiti alcune domande sulla
provincia di Messina. Si sono celebrati due processi per
associazione mafiosa ed estorsione presso Capo d'Orlando e
Sant'Agata di Militello. E' singolare che, a fronte dei
significativi risultati conseguiti in tali comuni, si registri
invece un grande ritardo (non ho notizie precise ma mi risulta
che nulla si sia fatto) per quanto riguarda la realtà del
comune di Brolo, dove vi è una significativa presenza di
presunti mafiosi. Indagando su questo comune sono stati
riscontrati fatti rilevanti dal punto di vista giudiziario?
Guarda caso Brolo è uno dei comuni dove vi è una delle
maggiori concentrazioni delle imprese che in Sicilia operano
nel settore dell'edilizia.
   Un'altra domanda specifica riguarda il comune di Piraino,
la cui amministrazione è stata sciolta per mafia nella prima
tornata di provvedimenti di questo genere adottati nell'ormai
lontana estate del 1991 e nel quale si andrà a votare tra
alcuni mesi. Vorrei sapere che tipo di indagini sia stato
condotto per accertare il sospetto di penetrazione mafiosa in
questo comune; se siano stati accertati rapporti tra
criminalità mafiosa, amministratori pubblici e mondo degli
appalti e se sia stato eseguito un monitoraggio sulle
aggiudicazioni degli appalti negli ultimi cinque anni.
   Inoltre, abbiamo certezza che a Mistretta vi sono uomini
d'onore, così come ha detto qualche pentito. Vorrei sapere se
possa esserci fornita qualche notizia in più circa fenomeni di
affiliazione a Cosa nostra, ad esempio per quanto riguarda
Tortorici, Sant'Agata di Militello e Barcellona Pozzo di
Gotto.
   Da ultimo, vorrei sapere qualcosa in merito alle indagini
relative alla truffa ai danni della CEE soprattutto nel campo
della zootecnia e se esistano e siano stati individuati
collegamenti con alcune famiglie mafiose che operano in
provincia di Messina, che tra l'altro vantano antiche
tradizioni zootecniche.
  LUIGI ROSSI. Desidero fare una precisazione per fatto
personale.
  PRESIDENTE. Potrà farla al termine della seduta.
  LUIGI ROSSI. Purché il collega al quale intendo
rivolgermi non si allontani.
  PRESIDENTE. Evidentemente, intende riferirsi
all'onorevole Ricciuti.
  CARLO D'AMATO. Innanzitutto, desidero ringraziare il
procuratore distrettuale della Repubblica di Messina ed i suoi
collaboratori per il contributo offerto ai lavori della
Commissione.
   Ciò premesso, dico subito che gradirei una loro
valutazione sulla qualità del fenomeno mafioso a Messina, (che
è stato spiegato in termini abbastanza analitici) rispetto a
quanto ci ha dichiarato il pentito Messina. Quest'ultimo ha
detto che il problema della mafia nella città di Messina
risulta più collegato alla 'ndrangheta del calabrese che ad
una mafia di origine siciliana e messinese in particolare.
   In merito a tale dichiarazione in particolare e a quelle
dei pentiti in generale, sono dell'avviso che sia utile
                         Pag. 625
acquisirle purché siano sempre approfondite e verificate. Da
questo punto di vista - premesso che esprimo un'opinione
personale -, ritengo che necessitino di un vostro riscontro
anche le dichiarazioni espresse da taluni colleghi rispetto a
ciò che è stato detto da alcuni pentiti (mi riferisco a
Spatola, in particolare).
   Basandomi sulle mie capacità di valutazione, devo dire che
la procura di Messina opera con la dovuta necessità di
salvaguardare i risultati delle indagini, al tempo stesso
utilizzando al massimo sia il pentitismo sia una riservatezza
che, a mio parere, è foriera di ottimi risultati. Ritengo,
infatti, che i pentiti debbono essere protagonisti attivi,
senza però causare quei momenti di grande confusione che,
molto spesso, siamo chiamati a chiarire.
   Stando alle dichiarazioni di Messina, sembra che in
Sicilia la 'ndrangheta sia presente soprattutto a Messina. Vi
è un territorio concesso a tale organizzazione, e ciò
dimostra, secondo il teorema di questo pentito, che la mafia è
un fenomeno nazionale, non soltanto siciliano. Si tratta di
una valutazione che posso anche condividere ma ritengo che
andrebbe approfondita in modo più specifico.
   La seconda considerazione è relativa a Spatola (non so se
lo abbiate già ascoltato o se stiate per farlo). Spatola viene
ritenuto di non grande affidabilità, tanto è vero che vi sono
sentenze di alcuni magistrati - in particolare di Borsellino e
di Falcone - che oltre a dichiarare l'infondatezza dei fatti
da lui denunciati hanno addirittura chiesto l'archiviazione
delle iniziative attivate dalla magistratura sulla base di
tali denunce. Non intendo certo muovere critiche al vostro
operato, perché credo che il vostro mestiere lo svolgiate bene
e fino in fondo ma ritengo che quanto ho adesso ricordato
possa essere utile per valutare il personaggio Spatola.
   L'altra considerazione che voglio svolgere è relativa al
funzionamento della pubblica amministrazione. Poiché
nell'analisi delle attività mafiose è stato fatto un
riferimento agli appalti, chiedo se da parte della procura
della Repubblica sia stato compiuto un monitoraggio dei
meccanismi di affidamento dei medesimi. Nel caso in cui essi
siano stati utilizzati da parte delle organizzazioni mafiose,
vorrei sapere in particolare a quale tipo di appalti si siano
indirizzati e se, per esempio, sia stato privilegiato il
meccanismo della concessione, il quale, in base ai fatti
prevalenti, sembra essere quello che nasconde meglio e più
degli altri accordi che possono anche sottintendere il
coinvolgimento diretto o indiretto sia delle attività mafiose
nell'indicazione delle ditte sia della pubblica
amministrazione.
   Credo che quest'ultima puntualizzazione sia importante,
perché ci occupiamo non solo dei rapporti tra mafia e politica
ma anche dei modi d'essere e del funzionamento della pubblica
amministrazione. In particolare, ci occupiamo anche
dell'attività di alcuni organi di controllo, a proposito dei
quali, probabilmente, se svolgessero fino in fondo la propria
funzione, ritengo che, anziché verificare tanti fenomeni ed
aspetti di ordine penale, potremmo sanare molte questioni nel
campo amministrativo. Per esempio, vorrei sapere come a
Messina funzioni il CORECO e se sia stata compiuta una
valutazione delle attività che hanno riguardato le unità
sanitarie locali per quanto riguarda sia le piccole
amministrazioni comunali sia i grandi comuni. Credo si tratti
di uno di quegli aspetti su cui una valutazione sia non dico
necessaria ma utile...
  ALTERO MATTEOLI. Ma è da dieci giorni che il CORECO ...
  CARLO D'AMATO. Io mi riferisco al CORECO principale.
Forse che i CORECO sono stati istituiti adesso?
  GIUSEPPE GAMBINO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Messina. C'è la
commissione provinciale di controllo!
  CARLO D'AMATO. Va bene, in Sicilia c'è la commissione
provinciale di controllo.
                         Pag. 626
 Evidentemente, mi riferivo alle regioni a statuto ordinario.
  GIROLAMO TRIPODI. Il procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina ci ha riferito, in modo particolare, su
un aspetto a proposito del quale avevamo già acquisito altre
informazioni, cioè quello relativo all'intreccio, nella
provincia di Messina, della malavita organizzata con la
'ndrangheta calabrese. Recentemente, abbiamo anche appreso che
a Messina vi è un'organizzazione, affiliata sì a Cosa nostra
ma soprattutto alla 'ndrangheta reggina, la quale
controllerebbe il territorio di tale provincia. Non sappiamo
se ciò sia vero o meno, per cui gradiremmo qualche
delucidazione da parte sua, signor procuratore.
   Ritengo, comunque, che qualcosa di vero esista: lei stesso
lo ha affermato quando ha detto che precedentemente vi erano
rapporti con Reggio Calabria (quindi con la provincia di
Reggio Calabria). Sempre in merito a questo punto, vorrei
sapere se vi siano stati procedimenti nei confronti di
esponenti calabresi della delinquenza organizzata che hanno
operato a Messina. Concordo con lei quando sostiene che in
questa città la situazione sia più grave di quella che abbiamo
indicato o registrato, perché la crescita del numero degli
omicidi, delle attività estorsive, nonché la presenza delle
organizzazioni mafiose nel sistema degli appalti a Messina e
in provincia evidenziano come tale territorio sia ormai
investito in modo impetuoso dalle organizzazioni criminali.
Dunque, Messina non è più né la provincia "babba" né quella
estranea o neutra ai fenomeni mafiosi. Rispetto ai problemi
che ho adesso evidenziato vorrei quindi sapere come la procura
distrettuale di Messina stia operando per vedere in che modo
sia possibile arrestare questo processo di rapida crescita
dell'organizzazione criminale sul territorio.
              PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
                        CARLO D'AMATO
  GIROLAMO TRIPODI. La seconda domanda che voglio
rivolgerle, signor procuratore, è relativa a quanto lei ha
detto a proposito dei rapporti con i giudici e degli eventuali
intrecci tra giudici e massoneria. Poiché, al riguardo, ha
chiesto che venisse tolta la seduta pubblica per citare
qualche caso, vorrei rivolgerle qualche domanda chiedendo
anch'io che si passi in seduta segreta.
  PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, proseguiamo i
nostri lavori in seduta segreta. Dispongo la disattivazione
del circuito audiovisivo interno.
  (La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  GIROLAMO TRIPODI. Desidero poi rivolgere un'altra
domanda su un aspetto di cui abbiamo spesso sentito parlare
negli anni passati. Gli uffici giudiziari di Messina si sono
occupati della celebrazione o ricelebrazione di alcuni
processi di mafia a seguito di sentenze annullate da parte
della Cassazione...
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Di Reggio?
  GIROLAMO TRIPODI. Processi di mafia siciliani o di altro
tipo. Credo che qualcuno riguardasse anche Reggio Calabria.
Poiché non mi sembra che questi processi siano andati bene...
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Il processo Morena è andato
benissimo!
  GIROLAMO TRIPODI. Non tutti sono andati bene, per cui
gradirei qualche informazione in merito a tali processi.
                         Pag. 627
   Vorrei anche acquisire ulteriori chiarimenti in merito
alla vicenda del sottosegretario di Stato Madaudo ...
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. So che sta procedendo la procura di
Catania, perché credo che per Madaudo la sede principale sia
quella di Santa Venerina.
  GIROLAMO TRIPODI. Non di Messina?
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Abita a Messina.
  GIROLAMO TRIPODI. Per quanto riguarda questa vicenda,
quindi, non so se sia o meno competente la sua procura.
   L'ultima domanda che voglio rivolgere è relativa al
funzionamento della procura distrettuale istituita di recente.
Vorrei conoscere i contributi concreti di efficienza e di
incisività che si stanno registrando a seguito
dell'istituzione di tale procura distrettuale.
  ANTONIO BARGONE. Rivolgo due brevi domande relative alla
relazione del procuratore Zumbo. In tale relazione è detto
testualmente: ŠP'In riferimento alla criminalità organizzata è
da dire che la sua attività si articola in tre direttrici
principali. Il terzo filone, più specializzato e sofisticato,
riguarda il mondo degli appalti. Qui le organizzazioni
criminali messinesi hanno una minore incidenza, non nel senso
che negli appalti tutto sia regolare ma sostanzialmente non
sono state riscontrate intromissioni di delinquenza
organizzataŠP'.
   Non mi è chiaro questo punto della relazione: perché si
parla di filone della criminalità organizzata se poi si nega
l'intromissione di tale criminalità? E in che senso si tratta
di un filone della criminalità organizzata?
   Su questo punto, gli altri colleghi hanno rivolto domande
relative ai meccanismi degli appalti, al modo in cui vengono
aggiudicati. Invece, io voglio chiederle - anche per chiarire
la relazione, altrimenti risulterebbe contraddittoria - se vi
sia davvero un terzo filone - che per la criminalità
organizzata è quello degli appalti -, in che termini incida
sul rapporto con la pubblica amministrazione e con le
istituzioni e come contribuisca a creare quell'intreccio che -
ripeto -, nella relazione non risulta.
   La successiva domanda che pongo riguarda l'economia
criminale. Vorrei sapere se da parte della procura vi siano
iniziative dirette alle misure di prevenzione patrimoniale e
agli accertamenti e, nell'ipotesi in cui ciò sia avvenuto, in
che termini, in che misura e se abbiano anche portato a
sequestri e confische.
   Vorrei sapere inoltre se questa attività abbia portato ad
individuare rilevanti centri di potere economico-mafioso, nel
senso che in qualche modo hanno condizionato il tessuto
economico e imprenditoriale della realtà messinese, tenuto
conto che questo, almeno per una valutazione che la
Commissione antimafia ha fatto anche nella passata
legislatura, rappresenta uno degli elementi più devastanti che
introduce il meccanismo mafioso.
  ANTONINO BUTTITTA. Dopo aver letto attentamente la
relazione, vorrei innanzitutto complimentarmi con il
procuratore distrettuale della repubblica di Messina e con
tutta la struttura, non solo per la serietà dell'impegno ma
anche per lo stile. Mi riferisco all'uso corretto della lingua
italiana, che si sta disperdendo nel nostro paese, come
avviene per tante altre cose. Proprio in omaggio a questo
positivo aspetto letterario, i colleghi e il signor
procuratore mi consentiranno un riferimento letterario o
quasi.
   Esiste un ordine religioso nella chiesa cattolica, anzi un
sottordine rispetto a quello dei gesuiti, vale a dire l'ordine
dei bollandisti o bollandiani, che ha assunto il compito di
riesaminare criticamente e filologicamente le passio,
cioè le storie dei diversi santi, pubblicando alla fine del
lavoro relativo a ciascuno dei santi gli acta
bollandiana, famosi per chi si occupi
                         Pag. 628
di storia delle religioni, degli ordini religiosi e della
santità. In tali acta bollandiana, a proposito di tre
santi siciliani, cioè Alfio, Filadelfo e Cirino, quei cauti
padri scrivono puramente e semplicemente: "Si venerano in
Sicilia, terra famosa per favole".
   Ho fatto questo riferimento, perché il fatto che quella di
Messina sia una provincia "babba" è una delle tante favole che
si raccontano sulla Sicilia. Ha fatto bene il collega Tano
Grasso a ricordare come quella Mastratina sia una zona storica
e tradizionale della mafia siciliana. Non lo è ovviamente solo
tale zona , ma lo sono altre aree dei Nebrodi, ad esempio
quelle del comune di Tortorici.
   Ritengo che le favole siano utili quando si raccontano ai
bambini, ma finiscano con l'essere dannose in altre
circostanze. Ritengo ancora che questa favola, che si continua
a raccontare sulla provincia di Messina, abbia rappresentato
uno dei principali ostacoli all'analisi e alla lotta seria al
fenomeno mafioso, così come si è radicato, articolato ed
espresso nella stessa provincia. Credo quindi che sia venuto
il tempo - d'altra parte il lavoro che sta portando avanti la
procura lo sta dimostrando nella prassi concreta - di
cominciare, liberandosi dalle favole, ad affrontare i problemi
gravi della mafia messinese e in termini altrettanto decisi,
come avviene in questo momento in altre province.
   Poiché non mi piacciono i mostri, ma amo molto la verità,
e poiché ritorna ancora una volta il nome di un parlamentare
molto importante, se non altro per il fatto che fa parte del
Governo, vorrei permettermi di sollecitare la presidenza di
inserire il nome di questo parlamentare fra quelli di coloro i
quali dovranno essere ascoltati da questa Commissione, per
accertare la verità.
  PRESIDENTE. Ritengo che a questo punto il procuratore
distrettuale della repubblica di Messina possa cominciare a
rispondere alle domande poste dai membri della Commissione,
integrando la sua esposizione con il contributo dei suoi
collaboratori.
   Se lo riterrà, potrà richiedere che la seduta diventi
segreta per rispondere ad alcune domande.
                PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
                      LUCIANO VIOLANTE
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Cercherò di rispondere alle
numerosissime domande che sono state poste, senza avere la
pretesa di essere esauriente.
  PRESIDENTE. Se vuole rispondere per iscritto e con
maggiore calma ad alcune domande, può limitarsi in questo
momento a dare una risposta sintetica.
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Forse è più opportuno che ora mi
limiti a risposte sintetiche: la Commissione potrebbe anche
inviarmi per iscritto altre domande più specifiche.
  PRESIDENTE. Sì, potremmo formularle per iscritto e
inviarle per mezzo del fax.
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Debbo premettere che risponderò
soprattutto in base a quanto è emerso dagli atti processuali.
Le mie risposte, quindi, saranno inevitabilmente relative,
perché non posso avere naturalmente la pretesa di rispondere
rispetto a questioni che non mi sono state portate a
conoscenza o che risultino genericamente da notizie di stampa
o da affermazioni più o meno controllate. Cercherò di
limitarmi a quello che è il risultato degli atti processuali,
di cui sono a conoscenza.
   Secondo l'onorevole Rossi, io avrei affermato che
inizialmente l'inquinamento mafioso sarebbe sfuggito alle
autorità. Faccio presente che questa è sostanzialmente
un'affermazione piuttosto
                         Pag. 629
generica. Tra l'altro, ho riferito che la fase iniziale potrà
essere sfuggita alle autorità, ma che già dal 1980-1981 a
Messina sono stati iniziati, e si sono conclusi, processi di
criminalità organizzata.
   Per quanto riguarda la domanda se le carenze dell'organico
siano state fatte presenti in altre sedi più competenti, mi
sembra che la risposta sia pacifica. Certamente tali carenze
sono state fatte presenti, anzi ho affermato che probabilmente
queste mie lagnanze avrebbero potuto trovare in questa sede
solo un riscontro di comprensione e non di effettiva
soluzione.
  PRESIDENTE. Incontreremo tra poco il ministro di grazia
e giustizia.
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
repubblica di Messina. Si è parlato poi dell'esposto
presentato dal partito comunista italiano nel maggio 1990 e si
è chiesto di sapere quali fossero i partiti che venivano
indicati in tale esposto.
   Come ho già riferito, e se non ricordo male, i quattro
partiti a cui si accennava, senza però puntualizzare nomi e
riferire circostanze precise, erano la DC, il PSI, il PLI e il
PRI. Mi pare che non si parlasse del PSDI.
  PRESIDENTE. Mi sembra che tale esposto non abbia avuto
alcun seguito.
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Non ha avuto una conclusione
positiva.
  CARLO D'AMATO. La seduta è pubblica e il procuratore
distrettuale deve precisare questa circostanza, altrimenti
rimane la domanda e non la risposta.
  PRESIDENTE. Il signor procuratore ha detto prima che gli
accertamenti hanno dato esito negativo.
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Sostanzialmente gli stessi
denunzianti non hanno precisato né un nome né una circostanza
specifica. Si trattava di un esposto di alcuni candidati del
partito comunista diretto sostanzialmente, più che
all'autorità giudiziaria, al prefetto o al questore, per
chiedere che venissero esperiti dei controlli.
  GIOVANNI LEMBO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Messina. L'esposto verteva sulla
libera manifestazione del voto.
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Ripeto, i denunzianti non hanno
puntualizzato né un nome né una circostanza, quindi l'esito è
stato negativo.
   Per quanto riguarda l'episodio Sparacio, mi pare che nella
nostra relazione, sia pure sinteticamente, vi fosse una
risposta. La voce circa il finanziamento Sparacio è dell'11
dicembre, come puntualizzava il collega Langher. Saranno
esperiti tutti gli accertamenti per puntualizzare se questo
finanziamento sia avvenuto, ad opera di chi e a chi appartenga
la competenza giudiziaria sulla questione.
  PRESIDENTE. Questo deputato regionale è di Trapani? Si
tratta di un assessore regionale?
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
repubblica di Messina. Mi pare che due consiglieri
regionali abbiano lo stesso cognome.
  PRESIDENTE. Ritengo che sia opportuno passare in seduta
riservata. Non essendovi obiezioni, dispongo la disattavazione
del circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta.)
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica.
   Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
                         Pag. 630
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. In merito all'accenno al
procedimento riguardante la massoneria, faccio presente che il
mio ufficio ha ritenuto opportuno iscrivere al registro degli
atti non reato le segnalazioni che ci sono pervenute dalla
procura generale di Reggio Calabria e, allegate al
procedimento, le missive del procuratore della Repubblica di
Palmi il quale riferisce che, non appena avrà esaminato gli
atti...
  PRESIDENTE. Invierà i documenti.
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Infatti. Quindi, attualmente il
procedimento è solo a questo punto: alcune lettere e la
risposta alle altre lettere.
   Un altro commissario ha fatto riferimento a nuovi
referenti della mafia, a partiti che sembrerebbero essere i
nuovi referenti della mafia.
  PRESIDENTE. Ricordo che siamo in seduta pubblica. Il
procuratore Zumbo, qualora lo ritenga, può chiedere che i
nostri lavori si svolgano in sede riservata.
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Volevo solo dire che non so quali
fossero i vecchi referenti della mafia; posso dire che per
quanto riguarda il distretto di Messina l'unico accenno è
quella lettera anonima della quale ho parlato, in cui venivano
indicati quattro partiti, sia pure - lo ripeto - genericamente
e senza riferimento ad episodi specifici.
   Per quanto concerne poi l'accenno ad un preteso traffico
di armi, sostanzialmente debbo dire che nel distretto di
Messina non sono emersi elementi relativi a traffici di armi.
Posso forse fare riferimento ad un episodio di diversi anni
fa, il sequestro della nave Viking. Ricordo che allora
ero sostituto procuratore e che sono stato direttamente io ad
istruire questo procedimento che tra l'altro si è concluso con
un proscioglimento. Rammento addirittura di aver presentato
ricorso per Cassazione, ricorso che però non è stato accolto.
   L'episodio della nave Viking è il seguente: la
Guardia di finanza fermò, mi sembra nei pressi di Stromboli,
una vecchia nave battente - credo - bandiera greca, con un
equipaggio raccogliticcio, su cui si trovavano molte armi,
soprattutto parti e proiettili di cannoni che si è sospettato
venissero portate ad alcuni paesi in lotta nel Medio Oriente.
La difesa degli imputati ha cercato di dimostrare che la
fornitura era invece regolare ed era addirittura indirizzata
agli Stati Uniti d'America. In sostanza posso dire che il
proscioglimento è avvenuto perché il giudice istruttore ha
ritenuto che si trattasse soltanto di un passaggio nelle acque
territoriali italiane e che le armi non fossero destinate al
nostro paese.
   L'onorevole Grasso, il quale ha posto forse il maggior
numero di domande - certo perché è della zona - ha parlato di
sottovalutazione del fenomeno mafioso ed afferma che forse,
rispetto a diversi fatti delinquenziali, l'accenno mafioso è
stato scarsamente posto. Non ho la pretesa, per la verità, di
dire se sia effettivamente così. Allo stato debbo rispondere
che, stando agli atti processuali, i fatti emersi non possono
essere sopravvalutati. Probabilmente, i fatti hanno
effettivamente una loro rilevanza che va al di là della
vicenda materiale che si è verificata ma, stando alle indagini
giudiziarie, non sono autorizzato a dire che vadano oltre
quanto concretamente accertato.
   Ho già accennato nella mia relazione che l'attività
estorsiva a Messina e provincia è diffusissima e che i dati
statistici sono del tutto irreali. Ricordo di aver detto anni
fa - ho portato una documentazione statistica specifica - di
fronte alla stessa Commissione davanti alla quale siedo oggi,
nel corso di una riunione tenutasi in prefettura, che i dati
statistici sono nell'ordine delle decine di estorsioni e
tentate estorsioni e che ciò deriva soltanto dall'assoluta
mancanza di collaborazione da parte delle stesse persone
offese le quali, naturalmente per paura,
                         Pag. 631
non intendono collaborare, ma preferiscono tacere e pagare
piuttosto che cercare di ribellarsi.
   In merito alle estorsioni posso dire che a Messina non vi
è stato un fenomeno specifico di associazione quale l'ACIO di
Capo d'Orlando. Posso però aggiungere che la procura
distrettuale di Messina si è posta il problema ed ha
addirittura convocato - credo sei mesi fa - associazioni degli
industriali e dei commercianti e di questa riunione vi è
traccia in un "verbalino", sia pure annotato, dell'attività
della DBA e che i rappresentanti delle associazioni degli
industriali e dei commercianti hanno promesso il loro
interessamento, soprattutto allo scopo di sensibilizzare i
singoli commercianti.
   Per quanto riguarda i rapporti tra mafia od associazioni
delinquenziali e pubblica amministrazione ho riferito che
giudizialmente sono stati scarsi i rapporti di collegamento
che si sono verificati a Messina. E' emerso indubbiamente,
essendovi stati moltissimi processi e numerose inchieste, che
un qualche inquinamento nella pubblica amministrazione esiste,
ma ciò riguarda un rapporto più diretto tra la pubblica
amministrazione che ha affidato l'appalto e la ditta che tale
appalto ha ricevuto. Non vi sono prove giuridiche, giudiziali,
di una pressione mafiosa sulle pubbliche amministrazioni.
   Per quanto riguarda i consigli comunali o i rapporti di
Piraino e Brolo non posso dire nulla di specifico. Faccio
presente che Piraino e Brolo rientrano nel territorio della
procura della Repubblica di Patti e non di Messina e Patti sul
punto non ha trasmesso alcuna informativa alla procura
distrettuale di Messina.
   Chiedo di passare alla seduta segreta, perché devo
rispondere a quesiti formulati in tale sede.
  PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, proseguiamo i
nostri lavori in seduta segreta. Dispongo la disattivazione
del circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Per quanto concerne i procedimenti
celebrati a Messina a carico della delinquenza organizzata
messinese, posso dire che nella nostra città si è celebrato un
importantissimo processo, cui ho accennato anche nella mia
relazione: Morena Giuseppe più 30. Si tratta della delinquenza
organizzata che si occupa di spaccio internazionale di droga.
Posso aggiungere che all'epoca ero sostituto procuratore
generale, che in appello sono stato il pubblico ministero di
udienza e che il procedimento avveniva a seguito
dell'annullamento della Corte di cassazione per una carenza di
motivazione sul dolo dell'associazione per delinquere. La
corte d'appello di Messina ha sostanzialmente confermato le
pene che erano state inflitte dalla corte d'assise d'appello
di Reggio Calabria.
   Passando all'attività della procura distrettuale, ho
presentato pochi punti di riferimento su quello che la procura
ha fatto e su quello che forse non ha fatto, data la carenza
d'organico. Al riguardo, ho accennato anche alla distribuzione
del lavoro ed agli incarichi.
   Con riferimento alle misure di prevenzione ed ai
sequestri, cui si è riferito l'onorevole Bargone, ho
presentato, insieme con la mia relazione, una memoria relativa
all'attività della procura della Repubblica nella specifica
materia. Le misure di prevenzione attualmente in corso sono
116. Ho documentato pure che dal giugno 1991 - cioè
sostanzialmente da quando sono alla direzione del mio ufficio
- fino al 14 dicembre di quest'anno sono state avviate
autonomamente diciannove misure di prevenzione e che sono
pendenti due sequestri patrimoniali (mi sembra che uno
riguardi addirittura un miliardo nei confronti di un clan di
sette persone).
   Ritengo di avere sostanzialmente risposto, sia pure nei
limiti delle mie
                         Pag. 632
capacità, alle domande che mi sono state rivolte. Il mio
ufficio rimane a disposizione per ulteriori e più specifici
quesiti.
  PRESIDENTE. Grazie, dottor Zumbo.
  GIUSEPPE GAMBINO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Messina. Vorrei
integrare le risposte del procuratore Zumbo con riferimento ad
alcune delle richieste di chiarimento formulate dai membri
della Commissione. Mi sembra in primo luogo importante, non
per una difesa del mio ufficio, ma per una esigenza di
obiettività, che sia fatta chiarezza su questo: la procura di
Messina non ha mai sottovalutato il fenomeno mafioso. Dico ciò
con riferimento alle osservazioni dell'onorevole Grasso;
indubbiamente, però, bisogna svolgere un discorso sull'analisi
della situazione odierna e di quella in prospettiva.
   In base a quanto detto dal procuratore, avete saputo che a
Messina non esiste un'organizzazione fortemente centralizzata
e che vi sono invece molteplici organizzazioni disgregate: è
una sorta di criminalità urbana con le caratteristiche che
dirò, per non sottovalutare il fenomeno mafioso. Un notevole
numero di aderenti alla criminalità di Messina vive oggi con
l'estorsione generalizzata e con il piccolo spaccio: in base
alla nostra analisi, infatti, Messina è un terminale dello
spaccio, non una zona centrale come Palermo.
   Anche se cominciano ad esservi segnali diversi, come il
caso di Sparacio ed il procedimento per usura citato, la
realtà che ho descritto ha impedito finora l'accumulazione di
capitali finanziari tali da far sì che colui che ne fosse in
possesso si potesse proporre come imprenditore. Con
riferimento, quindi, a quello che voi oggi volete sapere, cioè
ai rapporti politica-affari-mafia, dobbiamo specificare che,
quando ci riferiamo alla mafia, intendiamo l'apparato militare
mafioso. Certo, la valutazione in prospettiva è estremamente
allarmante, perché un personaggio come Sparacio comincia già a
manifestare vocazioni imprenditoriali. Tenete presente, fra
l'altro, che quando non ero ancora alla procura (potevo
seguire semplicemente sulla stampa), si è tentata a Messina
un'operazione analoga a quella effettuata attraverso l'usura
(in quel caso, direttamente con l'estorsione) nei confronti di
un imprenditore commerciale, che è oggi un rappresentante
nazionale di una grande associazione di commercianti, il quale
ha denunciato il fatto. Si tentò di entrare in società con lui
ma tale tentativo fu denunciato e stroncato. Credo si
trattasse degli anni 1984-1985.
   La situazione è dunque questa. Se poi a Messina,
nonostante vi sia un rappresentante nazionale di una
categoria, non si sia organizzata una associazione degna del
massimo rispetto e della massima stima come può essere l'ACIO
di Capo d'Orlando, tale fatto non può essere addebitato alla
magistratura. La situazione è allarmante perché esiste un
piano per il risanamento di Messina che prevede una spesa (tra
spese dirette e indotto) dell'ordine di mille miliardi; 500 o
600 miliardi costituiscono, comunque, il finanziamento per il
risanamento della città. Tenete anche presente il raddoppio
ferroviario, che sta arrivando ai limiti della provincia, al
confine con quella di Palermo, e il completamento
dell'autostrada Messina-Palermo, che prima o poi dovrà essere
affrontato; mancano ancora 40 chilometri per i quali (essendo
necessari molti tunnel e viadotti) è previsto un costo di 40
miliardi a chilometro con una spesa, negli anni, di 1.600
miliardi. Ciò probabilmente favorirebbe oggi...
  PRESIDENTE. La spesa è già stata stanziata?
  GIUSEPPE GAMBINO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Messina. La spesa
regionale per il risanamento è già finanziata ma se non si
opererà entro un certo numero di mesi si perderà il
finanziamento.
   Non intendo sottovalutare il fenomeno, ritenendo anzi che
inizino a manifestarsi segnali preoccupanti per il futuro. Del
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resto, a Messina non è mai stata individuata nel corso di
alcuna inchiesta, neanche velatamente, la figura di un mafioso
imprenditore. Tutto ciò ha comportato che la gestione della
cosa pubblica, che può anche essere criminale (ma si tratta di
un altro discorso ed esistono inchieste in tal senso), non ha
nulla a che vedere con un rapporto che riguarda i due lati del
triangolo, vale a dire politica ed imprenditoria.
   Per quanto riguarda alcune domande poste dall'onorevole
Grasso, chiedo di rispondere in seduta segreta.
  PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, proseguiamo i
nostri lavori in seduta segreta. Dispongo la disattivazione
del circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  Ho il dovere e il piacere di ringraziare i magistrati
della procura distrettuale di Messina che ci hanno fornito un
quadro esauriente e persino (devo dirlo perché dobbiamo essere
trasparenti) più interessante di quello che potessimo pensare
in ordine alla situazione di quella città.
  SALVATORE FRASCA. C'è un magistrato che parla con
chiarezza!
  PRESIDENTE. Vi sono magistrati che parlano con chiarezza
e con puntualità sulla base di una documentazione. Questo
costituisce per noi un elemento positivo perché avere
magistrati di questa qualità in una zona così difficile
rappresenta un sollievo per tutti.
  ANTONIO ZUMBO, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Messina. Ci siamo limitati a riferire
oggettivamente i fatti che risultavano giudizialmente.
  PRESIDENTE. Vi ringrazio ancora.
                   Per fatto personale.
  PRESIDENTE. L'onorevole Rossi ha chiesto di parlare per
fatto personale.
  LUIGI ROSSI. Sono spiacente del fatto che il collega al
quale devo indirizzare una domanda esplicita non sia presente.
  PRESIDENTE. Possiamo chiedere all'onorevole Ricciuti di
rientrare.
   L'intervento per fatto personale, in ogni caso, non esige
né dialogo né la presenza dell'interessato.
(Il deputato Ricciuti rientra in aula).
  LUIGI ROSSI. Ho sentito fare da questo collega tale
affermazione: "Ci risulta che vi siano in Sicilia ammassi di
armi per un movimento autonomista e secessionista siciliano
che sarebbe collegato ad analoga iniziativa al nord". In molti
ambienti avversari della lega nord...
  ROMEO RICCIUTI. Non intendo essere chiamato in causa da
parte di colleghi i quali, prendendo la parola, parlano con la
presidenza.
  LUIGI ROSSI. Sto parlando con il presidente, non con
lei.
  PRESIDENTE. Pensavo, onorevole Ricciuti, che potesse
essere interessato a quello che l'onorevole Rossi intende
dire.
  ROMEO RICCIUTI. Non intendo - lo ripeto - essere
chiamato in causa da una persona che non ho neanche nominato.
  PRESIDENTE. Lei non è chiamato in causa. L'onorevole
Rossi sta fornendo la sua opinione in ordine alle sue
dichiarazioni. Mi sembrava utile che lei fosse presente; se lo
ritiene può restare, ma è naturalmente libero anche di uscire.
  ROMEO RICCIUTI. No, intendo restare.
  PRESIDENTE. Per questo mi sono permesso di farla
chiamare.
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  LUIGI ROSSI. Come stavo dicendo, in molti ambienti
avversari della lega nord (che io rappresento) e nei mass
media ad essi collegati questa notizia ignobile e
diffamatoria è stata esplicitamente collegata alle attività
della lega nord. Chiedo esplicitamente, tramite il
presidente...
  SAVERIO D'AMELIO. Sono i nuovi referenti...
  LUIGI ROSSI. Siamo i nuovi referenti, siamo quello che
siamo, siamo deputati come voi.
  PRESIDENTE. Non raccolga, onorevole Rossi e voi,
colleghi, non seminate! La prego, onorevole Rossi, continui.
  LUIGI ROSSI. La prego, signor presidente, di chiedere se
l'onorevole deputato ha inteso, nella sua dichiarazione, in
modo diretto o indiretto riferirsi a tali voci diffamatorie
sulla lega nord oppure esclude ciò nel modo più drastico e
definitivo. La prego di chiedere una risposta esplicita a tale
quesito, con un "sì" o con un "no", che dovrà restare a
verbale.
  PRESIDENTE. Questa è la Commissione parlamentare di
inchiesta sulla mafia e non sui singoli deputati. Non intendo
rispondere su tale questione. La domanda è stata fatta; se i
colleghi intendono replicare potranno farlo in altra sede.
  ROMEO RICCIUTI. Sono stato chiamato inopinatamente in
causa!
  PRESIDENTE. Dichiaro chiusa questa seduta.
   La seduta con all'ordine del giorno l'audizione del
ministro di grazia e giustizia avrà inizio alle 16,45.
La seduta termina alle 16,40.

 


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