Violante: seduta 10
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          AUDIZIONE DEL DOTTOR GABRIELE ALICATA,
  PROCURATORE DISTRETTURALE DELLA REPUBBLICA DI CATANIA
        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                           indi
             DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS
                          INDICE
                                                        pag.
Sui lavori della Commissione:
Violante Luciano, Presidente ................. 251, 275, 276
Cabras Paolo ........................................... 275
Florino Michele ........................................ 275
Galasso Alfredo ........................................ 276
Grasso Gaetano .................................... 251, 275
Audizione del dottor Gabriele Alicata,
procuratore distrettuale della Repubblica di
Catania:
Violante Luciano, Presidente ...................... 251, 253
                                     254, 256, 257, 258, 259
                      260, 261, 266, 267, 268, 269, 274, 275
Cabras Paolo, Presidente ..................... 253, 254, 256
                                               262, 263, 265
Amato Mario, Magistrato della direzione
distrettuale antimafia di Catania
                                                    262, 263
                         Pag. 250
Alicata Gabriele, Procuratore distrettuale
della Repubblica di Catania ....................... 251, 253
                                     254, 256, 257, 259, 275
Ayala Giuseppe Maria ................................... 262
Bertone Amedeo, Magistrato della direzione
distrettuale antimafia di Catania ............ 260, 261, 262
Borghezio Mario ........................................ 269
Brutti Massimo ......................................... 270
D'Agata Vincenzo, Sostituto procuratore
distrettuale della Repubblica di Catania ............... 257
                                                    258, 259
D'Amato Carlo ..................................... 273, 274
Florino Michele ........................................ 270
Folena Pietro .......................................... 271
Galasso Alfredo ......................... 253, 263, 265, 266
Grasso Gaetano ......................................... 268
Matteoli Altero ................................... 269, 274
Patanè Michelangelo, Magistrato della
direzione distrettuale antimafia di Catania
................................................... 258, 260
Rapisarda Santi ........................................ 274
Riggio Vito ............................................ 268
Scalia Massimo ......................................... 267
Tripodi Girolamo ....................................... 273
Zuccaro Carmelo, Magistrato della direzione
distrettuale antimafia di Catania ...................... 262
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  La seduta comincia alle 18.
  (La Commissione approva il processo verbale della seduta
precedente).
              Sui lavori della Commissione.
  PRESIDENTE. L'onorevole Grasso ha chiesto di parlare
sui lavori della Commissione.
  GAETANO GRASSO. Signor presidente, ritengo che la
Commissione antimafia dovrebbe occuparsi dell'omicidio
dell'imprenditore avvenuto recentemente a Foggia.
  PRESIDENTE. Onorevole Grasso, discuteremo di questa
questione al termine della seduta odierna.
Audizione del dottor Gabriele Alicata, procuratore
distrettuale della Repubblica di Catania.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del
dottor Gabriele Alicata, procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania, che è accompagnato da alcuni magistrati
del suo ufficio.
  Ricordo che la seduta è pubblica ma che, su richiesta dei
nostri ospiti, si potrà procedere in seduta segreta quando lo
riterranno necessario.
  Poiché il procuratore ha già avuto il quadro degli
argomenti che interessano la Commissione, gli do senz'altro la
parola, ringraziandolo per la sua partecipazione.
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Signor presidente, illustrerò quelli
che a noi sembrano alcuni passaggi significativi, con una
premessa sui rapporti tra mafia e politica, così come sono
stati percepiti da noi, presso la procura di Catania. Ritengo
che un contatto tra personaggi mafiosi e personaggi politici
che tende a tralignare nell'illecito, con il perseguimento di
fini personali ed egoistici, anche se a volte coincidenti con
quelli generali, è dato rinvenire spesso nella logica della
captazione del consenso, secondo la quale anche quelli dei
mafiosi sono voti che contribuiscono alla elezioni dei
rappresentanti del popolo, e conseguentemente influenzano la
formazione delle maggioranza chiamate a governare, nella
realizzazione di quella che definisco canalizzazione delle
risorse conseguite dallo Stato con il contributo dei cittadini
che pagano le tasse verso finalità ed obiettivi ben lontani
dalle destinazioni previste in favore della collettività, alla
stregua del principio di solidarietà che permea la nostra
Costituzione, e anche nel mantenimento della situazione
venutasi a determinare, dalla quale si cerca con difficoltà di
uscire. Intendo riferirmi all'attuale stato della nostra
legislazione soprattutto penale, oltre che ovviamente di altri
settori come il previdenziale ed il tributario.
  La logica della captazione del consenso. Distinguo tra il
voto spontaneo, che può essere la scelta dell'elettore, anche
mafioso, che si ripromette soltanto di ingraziarsi una forza
politica anche antagonistica rispetto a quella sostenuta
prima, ovviamente con l'invio di messaggi taciti (quando si
tratta di elettori
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condizionati dalla mafia oppure della mafia stessa che
raccoglie il voto), cioè un'ipotesi connotata da scarsa
caratura contrattuale, e il voto contrattato, il voto
ricercato dal candidato od offerto da chi lo assicura, uguale
al voto di scambio, cioè, il cui prezzo è in denaro (con
l'articolo 11-ter della legge n. 356 del 1992 è stato
introdotto l'articolo 416-ter del codice penale in relazione
alle disposizioni dell'articolo 416-bis), in favori ed altro,
a seconda di varie condizioni, anche successive (perché
chiaramente, se il candidato sostenuto non risulta eletto, non
vi sono più certe possibilità).
  Dell'attenzione della mafia rivolta alle elezioni si occupa
già, alla voce "mafia", il grande dizionario della lingua
italiana del Battaglia. Si dice che l'attività della mafia è
quella che "consiste nel procurarsi illeciti guadagni mediante
ricatti e soprusi di ogni genere, ed in particolare
nell'imporre il pagamento di contributi forzosi alle aziende
agricole, commerciali ed imprenditoriali, nel proteggere e
sfruttare la prostituzione" (a Catania abbiamo avuto una
stagione di contrasto alla diffusione della prostituzione) "e
che, mediante la coercizione e l'intimidazione, tende a
condizionare sia l'attività delle autorità pubbliche
dell'apparato statale sia la libertà degli elettori".
L'inserimento della mafia nelle operazioni elettorali è quindi
antico. Tra l'altro (ne parleranno probabilmente i colleghi
Bertone e Patané, che hanno istruito il procedimento), ci è
capitato di indagare su un'associazione di stampo mafioso e di
sentire dai telefoni intercettati che "era capitata una buona
occasione" perché le elezioni erano in corso. Poiché
l'organizzazione cominciò ad interessarsi alle elezioni,
iniziammo a capire quali contatti prendeva. A suo tempo, poi,
abbiamo istruito il procedimento che portò la Commissione
parlamentare antimafia della scorsa legislatura a Catania.
  Dei rapporti tra mafia e politica in tema di elezioni parla
ancora di più, anche recentemente, il pentito Calderone, il
quale riferisce che l'organo collegiale regionale di Cosa
nostra, alle cui riunioni intervenivano tutti i rappresentanti
provinciali, decideva anche su quali candidati e partiti
dovesse convergere il voto nelle elezioni politiche.
  Sempre in materia di contatti tra mafia e politica, non si
può non ricordare l'episodio riferito da Luciano Liggio nel
primo maxiprocesso e ripreso da Calderone nelle sue
confessioni, relativo al tentativo fallito di coinvolgere la
famiglia mafiosa alla quale apparteneva Liggio in un colpo di
Stato.
  Per quanto riguarda il voto contrattato, la procura di
Catania ha avuto modo di esplorare qualche schema (degli
schemi possiamo parlare senza fare indicazioni). Man mano che
si farà riferimento ai singoli procedimenti, interverranno i
colleghi addetti alla direzione distrettuale antimafia (i
dottori Patanè, Bertone e Zuccaro); tra poco dovrebbe giungere
anche il collega Amato.
  Gli schemi riguardano voti dati in cambio di favori o
denaro. Un altro discorso riguarda il modo in cui la mafia
assicura effettivamente il voto. Mi limiterò invece a
considerare il rapporto che l'associazione ha con l'uomo
politico o la forza politica con cui dialoga. Certamente poi
la mafia si procura i voti con l'intimidazione, facendo votare
per l'uno o l'altro dei partiti a seconda dell'ingiunzione che
dà all'elettore.
  Farò ora riferimento al procedimento contro Pulvirenti
Giuseppe ed altri; possiamo citare nome e cognome perché si
tratta di un procedimento che sta per essere avviato dinanzi
ai giudici catanesi, dopo aver superato le varie fasi delle
misure di custodia cautelare in carcere e del rinvio a
giudizio, ed è già arrivato alla fase dibattimentale. Di
questo procedimento potranno parlare i colleghi Bertone, Amato
e Patanè.
  Abbiamo rinvenuto un altro schema in un procedimento,
ancora nella fase delle indagini preliminari (del quale quindi
si può indicare soltanto lo schema) su cui si soffermeranno
anche i colleghi Zuccaro e Patanè, che se ne occupano.
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  Vi è poi un altro procedimento, che si trova nella fase
delle indagini preliminari, su cui riferirà il collega
Bertone.
  Occorre inoltre considerare il processo del finanziamento e
degli appalti in Sicilia, di cui in questi giorni si sta
occupando la stampa. Si tratta di un procedimento dal quale
traspare una sorta di formazione stratigrafica che grava su
tutta la Sicilia con riferimento all'organizzazione di questo
tipo di finanziamento, che passa attraverso determinate
categorie (gli imprenditori) oltre che attraverso
l'organizzazione mafiosa.
  PRESIDENTE. Che cosa intende per "stratigrafica"?
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Si tratta di qualcosa che si colloca
al di sopra dell'intera isola perché riguarda tutto il suo
territorio anche se la competenza, l'inizio dell'azione e
tutto il resto fanno riferimento ad una specifica parte della
Sicilia. Quindi, tutti gli episodi, soprattutto con riguardo
ad una particolare e peculiare modulazione, vanno sempre
riferiti all'organo giudiziario che se ne occupa.
  Viene individuato a volte un triangolo
politico-imprenditore-amministratore ma ritengo che tale
configurazione vada modificata mettendo insieme
l'amministratore e il politico, i quali possono assicurare il
finanziamento che rappresenta la benzina per il motore
costituito dagli imprenditori. Tutti questi soggetti hanno
bisogno di un organo che assicuri l'esecuzione degli accordi e
impedisca che dal di fuori intervenga qualcuno a turbare le
combine e le cose decise.
  PRESIDENTE. In questo quadro, il ruolo di Cosa nostra
sarebbe quello di garantire che gli accordi vadano in porto?
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Il ruolo può essere quello di
garantire che gli accordi siano rispettati ed eseguiti; nel
contempo (non si deve dimenticare che l'imprenditorialità di
Cosa nostra è ormai qualcosa di molto concreto) coloro che
fanno parte dell'organizzazione vanno gradualmente crescendo
ed acquisendo essi stessi la qualifica di imprenditori.
Cosicché si ha la strana sensazione di trovarsi di fronte a
personaggi che potrebbero essere rappresentanti di determinati
gruppi imprenditoriali i quali cominciano gradualmente a
crescere con qualcosa di proprio, che da principio è molto
piccolo e successivamente si va ingrandendo, fino a quando
giungeranno probabilmente ad inserirsi a pieno titolo nel
vertice del triangolo che a mio avviso può rappresentare il
motore di tutto, in cui ci si serve della benzina
rappresentata dal finanziamento e si procede verso le mete
prefissate attraverso l'assicurazione dei vari passaggi.
  PAOLO CABRAS. Con riferimento al processo Siino e al
primo rapporto ROS, come e perché vi è stata un'indagine anche
da parte della procura di Catania in relazione alle
dichiarazioni dell'imputato Li Pera?
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Su questo punto dovrei mantenere il
segreto.
  PAOLO CABRAS. Non intendevo riferirmi al merito, ma alle
motivazioni.
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Vi sono particolari passaggi che
purtroppo per me sono coperti dal segreto cosicché non mi
consentono neanche di difendermi, mentre peraltro ngo sommerso
da qualcosa che non posso superare.
  ALFREDO GALASSO. Dovremmo saperne un po' di più.
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Non intendo parlare di questo.
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  PRESIDENTE. Il collega Cabras intende porre una
questione. Ritengo opportuno, a questo punto, attendere che il
dottor Alicata termini la sua esposizione per poi rivolgergli
domande specifiche.
  PAOLO CABRAS. Signor presidente, pongo la questione in
relazione al fatto che queste notizie sono di pubblico dominio
in quanto si possono leggere già da qualche giorno su tutti i
magazine italiani.
  PRESIDENTE. Lei ha fatto bene a porre la questione,
ma ora consentiamo al procuratore di terminare la sua
esposizione.
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Desidero ora riferirmi ad un
procedimento - per il quale sono ancora in corso le indagini
preliminari - che ha visto, proprio questa mattina,
l'esecuzione di diciannove misure di custodia cautelare in
carcere (i giornali ne hanno dato notizia).
  PRESIDENTE. Può chiarire i caratteri di questo
procedimento?
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Non posso aggiungere altro,
considerata la riservatezza...
  PRESIDENTE. Vi è stata una conferenza stampa a
Catania.
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Non conosco tutti i termini della
conferenza stampa del collega Busacca. Ho indicato questo
procedimento perché rinvia ad un lontano discorso di buoni di
benzina, una delle merci di scambio preferite.
  I contatti proseguono anche dopo le elezioni attraverso il
sistema delle tangenti, che in Sicilia ha connotazioni sue
proprie, perché spesso si basa su schemi operativi tipici
dell'associazione di stampo mafioso (intimidazioni e
violenze).
  Le aree di contatto esplorate nel catanese, anche per
provvedimenti di natura amministrativa, sono quelle che hanno
portato allo scioglimento di quattro consigli comunali: in
primo luogo, quello di Adrano, uno dei vertici del triangolo -
con Paternò e Biancavilla - della cosidetta mafia
dell'hinterland catanese, il cui processo si è concluso
di recente con l'accoglimento della tesi accusatoria sostenuta
dai colleghi Zuccaro e Petralia, un processo durato oltre due
anni.
  Altro consiglio comunale sciolto è stato quello del comune
di Misterbianco, nel quale si è verificata una diffusa
illegalità nel campo degli apppalti; questo comune ricade
nell'area del clan del Malpassoto, cioè di Pulvirenti
Giuseppe, ed in esso si sono verificati fatti di sangue
significativi come l'omicidio del boss locale Mario Nicotra,
detto Tuppu, a cui è succeduto Pino Orazio, sottoposto a
procedimento penale e condannato per associazione di stampo
mafioso. A Misterbianco si è anche verificato l'omicidio di
Arena Paolo, uomo politico e amministratore locale.
  Il terzo comune è Mascali, dove si è svolta la "vicenda
Susinni", che ha un profilo processuale e amministrativo (che
culmina nel rigetto delle dimissioni del sindaco del tempo,
Susinni, perseguito penalmente) e forse anche politico - non
voglio entrare nel campo della politica - perché dopo che il
Susinni era uscito da un partito, il consenso popolare gli ha
consentito di tornare nel consiglio regionale (probabilmente
ha un seguito abbastanza forte nella zona). Nel comune di
Mascali si è verificato, tra l'altro, l'omicidio di un certo
Di Mauro, tecnico del comune (Susinni è stato perseguito per
reati contro la pubblica amministrazione). Si sono verificati,
e sono stati accertati in quel processo, contatti con piccoli
malavitosi locali, ai quali erano stati affidati servizi come
quello della rimozione delle auto, che pare fosse, per il
comune di Mascali, inutile. Tra l'altro, sono stati
riscontrati contatti con amministratori
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di altri enti pubblici, anche loro indagati nel processo
contro Pulvirenti ed altri.
  Infine, è intervenuto lo scioglimento del comune di
Niscemi: ne parlo solo perché stranamente, pur appartenendo
alla provincia di Caltanissetta, rientra nell'area di
competenza della direzione distrettuale antimafia di Catania.
Delle vicende di criminalità organizzata di Niscemi si è
occupata la procura di Caltagirone.
  Altro punto di contatto è quello della canalizzazione delle
risorse - che può essere programmata o occasionale, a volte a
favore di organizzazioni mafiose - attraverso quelle che
quando ero giudice presso la sezione commerciale chiamavo
"saie", un termine che viene dall'arabo e che in Sicilia è
molto diffuso: la saia è il canale attraverso cui passa
l'acqua per raggiungere i campi da irrigare, ma in questo caso
ci si riferisce al fenomeno delle provvidenze a favore delle
società cooperative che, a quel tempo, si costituivano in gran
numero (addirittura migliaia in un anno) e non ci davano
neppure lo spazio per respirare, perché per l'omologazione
dovevamo consultare tantissime pratiche di costituzione di
società che vivevano lo spazio di un mattino. Infatti, esse,
conseguita la provvidenza (o non conseguita perché arrivavano
tardi) sparivano.
  Di uno schema così peculiare di riciclaggio e di
progressione nel riciclaggio (che per noi rappresenta solo
un'ipotesi) vi parlerà il collega Bertone.
  Un altro punto concerne il mantenimento della situazione
attuale della legislazione. In proposito intendo riprendere un
discorso che ho già avuto occasione di fare davanti al
rappresentante di questa Commissione il 12 novembre 1990. Ero
da pochi mesi procuratore di Catania quando fui invitato a
partecipare ad una riunione promossa dall'allora Capo dello
Stato e convocata dal Consiglio superiore della magistratura;
ad essa parteciparono, oltre al Capo dello Stato, i
rappresentanti del Parlamento e della Commissione antimafia:
mi riferisco ai discorsi relativi alla farraginosità e
oscurità dei testi e alla legislazione per decreto. Su questo
punto recentemente ho letto uno scritto di Giolitti che
lamentava, nel 1922, il fatto che la decretazione privasse il
Parlamento della sua funzione, fino a creare una forma di
legislazione dell'esecutivo.
  A proposito di legislazione per decreto debbo dire che
rincorriamo continuamente le norme. Già nella mia esperienza
di consigliere della sezione lavoro della Corte di cassazione
avevo potuto osservare l'iter di decreti non convertiti entro
i termini, riproposti per quattro o cinque volte con modifiche
e poi convertiti con la clausola per la quale tutti i rapporti
sorti sulla base di quelle disposizioni restano validi. Ciò ci
costringe ad una sorta di scansione temporale nell'esame delle
singole fattispecie. Certamente ciò non aiuta nell'attività
che si deve svolgere, perché può accadere, non tenendo conto
di qualcuna di queste scansioni o di qualcuna di queste norme
modificate all'ultimo momento, di incappare in qualche errore
o svista.
  Quindi, la legislazione per decretazione, che si aggiunge
alla farraginosità dei testi - e che tra l'altro costituisce
non una mia considerazione o un mio spunto ma qualcosa che la
Corte costituzionale ha già rilevato nel 1988 con la sentenza
n. 364 e che ha recentemente richiamato con la sentenza n. 185
del 1992 a proposito dell'oscurità di un testo legislativo -,
porta certamente ad una situazione di questo genere: il
cittadino non ha la possibilità di controllare da sé la
portata del precetto ma ha bisogno di una mediazione, non ha
la certezza della propria posizione, cioè la certezza di non
dover essere censurato per il modo di comportarsi. Allora,
questo cittadino, che improvvisamente si accorge di aver
inavvertitamente violato una norma e che si rende conto che
tutti gli altri attorno a lui ugualmente la violano, ha due
possibilità: uscire da quel gruppo, da quel contesto, da
quella collettività e restare solo (ma restare solo è una cosa
un po'
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pesante) oppure continuare con quel comportamento, che è
illecito, che indurisce la coscienza, che piano piano lo
conduce a violazioni sempre più gravi e che lo avvicina sempre
più ad un'area nella quale può entrare, e nella quale
normalmente entra, senza tentennare, come invece potrebbe fare
se avesse una lunga consuetudine con l'osservanza delle norme.
  Mi sono detto e mi dico che questo dovrebbe essere, ed è,
un punto - ma è uno - che possiamo sforzarci di sostenere per
cercare di combattere la criminalità organizzata; infatti,
essa si combatte anche in questo modo, con la certezza dei
comportamenti.
  A voi, che siete tutti parlamentari, vorrei oggi qui
rivolgere proprio un appello, un'esortazione, una preghiera,
un invito a limitare i precetti penalmente sanzionati -
ricercando quel diritto penale comunque ridotto di cui parla
la dottrina -, riducendoli a quelli essenziali del patto
sociale, nonché a scrivere le leggi in modo che la loro
comprensione sia possibile per un maggior numero di cittadini
al fine di procedere verso quella che negli ultimi tempi
sembra sempre più una chimera, cioè verso la certezza del
diritto.
  Credo che con ciò, con la risposta immediata dello Stato al
trasgressore, si potrà ottenere la crescita dell'immagine
delle istituzioni e quella conseguente del livello di adesione
spontanea ai precetti, con la contrazione delle disponibilità
agli arruolamenti nel campo della criminalità.
  Ogni tanto faccio un piccolo esempio: non basta soltanto
questo, perché per poter raggiungere nel nostro paese una
situazione che si possa definire fisiologica (pensare di
eliminare il male e di cancellare le trasgressioni è a mio
giudizio utopistico), credo occorra...
  PRESIDENTE. Mi scusi, signor procuratore, la
inviterei se possibile ad attenersi al tema materiale ed ai
dati concreti; poi magari possiamo affrontare anche questi
temi, diciamo così, più futuribili.
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Ho finito, per quanto riguarda
questo argomento. Vorrei soltanto aggiungere che tra gli
argomenti che interessano la Commissione risulta segnato con
evidenza quello relativo alle misure di prevenzione: purtroppo
in questo momento posso farne soltanto cenno, mentre il
collega Patanè potrà dare qualche ulteriore indicazione.
Certamente mi sono premurato in ordine al tema delle misure di
prevenzione, perché noi ce ne preoccupiamo già da parecchio
tempo facendo valere tali misure nei confronti di tutti. Dato
che, stando ad un'intervista rilasciata dal presidente
Violante alla stampa nel palermitano, dalle audizioni non
risulta essere emerso che siano state adottate misure
patrimoniali e che siano stati operati sequestri nei confronti
di Riina e di Santapaola...
  PRESIDENTE. Di Riina.
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Anche di Santapaola.
  PRESIDENTE. Qui è emerso solo di Riina e non di
Santapaola.
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Ho letto questa intervista su la
Repubblica, che riportava anche il nome di Santapaola. Ma
se non è così, non dico più nulla. Ricordavo perfettamente...
  PAOLO CABRAS. Anche Santapaola avrà un patrimonio,
penso!
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. A Catania questo patrimonio è già
sottoposto... vi è un custode che lo amministra.
  PAOLO CABRAS. Quindi, sono state già adottate delle
misure.
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  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Certamente, ma non da ora, da molto
tempo, cioè da quando cominciò ad emergere la personalità
criminale di Santapaola.
  Misure di prevenzione vengono adottate ogni volta che
compiamo queste operazioni contro i vari clan della nostra
zona, come è avvenuto con i Laudani e con la moglie del Di
Salvo, che figurava proprietaria di tutta l'azienda del
marito; siamo riusciti a mettere sotto sequestro anche questi
beni.
  A questo punto vorrei dare la parola ai colleghi D'Agata e
Patanè.
  PRESIDENTE. Il procuratore non ha affrontato tutta
una serie di temi rinviandone ai suoi colleghi la trattazione,
in modo che emerga un quadro concreto della situazione. A chi
dà la parola, signor procuratore?
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Per le misure di prevenzione, al
collega D'Agata, il quale potrà fornire delle indicazioni. A
tale collega faccio presente che il presidente ha precisato di
aver parlato soltanto di Riina e non anche di Santapaola...
  PRESIDENTE. Di Riina e Provenzano, non di Santapaola.
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania....perché quella dichiarazione
riportata su la Repubblica non corrisponde al vero.
  PRESIDENTE. Comunque, la Commissione possiede gli
atti delle vostre misure di prevenzione nei confronti di
Santapaola.
  VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale
della Repubblica di Catania. Se può essere utile, posso
riferire anche sulle misure adottate per Santapaola.
  Ho davanti a me un quadro riassuntivo che riguarda un po'
tutte le famiglie tradizionali di Catania: le famiglie
Santapaola ed Ercolano (che sono praticamente la stessa
famiglia), Laudani, Mangion (che pure fa parte del gruppo
Santapaola). Per quanto si riferisce a Benedetto Santapaola va
detto che il tribunale il 21 luglio 1984, su nostra proposta,
ha disposto con decreto il soggiorno obbligato per cinque
anni, la confisca dei beni e la revoca del sequestro di alcune
aziende. E' questa la misura che è stata adottata a suo tempo,
poi è stata appellata, è stata confermata la confisca per
determinati beni e la Cassazione ha rigettato il ricorso;
quindi, per quanto riguarda Santapaola, resta questa misura,
che è stata eseguita per la parte relativa ai beni, mentre per
quella personale ovviamente rimane un po' nel limbo delle
aspettative che dovrebbero realizzarsi.
  Vi sono poi ancora altri nominativi, sempre del gruppo
Santapaola: nei confronti di Giuseppe Santapaola, se non
sbaglio fratello di Benedetto, dopo una proposta nel 1983, che
il tribunale ha rigettato, è intervenuta una successiva
proposta nel 1987, accolta nel 1988; sono stati imposti tre
anni di sorveglianza speciale con cauzione (si tratta di
sorveglianza a norma della legge del 1965). Questa misura è
stata confermata dalla corte d'appello, ma purtroppo è stata
annullata dalla Cassazione.
  PRESIDENTE. Da quale sezione?
  VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale
della Repubblica di Catania. Purtroppo non l'ho rilevato;
suppongo si tratti della prima sezione, perché queste misure
venivano sempre trattate dalla prima (Cenni di assenso del
giudice Patanè). Il collega Patanè me lo conferma. Anche
quella del padre di Ferlito, sulla strage sulla
circonvallazione di Palermo, fu annullata da quella sezione.
  PRESIDENTE. Avete copie di queste decisioni?
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  MICHELANGELO PATANE', Magistrato della direzione
distrettuale antimafia di Catania. Si possono acquisire.
  VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale
della Repubblica di Catania. Per quanto riguarda un altro
congiunto di Santapaola, cioè Santapaola Francesco, c'è una
proposta del 1987, sempre accolta dal tribunale. Purtroppo,
abbiamo avuto la sfortuna di vedere vanificate queste misure
nei gradi successivi. Anche qui erano previsti tre anni di
obbligo di soggiorno con cauzione. La corte d'appello ha
rigettato, la Cassazione ha annullato con rinvio alla corte
d'appello il 20 novembre 1989, che dispone sorveglianza
speciale senza cauzione. Per Santapaola Francesco, perciò, si
passa dalle disposizioni della legge del 1965 a quelle della
legge del 1956, cioè non è più considerato mafioso dalla
Cassazione.
  Poi vi sono altri esponenti minori della famiglia - intesa
come vincoli di sangue - Santapaola. Mi riferisco a Salvatore
Santapaola del 1928 e a Vincenzo, Angelo ed Antonino
Santapaola, tutte persone per le quali sono state avanzate
proposte che hanno avuto sorte varia.
  Sempre nell'ambito della famiglia Santapaola, vi è poi il
gruppo di Ercolano. Per Gianbattista Ercolano vi è stata la
proposta n. 2787. Per Ercolano Giuseppe, esponente di primo
grado del gruppo, vi sono state ben cinque proposte, l'ultima
delle quali del 1989. Il tribunale gli diede la sorveglianza
speciale con divieto di soggiorno in Sicilia e dispose anche
il sequestro e la confisca dei beni. Il 28 giugno 1990 il
tribunale di Catania ha sospeso il procedimento in
applicazione delle modifiche introdotte con la legge n. 55 del
1990. Un'altra proposta è arrivata al tribunale il 10 luglio
1991, con richiesta di sorveglianza speciale, ma anche questa,
ex articolo 9 della legge n. 55, è stata sospesa. Vi sono poi
altre proposte su Ercolano Sebastiano ed Ercolano Salvatore,
per il quale è stata chiesta anche misura patrimoniale,
conclusasi con la confisca di un appartamento, di
un'autovettura e di somme depositate in un libretto del Banco
di Sicilia e la nomina di un curatore nella persona del dottor
Pogliese Antonino.
  Vi è poi Aldo Ercolano, figlio di uno degli Ercolano
esponenti della "vecchia guardia". Si tratterebbe di uno degli
elementi emergenti della famiglia, anche perché è sposato con
la figlia di Mangion, altro affiliato della banda Santapaola.
Questa proposta va al tribunale l'11 maggio 1989, con
richiesta di sorveglianza speciale, divieto di soggiorno in
Sicilia e sequestro dei beni. Il 23 marzo 1990 vi è stata
un'ulteriore richiesta di aggravamento della misura, che è
stata però rigettata il 31 maggio 1990 dal tribunale. Avverso
questa misura è stato proposto appello da parte nostra.
  Potrei continuare elencando le misure dei Laudani, per i
quali sono state avanzate proposte sia personali sia
patrimoniali. Se la Commissione preferisce, potrò inviare un
estratto per iscritto.
  PRESIDENTE. Sì, può farci avere una nota scritta.
  VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale
della Repubblica di Catania. Senz'altro. Abbiamo seguito
con particolare impegno la vicenda di Dens Gertrud, che
assieme a Di Salvo ...
  PRESIDENTE. L'intestataria di un'azienda di
trasporti?
  VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale
della Repubblica di Catania. Sì. Ci fu una prima proposta
di sequestro che non ha avuto fortuna e poi un'altra che ha
avuto miglior fortuna.
  Passo ora ad una panoramica generale. Le proposte, sia
patrimoniali sia personali, hanno un ritmo costante mensile.
Per fornire un dato preciso, faccio riferimento al mese di
ottobre. Sono state inoltrate al tribunale sette richieste di
misure personali e cinque di misure patrimoniali, ex legge n.
575 del 1965, cioè per appartenenti ad organizzazioni di
stampo mafioso. Sempre nel mese di
                         Pag. 259
ottobre sono state avanzate altre 29 proposte ex legge del
1956, quindi fuori dall'ambito che interessa questa
Commissione.
  Per quanto riguarda gli orientamenti in genere, posso
anticipare che con il collega Patanè stiamo seguendo da più di
un anno una grossa indagine, che abbiamo demandato alla
Guardia di finanza, sulle società finanziarie, cioè un aspetto
piuttosto delicato, e che è ancora in corso. Sotto il profilo
dei tempi, spesso dobbiamo fare i conti con le disponibilità
della Guardia di finanza, oberata da moltissimi impegni. Tra
l'altro, indagini di questo genere sono particolarmente
complesse ed estese.
  Stiamo avviando alcune pratiche per l'applicazione
dell'articolo 24 della legge 7 agosto 1992, n. 356. Riteniamo
che questo strumento dovrebbe consentirci in tempi rapidi di
mettere sotto sequestro alcuni beni ed alcuni patrimoni. In
particolare, a Catania si è sviluppato con caratteristiche
accentuate il fenomeno dell'infiltrazione negli esercizi di
vendita di confezioni e soprattutto nei bar. In questo campo,
qualche indagine è avviata verso buoni risultati.
  Sempre in applicazione delle disposizioni dell'articolo 12
e dell'articolo 24 ...
  PRESIDENTE. Quando cita il numero dell'articolo può
dire a quali disposizioni fa riferimento?
  VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale
della Repubblica di Catania. L'articolo 24 innova
sostanzialmente in materia di misure patrimoniali, perché
segue un iter diverso. Mentre prima cercavamo di
arrivare al patrimonio attraverso la persona, con le
disposizioni dell'articolo 24 si aggredisce il bene a
prescindere da quest'ultima, perché ad un certo momento dalle
indagini emerge che si tratta di un bene ...
  PRESIDENTE. L'aspetto innovativo è che vi è
l'inversione dell'onere della prova.
  VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore della
Repubblica distrettuale di Catania. In sintesi, e più
tecnicamente, vi è l'inversione dell'onere della prova. Sono
già state avanzate direttamente dal questore otto di queste
richieste (ne siamo stati informati) che riguardano anche
nominativi di notevole spicco: si tratta di Mangion Giuseppe,
figlio del Mangion affiliato del gruppo Santapaola, Nania
Antonino, genero di Santapaola e titolare - sembra - di molti
beni tra cui un bar di Catania, Dens Gertrud, Cannizzaro
Francesco (elemento di spicco del gruppo Santapaola condannato
per traffico di stupefacenti) ed altri.
  PRESIDENTE. Dal momento che in questa fase stiamo
rivolgendo una particolare attenzione al rapporto
mafia-politica e mafia-istituzioni, nell'ambito delle indagini
riguardanti le misure di prevenzione come si configurano
questi rapporti?
  VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale
della Repubblica di Catania. In questo settore non è emerso
nulla di particolarmente concreto.
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Una misura proposta nei confronti di
Pulvirenti è stata istruita dal collega Patanè.
  VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale
della Repubblica di Catania. Siamo sempre fuori dall'ambito
delle indagini patrimoniali.
  Sotto il profilo della contiguità di tipo politico, mi
soffermo su quanto è emerso a suo tempo nel caso Di Salvo il
quale, forte delle sue potenzialità economiche e del suo
potere di intimidazione (che in alcuni casi si manifestò
proprio con atti di aggressione verso altri esponenti
politici), ad un certo momento si fece eleggere consigliere
comunale. Tutto ciò però emerge da processi e non dalle misure
di prevenzione che - lo ripeto -
                         Pag. 260
costituiscono un ambito in un certo senso molto
caratterizzato, in cui non è emerso nulla di specifico.
  MICHELANGELO PATANE', Magistrato della direzione
distrettuale antimafia di Catania. La materia è già stata
ampiamente trattata dal dottor D'Agata e quindi non ho molto
da aggiungere.
  In tema di misure di prevenzione, mi sono occupato dei casi
di due personaggi politici nei confronti dei quali sono state
proposte misure di questo tipo: si tratta di Di Giacomo, che
ha rivestito la carica di assessore comunale in un grosso
centro della provincia etnea ....
  PRESIDENTE. Qual è questo centro?
  MICHELANGELO PATANE', Magistrato della direzione
distrettuale antimafia di Catania. Si tratta di Zafferana.
A carico del Di Giacomo avevo chiesto il divieto di soggiorno
nel periodo in cui tale misura si poteva proporre anche a
carico degli indiziati di mafia. Il tribunale è andato in
contrario avviso applicando soltanto la sorveglianza speciale
senza il divieto di soggiorno ed il soggetto in questione è
stato in un primo tempo vittima di un attentato e
successivamente ucciso. Tutto ciò in pendenza del mio appello.
  L'episodio più rilevante è quello che riguarda un deputato
regionale coinvolto nel procedimento contro Pulvirenti.
  PRESIDENTE. Qual è il suo nome?
  MICHELANGELO PATANE', Magistrato della direzione
distrettuale antimafia di Catania. Si tratta dell'onorevole
Alfio Pulvirenti, che peraltro era membro della Commissione
regionale antimafia.
  PRESIDENTE. Per ragioni di competenza!
  MICHELANGELO PATANE', Magistrato della direzione
distrettuale antimafia di Catania. Aveva una competenza
specifica e proprio questo argomento è stato usato contro di
lui: mi è apparso infatti ben poco verosimile che un avvocato,
per altro componente della Commissione regionale antimafia,
non sapesse quali erano i suoi interlocutori, che tipo di
attività svolgevano e che cosa c'era dietro.
  Costui è stato coinvolto nel procedimento contro l'omonimo
Pulvirenti e nei sui confronti pende un procedimento per
l'applicazione di misure di prevenzione, la cui trattazione è
stata rinviata per motivi di salute dell'interessato ma di qui
a poco sarà ripresa.
  Vi è poi l'episodio del consigliere comunale Di Salvo al
quale abbiamo già accennato. Non ricordo al momento altri
esempi, ma credo che non ve ne siano.
  PRESIDENTE. Il procuratore ha accennato all'inizio ad
uno scambio tra captazione del consenso e canalizzazione delle
risorse. Come emerge questo meccanismo?
  MICHELANGELO PATANE', Magistrato della direzione
distrettuale antimafia di Catania. Questo è stato l'oggetto
del procedimento penale contro Pulvirenti ed altri, su cui si
può soffermare più diffusamente il collega Bertone, che lo ha
trattato specificamente per la parte relativa alle indagini in
sede penale.
  AMEDEO BERTONE, Magistrato della direzione
distrettuale antimafia di Catania. Su questo tema abbiamo
già riferito in occasione di un precedente incontro con la
Commissione antimafia che si è svolto nell'immediatezza del
fatto.
  Ci troviamo di fronte ad un gruppo mafioso (che fa capo al
latitante Giuseppe Pulvirenti) e ad un candidato alle elezioni
politiche regionali, l'onorevole Alfio Pulvirenti per altro,
come ricordava il collega, componente della Commissione
regionale antimafia, il quale fa ricorso al suddetto gruppo
proprio nell'imminenza delle elezioni regionali. Attraverso un
servizio di intercettazioni telefoniche appositamente disposto
nel corso delle
                         Pag. 261
indagini sul gruppo mafioso, è stato possibile accertare le
tappe dell'approccio con quest'ultimo. Sono stati così
ricostruiti in qualche modo i termini dello scambio tra
l'apporto del gruppo mafioso e la contropartita offerta
dall'onorevole Pulvirenti, il quale era uscente nella
precedente legislatura.
  Come avveniva questo scambio, almeno secondo quanto è
possibile sapere sulla base delle intercettazioni telefoniche
e comunque delle dichiarazioni di uno degli imputati?
  PRESIDENTE. Come è entrato nel Consiglio regionale se
non fu eletto?
  AMEDEO BERTONE, Magistrato della direzione
distrettuale antimafia di Catania. Non era stato rieletto
ma, essendo il primo dei non eletti, è subentrato
all'onorevole Bianco il quale si è dimesso per candidarsi alle
elezioni politiche.
  Lo scambio avveniva attraverso un doppio binario. Vi era da
un lato la contrattazione tra il politico e il mafioso, che si
svolgeva attraverso la promessa e la consegna di denaro oppure
mediante la promessa di un'utilità come, per esempio,
l'acquisto di tessere teatrali o un'intermediazione volta ad
assicurare l'assegnazione di spettacoli alla compagnia
teatrale di cui era titolare la convivente del boss;
dall'altro lato vi è il rapporto tra il mafioso e l'elettore,
che avveniva attraverso l'intimidazione e il presidio dei
seggi elettorali, soprattutto nella zona di Misterbianco che è
sotto l'influenza del Malpassotu; in alternativa, il rapporto
si esplicava attraverso la consegna di buoni benzina che
venivano consegnati o promessi agli elettori.
  Per questo stesso procedimento è stata avanzata richiesta
di autorizzazione a procedere nei confronti dell'onorevole
Gunnella. L'autorizzazione - ahimé - non è stata concessa,
anche perché si era alla scadenza della legislatura; comunque,
poiché l'onorevole non è stato rieletto, si è proceduto nei
suoi confronti ed egli è stato rinviato a giudizio per il
procedimento che avrà luogo a dicembre.
  L'esperienza giudiziaria ha consentito di cogliere altri
profili dello scambio di voti durante il periodo elettorale,
anche se talora le cognizioni sono successive di anni rispetto
allo svolgimento delle elezioni. Nell'ambito di un'indagine
ancora in corso si è potuto accertare che, nel territorio
della procura distrettuale, un candidato sarebbe stato eletto
attraverso l'apporto di voti mafiosi. Le dichiarazioni di
qualche imputato hanno consentito di individuare quel
candidato sponsorizzato da Cosa nostra e che comunque è in
pugno al gruppo mafioso.
  Altri episodi sono quelli di cui credo possa riferire il
collega Amato. D'altronde siamo nel corso delle indagini
preliminari e mi sembra prematuro parlarne. Passerei ora ad un
altro argomento per il quale sono stato tirato in ballo.
  Un aspetto del quale ci siamo occupati di recente è quello
del riciclaggio delle ricchezze e dei beni illecitamente
acquisiti. Abbiamo potuto verificare l'impiego in attività
economiche di beni provenienti da rapine: sulla base di
indagini compiute dai carabinieri si è accertato che un
supermercato utilizzava sostanze alimentari provenienti da
rapine a TIR o ad autotreni consumate nel periodo
immediatamente precedente. Sul piano investigativo si sta
esplorando la possibilità di ulteriori forme di riciclaggio
della ricchezza illecitamente acquisita attraverso la
creazione di società fiduciarie che non consentono
l'individuazione delle persone realmente interessate alla
gestione delle stesse. Occorre considerare che per rimuovere
gli ostacoli che si frappongono alla creazione di tali società
è necessaria una mediazione politica.
  PRESIDENTE. Il procuratore della Repubblica ha fatto
riferimento alla captazione del consenso e alla canalizzazione
delle risorse. Francamente non potete non riconoscere che, se
ciò si limita all'assegnazione di spettacoli teatrali e di
buoni di benzina, l'utilità che ne ricava la mafia è scarsa.
Pertanto vorrei un'approfondimento su questo aspetto. Tra
l'altro, vi è già una decina di dispacci di agenzia
                         Pag. 262
sugli arresti fatti oggi, con l'indicazione dei nomi; la
tenuta del segreto istruttorio, a questo punto, mi pare sia
venuta meno.
  AMEDEO BERTONE, Magistrato della direzione
distrettuale antimafia di Catania. Ho parlato della mia
esperienza e di quanto è emerso dalle indagini di cui mi sono
occupato. La mia non è una visione riduttiva del fenomeno, in
quanto ho riferito ciò che è stato accertato.
  CARMELO ZUCCARO, Magistrato della direzione
distrettuale antimafia di Catania. Se si vogliono
chiarimenti sulle misure adottate in data odierna, il
presidente dovrebbe dare la parole al procuratore aggiunto
Busacca.
              PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
                       PAOLO CABRAS
  CARMELO ZUCCARO, Magistrato della direzione
distrettuale antimafia di Catania. Poiché devo parlare di
due procedimenti per i quali sono in corso le indagini, chiedo
che la seduta sia segreta.
  PRESIDENTE. Sta bene. Da questo momento i nostri
lavori continuano in seduta segreta. Dispongo la
disattivazione del circuito audiovisivo interno.
  (La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo.
  Do la parola al dottor Amato.
  MARIO AMATO, Magistrato della direzione distrettuale
antimafia di Catania. Vorrei fare una premessa, tenuto
conto che per capire la realtà giudiziaria del distretto di
Catania occorre comprendere quali siano i problemi della città
e di coloro che ogni giorno hanno il compito di affrontarli.
  Poco fa, con un po' di rammarico, il presidente Violante ha
messo in evidenza come la proposizione del procuratore
"consenso e canalizzazione della ricchezza" non sia emersa in
modo così evidente come tutti si aspettavano questa sera.
Purtroppo, credo che non sia vero in base a quanto si è potuto
desumere dai risultati acquisiti ed analizzati. Per poter
capire quali siano gli approdi processualmente significativi,
bisogna considerare che Catania è caratterizzata da un
fortissimo degrado sociale ed amministrativo, tutt'altro che
marginale: a questa mia affermazione, fatta qualche giorno fa
nel corso di una riunione pubblica, è stato risposto che i
quartieri-ghetto esistono in tutte le città. Non è così,
perché a Catania il numero dei quartieri-ghetto rispetto a
quello dei quartieri che non lo sono è talmente alto che il
magistrato si trova continuamente di fronte alla necessità di
tamponare le emergenze. Purtroppo, le emergenze quotidiane, a
Catania, riguardano gli omicidi: dall'inizio dell'anno al 10
novembre 1992, a Catania si contano 97 morti ammazzati. Se poi
lorsignori considerano il distretto nel quale, dopo la
creazione delle direzioni distrettuali, ci muoviamo, avranno
ben chiaro come il ruolo del magistrato sia difficile.
  Come dicevo, in primo luogo si pone il problema dei
risultati concreti di fronte ad una realtà emergente.
  Sotto un altro punto di vista, occorre chiarire cosa sia il
fenomeno criminale e mafioso a Catania perché forse tutti,
forti dell'esperienza più nota di Palermo, lo individuano nel
modello di Cosa nostra. Non è così, perché a Catania la
criminalità è stratificata nel senso che vi è una fortissima
criminalità diffusa nel territorio e poi vi è un altro livello
di criminalità probabilmente collegata a Cosa nostra di
Palermo e che incide maggiormente nel settore dell'impresa.
Immagino, infatti, che un noto personaggio come Santapaola
ormai sia un imprenditore e non svolga attività criminale.
  GIUSEPPE MARIA AYALA. C'è un ricambio.
                         Pag. 263
  ALFREDO GALASSO. Può succedere anche il contrario.
  MARIO AMATO, Magistrato della direzione distrettuale
antimafia di Catania. Sotto questo profilo, l'impatto
quotidiano dei magistrati è stato quello di far fronte a
questa realtà; perciò la maggior parte dei processi di
criminalità organizzata dell'ultimo biennio ha preso di mira i
gruppi che controllano il territorio dal punto di vista dei
reati contro il patrimonio, del traffico di stupefacenti e
così via. Certamente, non sono stati pretermessi, anzi sono
più che mai in via di acquisizione e di definizione delle
indagini preliminari, i processi che riguardano l'altro
livello di criminalità, cioè quello che più direttamente è
collegato con Cosa nostra di Palermo.
  Anche a livello delle organizzazioni più modeste, credo vi
siano collegamenti - conclamati dal punto di vista probatorio
- con ambienti politici. I colleghi ne hanno parlato nel corso
dei loro interventi ed io cercherò di ricordare alcuni
processi nei quali è stato confermato il rapporto tra
criminalità ed ambienti politici.
  Desidero unirmi agli altri nel dire che per capire dove
vadano i flussi di ricchezza bisogna disporre di strutture
adeguate; mi riferisco in particolare alle forze di polizia ed
alla Guardia di finanza. Non so se sia una realtà di Catania o
di tutto il territorio nazionale, ma la forza di polizia
giudiziaria specialistica, purtroppo, essendo impegnata nei
molteplici compiti d'istituto, spesso non riesce a dare
risposte adeguate alle istanze che provengono dalla
magistratura inquirente.
  PRESIDENTE. A Catania vi è un gruppo del GICO?
  MARIO AMATO, Magistrato della direzione distrettuale
antimafia di Catania. Sì.
  PRESIDENTE. Il GICO è stato costituito apposta per
svolgere un'attività specialistica (società finanziarie ed
intermediazione finanziaria).
  MARIO AMATO, Magistrato della direzione distrettuale
antimafia di Catania. Sì, ma in termini di strutture...
  PRESIDENTE. Lei denuncia un'inadeguatezza?
  MARIO AMATO, Magistrato della direzione distrettuale
antimafia di Catania. Sì.
  Nel processo di cui parlava poc'anzi il collega Bertone -
processo noto per il collegamento tra il gruppo malavitoso
facente capo a Pulvirenti Giuseppe, latitante da più di 14
anni, e gli accertati brogli elettorali - sono emerse altre
figure, diverse dall'onorevole Pulvirenti, che hanno fatto
ricorso all'organizzazione criminale per avere sostegni
economici. Cito ad esempio Rapisarda Giovanni (nato ad
Acireale il 4 luglio 1954) candidato nella lista della
democrazia cristiana, il quale, come il Pulvirenti ma in
posizione diversa perché in tempi diversi, si è rivolto al
gruppo del Malpassotu per avere voti pagando in cambio diverse
decine di milioni.
  Al di là del mercimonio voti-prezzo, si innestava (come è
emerso nel corso delle indagini preliminari) una serie di
reati amministrativi da parte di diversi consiglieri ed
assessori del comune di Acireale, i quali, al fine di favorire
Rapisarda, che pur non avendo un ruolo elettivo nel comune di
Acireale era in una posizione carismatica rispetto agli altri,
commettevano diversi reati contro la pubblica amministrazione,
nel senso che adottavano determinate deliberazioni favorevoli
alla convivente di Pulvirenti Angelo, fratello di Giuseppe,
capo dell'organizzazione del Malpassotu.
  Si è parlato poc'anzi di Litrico, che entra in questo
processo in qualità di imputato, essendo un elemento di
collegamento tra il Malpassotu, l'onorevole Gunnella, nei cui
confronti si è proceduto ed è stata chiesta l'autorizzazione a
procedere, e l'onorevole Pulvirenti. La figura
                         Pag. 264
di Litrico è variegata tanto che, tratto in arresto per
questo procedimento, è stato raggiunto da diverse ordinanze di
custodia cautelare relative al periodo in cui lo stesso
ricopriva la carica di assessore al bilancio nel comune di
Catania. In particolare, un procedimento di cui mi sono
interessato in prima persona riguardava il reato di
concussione commesso da Litrico, il quale, essendo presidente
di una commissione di esami per la nomina dei bidelli nella
scuola di Catania, pretendeva da ciascun candidato 8 milioni
di lire, promettendo in cambio la vittoria del concorso,
promessa che poi puntualmente non manteneva.
  Peraltro, sempre nell'ambito del procedimento, è emerso un
collegamento tra il Litrico stesso ed un altro deputato
nazionale; in questo procedimento si è proceduto per il reato
di millantato credito a carico del Litrico, il quale, usando
il nominativo del deputato nazionale, sottosegretario per le
finanze, prometteva ai terzi ignari l'assunzione presso uffici
periferici dipendenti dall'amministrazione delle finanze.
  Nell'ambito del distretto di Catania si è avuto anche
l'arresto di un altro componente l'assemblea regionale, cioè
dell'onorevole Butera; si tratta di una vicenda i cui atti
sono stati trasmessi, nell'ambito di un procedimento di
criminalità organizzata più ampio, alla procura distrettuale
di Catania, ma il provvedimento di rigore a carico
dell'onorevole Butera per brogli elettorali è stato adottato
su richiesta della procura della Repubblica di Caltagirone.
  Altro processo di interesse, cui ha fatto riferimento il
collega Patanè, è quello a carico dell'ex assessore del comune
di Zafferana Di Giacomo (poi ucciso), in quanto ha accertato
che un gruppo organizzato facente capo all'organizzazione
cosiddetta dei Cursoti, attraverso il controllo di determinate
finanziarie, riusciva a riciclare i proventi di attività
delittuose inerenti alla gestione di tali attività poste in
essere dall'organizzazione stessa. Queste attività delittuose
si protraevano fino a Roma e si concretizzavano proprio nel
controllo di tre società finanziarie.
  Infine, altro procedimento di un certo interesse è quello
scaturito dal sequestro di titoli di credito nell'abitazione
catanese dell'allora latitante Francesco Ferrera, arrestato lo
scorso anno a Bruxelles; Ferrera è collegato a Santapaola,
quindi fa parte del gotha della criminalità organizzata
catanese. Nel corso della perquisizione sono stati sequestrati
titoli e denaro contante per circa 500 milioni, se ricordo
bene (comunque si trattava di una somma molto elevata).
Attraverso uno o più assegni trovati in casa di Ferrera sono
stati ricostruiti altri giri di titoli di credito che hanno
ricondotto ad un ex deputato nazionale, l'onorevole Fagone del
partito socialdemocratico italiano, e che hanno consentito la
ricostruzione di una vicenda - che ha portato all'arresto di
diverse persone nell'aprile di quest'anno - proprio
conseguente alla vendita di pozzi in territorio periferico
rispetto al centro di Catania.
  Ciò che mi sembra importante porre all'attenzione di
questa Commissione è che, allorché si ricostruì la
circolazione di diversi assegni, vennero eseguiti dei
sequestri di titoli presso l'agenzia 1 del Banco di Napoli con
sede a Montecitorio. Erano tutti assegni di notevole importo:
si trattava di una somma pari a 500 milioni, con titoli di 100
milioni ciascuno. In quella circostanza mi sono accorto
(l'ufficio ha trasmesso gli atti alla procura della Repubblica
presso la pretura di Roma competente in base al luogo di
accertamento del reato) che questi assegni non erano annotati
nel registro obbligatorio dei movimenti superiori ai 20
milioni di lire, il che prima costituiva un fatto punito dalla
legge con una contravvenzione, mentre ora credo sia stato
depenalizzato. Mi sembrò molto strano che proprio a
Montecitorio, dove risiede l'agenzia 1 del Banco di Napoli,
non si applicasse la legislazione antimafia.
                         Pag. 265
  PRESIDENTE. Terminata l'esposizione dei signori
magistrati possiamo passare alle domande. Ne vorrei formulare
una.
  Voi sapete che non soltanto nelle deposizioni di alcuni
collaboratori di giustizia (come Calderone) e non soltanto in
acquisizioni recenti - basta leggere il libro di Arlacchi
uscito sei mesi fa - si trovano vari riferimenti all'attività
dei fratelli Costanzo. Nelle dichiarazioni del Calderone vi
sono riferimenti precisi alla costituzione di consorzi di
imprese guidati da Rendo, Graci e Costanzo, che si sono divisi
gli appalti di dighe, aeroporti e grandi infrastrutture
nell'intero territorio siciliano.
  Le citazioni concernenti i fratelli Costanzo riguardano non
soltanto il nodo affari-politica ma anche quello
mafia-affari-politica, tant'è vero che di alcuni dei Costanzo
(di Carmelo e di Gino) si parla come di persone la cui
contiguità consisteva anche in ospitalità concessa a
meeting di mafiosi negli uffici della loro ditta ed in
altri fatti di questo genere. In relazione alla pubblicazione
del libro di Arlacchi e a queste risultanze di documenti
processuali, quali iniziative investigative sono state
attivate dalla procura di Catania su fatti concernenti un arco
abbastanza ampio di anni e che riguardano il nesso
mafia-politica, anche per l'influenza che questi grandi
imprenditori hanno avuto sulla vita pubblica della Sicilia -
in particolare di Catania - e non solo della Sicilia?
  Per quanto riguarda la seconda domanda, il procuratore capo
mi ha già detto che si tratta di un quesito non ammesso. Io,
che in questo momento svolgo le funzioni di presidente, ne
prendo atto; però ripeto per chiarezza che non volevo entrare
nel merito della vicenda, che conosciamo attraverso la stampa,
relativa al riferimento che un imputato del processo contro
Siino ed altri, incardinato a Palermo, ha fatto chiedendo di
essere ascoltato da un magistrato della procura di Catania (si
è trattato poi del dottor Felice Lima) in merito a rivelazioni
concernenti sia il nesso affari-mafia-politica, con
riferimento anche a responsabilità, imprenditori e attività di
Catania, sia una vicenda ben più allarmante dal punto di vista
istituzionale, quella di una presunta - e denunciata dal Li
Pera - connivenza fra magistrati della procura di Palermo che
dovevano giudicare gli imputati del processo Siino ed avvocati
di tali imputati. So che questo stralcio del processo è stato
inviato a Caltanissetta. Il mio interesse non è nel merito,
ripeto, perché mi rendo conto del vostro obbligo alla
riservatezza e dell'opportunità della stessa; infatti, non
possiamo lamentare la riservatezza nei giorni dispari e poi
praticarla in quelli pari, non possiamo farlo noi né tanto
meno possiamo richiederlo ai magistrati della Repubblica. Di
ciò sono ben consapevole. A me interessa sapere, nell'ambito
di un'azione di coordinamento, se sia stato possibile e se sia
stato utile all'accertamento della verità, che deve riguardare
tutti (politici, giudici, avvocati e imputati dei processi
mafiosi), che magistrati che avevano portato ad uno stadio
così avanzato le indagini su questa vicenda siano stati -
sembrerebbe, stando alla lettura dei giornali - informati così
tardivamente dell'interesse della procura di Catania su questa
vicenda, non solo per gli aspetti di merito (intreccio
mafia-affari-politica) ma anche per quanto riguarda
addirittura le responsabilità dei magistrati. Dato che abbiamo
- e giustamente - esaltato il coordinamento tra le forze
dell'ordine e la magistratura, vorrei sapere se qualcosa non
abbia funzionato, a vostro giudizio, nel coordinamento anche
in questa vicenda, senza - ripeto - voler entrare nel merito.
                PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
                     LUCIANO VIOLANTE
  ALFREDO GALASSO. Mi ricollego alle osservazioni del
collega Cabras. Faccio una premessa. Voglio ribadire che la
nostra Commissione ha i medesimi poteri
                         Pag. 266
dell'autorità giudiziaria e che quindi le riserve sono le
medesime che i magistrati possono opporre all'autorità
giudiziaria. In secondo luogo, stiamo svolgendo un'inchiesta
sui rapporti tra mafia e politica ed in particolare sul
cosiddetto caso Salvo Lima. Su questo abbiamo la necessità di
avere il massimo chiarimento ed i maggiori elementi possibili
a disposizione.
  Da questo punto di vista, voglio porre la questione con
molta nettezza. I giornali, ancora oggi (Panorama),
riportano un lungo servizio intitolato: "Sbatti l'inchiesta
nel cassetto", sovratitolo: "Tangenti e Cosa nostra - La
guerra di un giudice e di un superpentito", e poi la domanda:
"C'è chi vuole azzerare l'inchiesta sugli appalti siciliani?
E' cominciato un braccio di ferro". E' del tutto evidente che
questa questione rischia di riaprire una stagione
impressionante di veleni negli uffici giudiziari siciliani.
Credo che abbiamo il potere-dovere di sapere.
  PRESIDENTE. Onorevole Galasso, come lei sa già in
altra seduta era stato sollevato questo tema. Vorrei pregare i
colleghi di prestare attenzione ad un aspetto: già altre
volte, nei confronti di questioni e contrasti tra magistrati,
un inserimento improvvido ha determinato un aumento di
confusione piuttosto che una pacificazione. Sono perfettamente
d'accordo con lei che questa è una questione assai grave sulla
quale prima o poi occorrerà capire ed intervenire. Mi chiedo
se non sia il caso - e lo rimetto alla sua sensibilità, poi
valuteremo - di evitare di stimolare una delle magistrature
degli uffici giudiziari che potrebbe essere parte di un
eventuale conflitto con altri uffici giudiziari su questo tipo
di questioni.
  Credo che quando questa o altra seduta sarà conclusa
potremo fare una valutazione complessiva su come si pone
questa questione e affrontare specificatamente il tema dei
conflitti o delle ipotesi relative ad alcuni magistrati. Lei
comprende che, altrimenti, prescindendo da questa valutazione,
qualunque tipo di notizia o di informazione che riguardi un
conflitto tra uffici giudiziari o magistrati, giusto o
sbagliato che sia, rischia di aprire un fronte da cui non si
esce in poco tempo, paralizzando una serie di uffici e di
attività giudiziari. Rimetto l'argomento alla vostra
sensibilità.
  ALFREDO GALASSO. Mi dispiace di non poter essere
d'accordo con questa posizione, perché oltre tutto nel
servizio giornalistico di cui ho parlato si fa riferimento
proprio a Lima come uno dei personaggi politici chiamati in
causa. L'esperienza di molti anni mi suggerisce di ritenere
che, prima si interviene a far chiarezza su queste questioni,
minori sono i veleni che si vanno accumulando. Lo dico con
grande convinzione e senso di responsabilità, ripeto per
l'esperienza fatta in molte sedi istituzionali di questi anni.
  E' assolutamente indispensabile che, per questo senso di
responsabilità, nel momento in cui è qui il procuratore
distrettuale della Repubblica di Catania, anch'egli come altri
chiamato in causa, non ci asteniamo dall'informarci o dal
chiedere che cosa sia succedendo, cosa è accaduto, con tutti i
limiti che la nostra Commissione ha, cioè i medesimi
dell'autorità giudiziaria. Sento perciò il potere-dovere di
sapere cosa stia accadendo, sviluppando ulteriormente e
ponendo con fermezza la domanda già posta dal collega Cabras.
  Sempre su questa linea, chiedo anche di avere qualche
ulteriore informazione, visto che il procuratore Alicata ha
parlato di oscurità dei testi legislativi e di certezza dei
comportamenti. La chiarezza è necessaria non solo nei testi
legislativi, ma anche nei comportamenti, nell'attività
giudiziaria e via dicendo. La limpidità, la trasparenza, la
certezza dei comportamenti sono qualcosa che ha un senso come
valore universale se viene applicato comunque e dovunque.
  Rispetto alla completezza dell'informazione, mi associo al
collega Cabras e ne integro la domanda. Esiste una grande
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imprenditoria che da Catania si è sviluppata con forti,
fortissimi elementi, non sospetti, di contiguità con ambienti
criminali e oggi anche con i grandi affari che dominano la
vita economica e politica nazionale. Sono i cavalieri del
lavoro di Catania, cioè un nome ormai ricorrente dappertutto.
Chiedo di sapere cosa si stia facendo in questa direzione, se
vi sia qualche indagine in corso, se sussista qualche
mutamento rispetto al rigetto della richiesta di applicazione
di misure di prevenzione avanzata non molto tempo fa dal
questore di Catania. Visto che le notizie continuano a
circolare e gli elementi si accumulano in questa direzione, le
notizie di stampa cominciano a riguardare anche l'ultima
vicenda che definisco racket degli appalti. L'imprenditoria
catanese viene toccata complessivamente: stiamo parlando della
grande imprenditoria presente in consorzi e in operazioni
economiche e al tempo stesso politiche di livello nazionale e,
probabilmente, internazionale. Credo che questo aspetto sia
estremamente importante perché è il punto di congiunzione -
voglio segnalarlo ai magistrati qui presenti - tra il sistema
della corruzione e quello della mafia.
  PRESIDENTE. Colleghi, poiché devo darvi alcune
comunicazioni urgenti e delicate in merito alla seduta di
domani, sospendo brevemente l'audizione dei magistrati della
procura distrettuale di Catania.
  (I magistrati vengono accompagnati fuori dall'aula).
  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, chiedo di poter
continuare in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del
circuito audiovisivo interno.
  (La Commissione procede in seduta segreta).
  (I magistrati vengono nuovamente accompagnati in aula).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno. Do ora la parola agli altri colleghi che desiderano
intervenire.
  MASSIMO SCALIA. Nel riallacciarmi alle considerazioni
del vicepresidente e del collega Galasso, desidero rilevare
che, pur nel reciproco rispetto dell'autonomia del potere
legislativo e di quello giudiziario, la presenza del
procuratore della Repubblica distrettuale di Catania non può
non suscitare (non vedo tra l'altro motivi di conflitto)
interesse su una questione che la stampa (in particolare il
settimanale Panorama, ma non solo) ha ripreso per ben
due volte: infatti, a parte il numero uscito oggi, già la
scorsa settimana su Panorama figurava una serie di
rivelazioni che sembrano molto importanti. In particolare, un
collaboratore di giustizia, Li Pera, dice una serie di cose
che tra l'altro appaiono estremamente ragionevoli: egli
infatti illustra la metodologia seguita ed in particolare il
voto di scambio; si tratta di un rapporto che intercorre tra
la mafia, i politici e gli imprenditori. Attorno a questo
tavolo si distribuiscono gli appalti.
  Si tratta di una descrizione particolarmente credibile nel
nostro paese, perché corrisponde ad una metodologia che un ex
ministro della Repubblica ha usato, o è sospettato di aver
usato, senza la presenza della mafia, che non era necessaria
per il tipo di suddivisioni da attuare. Ci troviamo ora
dinanzi al sostituto procuratore Felice Lima il quale
(raccogliamo voci provenienti dalla stampa oltre che dagli
uffici giudiziari di Catania) stava per emettere provvedimenti
di custodia cautelare (si tratta di un fatto che potrà essere
confermato o meno). Invece, il capo dell'ufficio decide di
inviare le diverse parti dell'inchiesta alle diverse procure
(Palermo, Catania e Caltanisetta) per motivi di competenza.
  In tale contesto, l'uomo della strada obietterebbe che uno
smembramento di tali procedure non può certo rafforzarle.
Conseguentemente, sempre nell'ambito - lo ripeto - della
reciproca autonomia, vorrei acquisire una valutazione da parte
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del capo dell'ufficio oltre che alcune argomentazioni (non
intendo parlare di giustificazioni) che ci facciano
comprendere perché si sia proceduto in questo modo.
  Mi sembra ragionevole porre una simile domanda che peraltro
non configura alcuna ipotesi di conflitto tra diversi uffici
giudiziari, dal momento che si tratta di fatti che stanno
accadendo. Tra l'altro, il presidente ha comunicato che
acquisirà per la Commissione il secondo rapporto del ROS che
sembrerebbe convalidare buona parte delle affermazioni del Li
Pera.
  Ritengo, in conclusione, che l'odierna audizione
rappresenti un'occasione da non perdere per avere un
chiarimento su tale vicenda.
  GAETANO GRASSO. Vorrei rivolgere alcune domande sulla
questione relativa a Misterbianco. Vorrei conoscere lo stato
delle indagini sull'omicidio di Paolo Arena, avvenuto nel
settembre del 1991. Chiedo poi se sia possibile considerare
tale omicidio come il primo atto dell'attacco mafioso alla
corrente dell'onorevole Lima in Sicilia.
  Desidererei anche sapere come si debba valutare il
disimpegno politico dell'onorevole Drago, avvenuto
temporalmente tra l'omicidio Arena e l'omicidio Lima.
  Un'altra domanda riguarda alcune dichiarazioni di un
collaboratore della giustizia pubblicate sui giornali lo
scorso anno. Mi riferisco a Pietro Saitta il quale, fra
l'altro, definiva Arena "uomo molto vicino a Malpassotu",
oltre a richiamare una serie di fatti specifici come il
problema del pozzo, al quale ha fatto riferimento il dottor
Amato. Dopo queste dichiarazioni dell'ottobre 1989 la procura
di Catania ha assunto iniziative nei confronti di Arena (si
parlava allora di scorte da parte di uomini del Malpassotu)?
  Presidente, credo sia possibile rispondere all'onorevole
Scalia senza entrare nel merito ...
  PRESIDENTE. Il mio appello ha avuto una straordinaria
fortuna.
  GAETANO GRASSO. Intendo dire che è possibile formulare
domande e risposte senza entrare nello specifico del
conflitto. Penso in particolare all'ordinanza di custodia
cautelare bloccata, alla parte che riguarda lo
"spezzettamento" e ai motivi che sono alla base dell'invio a
Palermo (che non riguarda i giudici).
  VITO RIGGIO. In questa utile audizione sicuramente
dobbiamo dare atto ai signori magistrati del lavoro che hanno
svolto.
  All'inizio di questa seduta il procuratore capo ci ha detto
che esiste un rapporto tra il politico-amministratore - quindi
non colui che dà indirizzi politici ma colui che ha la
possibilità di orientare le risorse -, un sistema
imprenditoriale, il cui livello è da definire in rapporto alla
dimensione delle opere e all'influenza che il
politico-amministratore esercita nel captare il finanziamento
e la garanzia, in termini tradizionali, che gli accordi
vengano rispettati. Senza voler intaccare il giusto riserbo
delle autorità investiganti, un riserbo purtroppo non
rispettato da tutti, tanto che poi noi siamo indotti a
chiedere ...
  PRESIDENTE. Si dice che la moneta cattiva scaccia
quella buona.
  VITO RIGGIO. Non si può ignorare che, al di là delle
conferenze stampa, le interpretazioni talvolta così
dettagliate che appaiono sui magazine creano un grosso
allarme, perché danno la sensazione che si vogliano occultare
talune realtà o viceversa che, attraverso la stampa, alcune
falsità tendano a diventare verità. Ipotesi queste che, in uno
stato di diritto, non dovrebbero avere spazio.
  Vorrei sapere dal procuratore capo se l'ipotesi
prospettata, che evidentemente rappresenta una pista
investigativa seguita in modo permanente dalla procura della
Repubblica di Catania e dalle procure delle zone a rischio,
stia avendo riscontri e a che livello. L'ipotesi di
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lavoro che parte dalla richiesta di finanziamento e va fino
alla garanzia mafiosa ha, in questo momento, elementi di
sufficiente certezza?
  Mi parrebbe utile chiarire questo aspetto per rintracciare
in termini analitici quello che noi più volte abbiamo detto in
termini di pura descrizione sociologica, ma che non emerge in
quanto emergono soltanto spezzoni di rapporti isolati,
mafia-politica, mentre lei ci ha descritto un sistema. Vorrei
sapere, quindi, se questa linea sia portata avanti presso la
procura della Repubblica di Catania.
  ALTERO MATTEOLI. Vorrei formulare tre o quattro domande
secche, senza fare commenti.
  A proposito di appalti, Costanzo, Graci, Rendo: abbiamo
letto che i tre litigano tra loro ferocemente; mediatori
sarebbero un tributarista, un professore ed un importante uomo
politico che mettono d'accordo i tre fino a giungere ad una
spartizione degli appalti, come ha detto il collega Cabras. I
pentiti, un po' come alcuni magistrati (questa sera abbiamo
ascoltato filosofia da parte di alcuni ed omissioni da parte
di altri), si fermano quasi sempre sulla soglia del nome
dell'uomo politico definito importante. Questa vicenda è
ancora tutta in itinere? Vi sono provvedimenti in corso?
A che punto è l'indagine sulla vicenda?
  Se non vado errato, il dottor D'Agata ci ha parlato delle
confische dei beni. Personalmente avevo l'impressione che la
magistratura non avesse percorso in modo adeguato questa
strada, mentre lei, dottor D'Agata, ci ha esposto un quadro
per certi aspetti tranquillizzante. Vorrei conoscere in
percentuale il rapporto tra il numero delle richieste di
confisca dei beni e quello delle confische realmente
autorizzate. Capisco che forse non potrete rispondermi in
questo momento.
  PRESIDENTE. Il rapporto a livello nazionale è del 10
per cento.
  ALTERO MATTEOLI. Intendevo riferirmi soltanto a Catania.
Il dottor Busacca ci ha detto che Palermo ha una struttura di
un certo tipo, mentre Catania ne ha una molto più debole: di
ciò non possiamo non tener conto.
  Sempre lei, dottor D'Agata, quasi per inciso ci ha detto
che purtroppo - vi era un po' di amarezza nelle sue parole, se
ho interpretato bene - nei gradi successivi avete avuto la
sfortuna di veder rigettato ciò che avevate ottenuto in primo
grado. In ordine a ciò, abbiamo raggiunto il terminale oppure
sono ancora in corso provvedimenti che hanno visto in primo
grado successi ed insuccessi? Gradiremmo avere una percentuale
per capire se sia sospetta o meno e se sia necessario, da
parte della Commissione, un ulteriore approfondimento.
  Per quanto riguarda l'omicidio Arena, non si è voluto fare
il nome, e va bene; è collegabile in qualche modo all'omicidio
Lima? Ho appreso - mi pare durante la visita della Commissione
a Messina, ma non ricordo come - che l'omicidio Arena sarebbe
avvenuto in un momento in cui si stava indagando su una grossa
società finanziaria; sinceramente non ricordo dove ho raccolto
questa notizia, ma se essa risponde al vero gradirei qualche
informazione in proposito, perché fino ad oggi - dico questo
non tanto ai magistrati qui presenti quanto a me stesso e alla
Commissione - per quanto concerne le società finanziarie
disponiamo di scarsissime notizie.
  MARIO BORGHEZIO. Vorrei porre innanzitutto un quesito in
ordine all'iter, che mi pare molto problematico e faticoso,
dei procedimenti riguardanti l'adozione delle misure di
prevenzione; mi sembra si tratti di procedure che hanno vita
breve e difficile nella zona di Catania. Vorrei chiedere un
giudizio al riguardo, in particolare relativamente
all'eventuale esistenza - o sospetto dell'esistenza - di
pressioni e di interventi estranei in questa delicata fase di
applicazione di uno strumento così importante nella lotta
antimafia. Gradirei anche un vostro parere relativamente al
numero, che mi sembra molto esiguo, dei comuni
                         Pag. 270
commissariati: ritenete che l'autorità competente - credo le
prefetture - siano sufficientemente attive nel controllo della
penetrazione mafiosa o comunque della malavita organizzata nei
confronti degli enti locali, dei piccoli comuni (ma anche dei
grandi, naturalmente)?
   Vorrei formulare un'osservazione circa le questioni che
sono state illustrate nei vostri interventi; credo possiate
convenire sul fatto che risultano esclusi da queste vicende i
grandi affari. In sostanza, mi pare che nessuna di tutte
queste inchieste riguardi qualcuno dei grandi appalti.
Ritenete esista un clima di omertà e di protezione che avvolge
i protagonisti dei grandi appalti e delle grandi imprese, più
frequentemente e più notoriamente sospettati di collegamenti e
chiaramente denunciati (sono stati fatti i nomi dei cavalieri
del lavoro di Catania, notissimi)? Pensate che, in
particolare, possano godere di appoggi e di agganci in taluni
settori della pubblica amministrazione? Viene offerta da tutti
i settori della pubblica amministrazione, anche dagli uffici
periferici dello Stato, dalla Polizia e dalla Guardia di
finanza una pari ed adeguata collaborazione? Inoltre vorrei
sapere, per quanto riguarda il settore bancario, se riteniate
sufficientemente approfondita ed aperta la collaborazione
degli istituti bancari; infatti, questi grandi e sospetti
appalti devono pur passare attraverso la delicata fase del
finanziamento tramite le strutture bancarie. Sono in corso
indagini in merito? In particolare, riscontrate anomalie nei
comportamenti di banche nelle quali sia particolarmente
presente l'attività di politici sospettati o collusi con la
mafia, tenuto conto che in molte di questi istituti di credito
la nomina degli amministratori è di natura politica?
  MASSIMO BRUTTI. Parto da un episodio che è già stato in
vario modo menzionato per porre poi una domanda precisa ai
nostri interlocutori. L'episodio emerge il 28 ottobre scorso
in un'aula del tribunale di Palermo: il geometra Li Pera
revoca il mandato al suo avvocato e lo attribuisce ad un nuovo
difensore. Nel momento stesso in cui compie quest'atto
comincia a diffondersi la notizia che egli ha collaborato con
alcuni magistrati e che ha reso dichiarazioni rilevanti ai
ROS. Vorrei conoscere questa vicenda, se possibile, un po' più
direttamente e gradirei un chiarimento circa i tempi della
vicenda stessa: è vero che dall'inizio dell'estate, da giugno,
si dispiega questa collaborazione del geometra Li Pera con la
giustizia? E' vero che tale collaborazione ha ad oggetto
vicende che interessano la procura della Repubblica di
Catania? E' vero che Li Pera rende dichiarazioni rilevanti ad
un sostituto procuratore della procura della Repubblica di
Catania? E' vero che si giunge ad una richiesta di emissione
di mandati di cattura? Quando viene formulata e perché ad essa
non si dà seguito? In sostanza viene bloccata con una
decisione: quando viene assunta tale decisione? A seguito di
essa, una parte consistente di questo procedimento viene
inviata a Palermo: quando? Inoltre, se ho capito bene e se le
notizie che abbiamo appreso in questi giorni rispondono a
verità, è stata stralciata una parte che è stata invece
inviata a Caltanissetta, per motivi che si possono
evidentemente supporre e comprendere.
  A prescindere dal merito di tali questioni - sul quale non
credo sia il caso di soffermarsi in questo momento, poiché
esistono valutazioni divergenti ed esiste anche un
discutibilissimo comunicato pubblico di magistrati della
procura della Repubblica di Palermo - vorrei che ci venissero
chiariti, se possibile, i tempi e le modalità di questa
vicenda ormai ampiamente nota.
  MICHELE FLORINO. Per mia convinzione personale e per
rispetto delle idee degli altri colleghi cerco, almeno per
quanto riguarda le audizioni ma più in generale per quanto
concerne i nostri lavori, di mantenermi lontano da tutti
questi ipotetici collegamenti effettuati dalla stampa, dai
giornali e dai libri, da questo gran parlare che, secondo il
mio
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punto di vista, cerca di depistare anche gli orientamenti
della Commissione antimafia così bene evidenziati nella
relazione approvata dalla Commissione stessa il 23 marzo 1990.
Ritengo, infatti, che lo Stato, per contrastare l'attività
mafiosa, dovrebbe avere i mezzi necessari che però, quasi
sempre, non sono a disposizione di coloro che li chiedono.
Nella relazione approvata circa due anni fa da questa
Commissione, infatti, risulta evidente che le carenze di
organico dei magistrati e della polizia giudiziaria sono
sempre gravi.
  Il fenomeno più inquietante che mantiene in piedi tutta
l'impalcatura del sistema mafioso, non solo di Cosa nostra ma
anche della 'ndrangata e della camorra, è quello delle società
finanziarie, delle banche, delle attività illecite di
riciclaggio di denaro. Ebbene, la Commissione allora evidenziò
che purtroppo a Catania la Guardia di finanza, a detta del
comandante del gruppo, non aveva svolto alcuna indagine in tal
senso sia per la carenza quantitativa e qualitativa degli
organici rispetto alla vastità del fenomeno sia per l'assenza
di richieste di indagini da parte della magistratura.
  Corrisponde al vero che oggi si sta tentando di capire i
segreti interni alle società finanziarie? Vorrei sapere
perché, pur disponendo di relazioni che illustrano chiaramente
i pericoli dovuti alla mancanza di qualità di determinati
organi o di quantità di personale, come è stato evidenziato in
atti della Commissione antimafia, siamo ancora qui a
recriminare sul mancato intervento di contrasto alla mafia,
che avanza nel paese. Questa domanda supera certe
disquisizioni che cercano di afferrare il politico per
gettarlo in una indagine pur valida per scoprire l'intreccio
mafia-politica; ma se non scopriamo i motivi per i quali non
si contrasta la mafia, non risolveremo mai il problema. Vorrei
dunque sapere se sia vero quanto la Guardia di finanzia
riferiva, se questo stato di cose esista ancora e se siano
almeno in parte colmate le carenze degli organici della
magistratura e della polizia giudiziaria.
  PIETRO FOLENA. Presidente, riprendo un aspetto sollevato
da altri colleghi, in particolare dall'onorevole Riggio.
Abbiamo iniziato questa serie di audizioni partendo dalla
vicenda palermitana e dalle recenti rivelazioni dei
collaboratori della giustizia, che disegnano un quadro nel
quale l'onorevole Salvo Lima è diventato il garante di Cosa
nostra nella politica, un garante così rilevante da continuare
ad essere considerato tale anche dopo l'eliminazione della
parte perdente della mafia, a cui si era detto fosse prima
legato. Come ci hanno detto nella scorsa seduta i giudici di
Palermo, questo rapporto si manteneva perché l'onorevole Lima
garantiva l'ingresso nella politica nazionale. Tuttavia non si
può immaginare che, nella corrente cui egli faceva riferimento
per la capacità di pesare nelle scelte del Parlamento o di
altre istituzioni, questo ingresso non avesse una ricaduta nel
sistema politico locale.
  Siamo quindi di fronte ad una organizzazione, Cosa nostra,
che è unica e ad un referente non unico ma fondamentale, cioè
Lima. Vorrei sapere quale era il referente di Lima nell'area
catanese, se riteniamo che questa funzione fosse svolta dagli
uomini della stessa corrente dell'onorevole Lima, e
dell'onorevole Andreotti sul piano nazionale, in particolar
modo dall'onorevole Drago, oppure se il quadro che i
magistrati di Catania hanno di fronte (al di là delle
inchieste, perché chiediamo una valutazione d'insieme) ci può
far dire che siamo di fronte anche ad altri referenti che
autonomamente, in sede locale, permettevano al filone catanese
di Cosa nostra di entrare nella politica nazionale.
  Vorrei anche richiamare la questione posta dall'onorevole
Grasso e da altri colleghi, cioè se vi sia stata una relazione
tra l'omicidio Arena, il ritiro dell'onorevole Drago e poi
l'omicidio Lima e se i giudici di Catania ritengano che vi sia
una relazione anche con l'esplosione della villa di Pippo
Baudo e comunque a che
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punto sia l'inchiesta - per quanto ci è possibile sapere - su
questa vicenda.
  Il dottor Amato in particolare ha fatto i nomi di alcuni
personaggi politici di seconda fila, se mi si concede
l'espressione, e di altri più importanti, alcuni persino
deputati regionali, i quali, se ho ben capito, sono stati
sotto inchiesta giudiziaria per piccole cose, perché si
tratterebbe di un piccolo sistema di favori. Dobbiamo
considerare che questo è un lato di un rapporto di mero
scambio con la piccola criminalità? Non ho capito bene se il
dottor Amato faceva anche una distinzione sociologica fra la
piccola criminalità e la grande criminalità oppure se questa
distinzione non è solo sociologica e questi due mondi hanno
una comunicazione molto inferiore rispetto a quella della
Sicilia occidentale, dove il dominio di Cosa nostra è molto
più forte. Siamo di fronte solo a schegge laterali di piccola
criminalità, a settori bassi di Cosa nostra e settori bassi
del mondo politico, oppure questi sono, anche sul piano
politico, i gradini inferiori di un sistema più grande? Voglio
dire: siamo di fronte ad un monte di cui vediamo la base ma
non la cima, perché ci sono le nuvole che la coprono?
  Si è fatto riferimento alla questione Butera. Anche se era
candidato in un collegio elettorale della Sicilia occidentale,
l'inchiesta è stata condotta dalla procura di Caltagirone e,
in particolare, se non ricordo male, dalla dottoressa Canepa.
Vorrei sapere se allo stato esistano inchieste su quanto è
avvenuto successivamente, perché c'è da ritenere che quel
patrimonio elettorale, quel tipo di scambio con organizzazioni
mafiose entrato in funzione alle elezioni regionali del 1991,
si sia ripetuto anche nelle politiche del 1992. Vorrei sapere
se sia possibile far luce su questo aspetto, perché ci è stato
riferito che dalle rivelazioni di alcuni pentiti (in
particolare Leonardo Messina) emergerebbero riferimenti
specifici in questo senso.
  Per quanto riguarda le imprese e i cavalieri del lavoro,
ricordo la pubblicazione di un rapporto dei carabinieri (forse
del ROS) risalente a circa un anno e mezzo fa, che conteneva
alcune intercettazioni e disegnava un quadro di rapporti fra
qualcuno dei cavalieri (in particolare Graci), taluni settori
del mondo finanziario siciliano (soprattutto la Sicilcassa) e
determinati uomini politici siciliani (se ricordo bene
catanesi). Il rapporto veniva da Venezia e all'epoca fece
sorgere una polemica. Attualmente gli atti si trovano a
Catania e vorrei sapere se sia in corso un'inchiesta.
  Un discorso analogo vale per il rapporto del ROS sugli
appalti. Pur senza soffermarmi su aspetti che non è giusto
affrontare in questa sede, avendo appreso che una parte
dell'inchiesta è stata trasferita a Palermo e un'altra a
Caltanisetta, mi domando se non esista un filone catanese di
questa inchiesta. In particolare, vorrei sapere se vi siano
fatti, avvenimenti o rivelazioni (provenienti anche dal
pentito Li Pera) che chiamino in causa imprese catanesi (in
particolare quelle dei cavalieri del lavoro) e appalti
assegnati nella provincia di Catania o comunque nella zona di
competenza della procura della Repubblica distrettuale di
Catania.
  Con riferimento al centro fieristico di viale Africa,
negli ultimi tempi molti giornali hanno collegato le polemiche
riferite a quest'ultimo anche al delitto Bonsignore. Ricordo,
al riguardo, che è stata pubblicata dalla stampa (non so se
esista un'inchiesta in corso al riguardo) la notizia secondo
cui l'ex collaboratore dell'allora presidente della regione
siciliana Rino Nicolosi, nonché collaboratore dell'impresa
Costanzo, il professor Elio Rossitto, subì una gravissima
intimidazione: in particolare, gli ruppero un braccio, tanto
che egli girava per Catania con il braccio al collo ed era di
pubblico dominio (lo riportarono addirittura alcuni giornali
locali) che questa intimidazione fosse legata alle vicende del
suddetto centro fieristico.
                         Pag. 273
  Vorrei quindi sapere, su tale questione, quale sia il
giudizio dei nostri ospiti e lo stato della situazione.
  GIROLAMO TRIPODI. Ritengo in primo luogo che la
discussione svoltasi questa sera renda necessario un
chiarimento. Mi riferisco al fatto che abbiamo qualche
perplessità circa le risposte date fino a questo momento su un
fatto piuttosto importante: Catania è un centro certamente
colpito o investito non meno di altri dalla presenza delle
organizzazioni mafiose; del resto, lo stesso dato relativo ai
97 morti ammazzati durante l'anno in corso conferma una
presenza molto forte e articolata della mafia nella provincia
di Catania.
  Questa sera, tuttavia, non abbiamo ancora acquisito molti
elementi sul tipo di organizzazione mafiosa che abbiamo di
fronte, sulla sua presenza, nonché su quali e quante siano le
cosche presenti nella stessa provincia di Catania. Abbiamo
appreso soltanto alcuni fatti, che pure sono emblematici.
Vorremmo tuttavia sapere innanzitutto come l'organizzazione
Cosa nostra sia articolata nel territorio della provincia di
Catania. In caso contrario, non sarebbe possibile appurare
quali siano le attività illecite svolte dalle organizzazioni
mafiose. Non possiamo infatti limitarci a prendere in
considerazione piccoli fatti di delinquenza organizzata,
poiché non è questo che vogliamo sapere, dal momento che la
mafia rappresenta un potere che si muove nell'ambito
dell'economia e della politica. Si tratta inoltre di
un'organizzazione che controlla il territorio.
  Dalle rivelazioni di alcuni pentiti risulta che Catania
svolge un ruolo di saldatura con Palermo in relazione ad una
serie di fatti. Abbiamo letto, tra l'altro, quali rapporti
intercorrano tra i Greco e i Santapaola.
  In tale contesto, vorrei sapere come si ponga la questione
degli appalti e perché finora non si sia andati fino in fondo.
  Per quanto riguarda le attività illecite nel settore dello
spaccio della droga e del contrabbando di armi, vorrei sapere
quale sia la presenza delle organizzazioni mafiose. Un
chiarimento analogo vorrei ricevere con riferimento
all'agricoltura, settore molto forte a Catania, soprattutto
per quanto riguarda gli agrumeti. Desidero sapere, al
riguardo, in che modo la mafia sia presente ed imponga le sue
scelte. Solo ricevendo risposte su tali questioni potremo dare
un segnale di cambiamento per quanto riguarda l'impegno dello
Stato in quella provincia.
  Vorrei sapere inoltre quante inchieste siano in corso a
Catania contro organizzazioni mafiose e quanti procedimenti
siano in atto nella procura distrettuale della stessa città.
  Infine, abbiamo appreso da un collaboratore che la causa
dell'omicidio Mattarella sarebbe da ascrivere alla volontà di
Santapaola di togliere un ostacolo all'attività di Carmelo
Costanzo. Di fronte a rivelazioni così gravi, è in corso
qualche iniziativa giudiziaria finalizzata a valutare fino in
fondo il rapporto esistente tra mafia e grandi imprenditori?
Questi sono, infatti, gli aspetti che più inquietano
l'opinione pubblica nazionale.
  CARLO D'AMATO. Mi limiterò a formulare alcune domande
poiché lo stato della discussione è tale da non consentire lo
svolgimento di considerazioni. Tra l'altro, rispettando molto
il ruolo dei magistrati, ritengo che la nostra funzione sia
innanzitutto quella di definire un rapporto di collaborazione
volto a superare le emergenze e a definire la possibilità di
un'amministrazione della giustizia il più possibile adeguata
all'esigenza di reprimere il fenomeno mafioso e camorristico.
  Senza partire da preconcetti o da valutazioni di sorta,
desidero soltanto sottolineare un aspetto che mi interessa dal
punto di vista culturale e politico ed al quale si è accennato
nel corso di alcune domande poste dai colleghi. Invito quindi
il dottor Alicata a dare una risposta precisa, perché
obiettivamente siamo abituati a considerare la presenza
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della mafia, soprattutto in Sicilia, molto più articolata di
quanto emerga dal quadro oggi delineato.
  Il dottor Alicata ha parlato di voto contrattato dal
candidato od offerto dal sindaco; ha parlato del pagamento di
somme di denaro e quindi di un rapporto episodico, sporadico e
mai rientrante in un disegno come quello che emerge, ad
esempio, dall'ordinanza di custodia cautelare relativa
all'omicidio Lima, che individuava un rapporto quasi organico
fra Cosa nostra ed un partito politico. Pare, quindi, che a
Catania questo dato non emerga; può darsi che in effetti non
esista: ne chiedo conferma ai magistrati impegnati in prima
persona. E' questa una atipicità della situazione catanese
oppure è un aspetto che sfugge ad una considerazione di
carattere generale?
  Non è la prima volta che ci occupiamo dei rapporti tra i
vari livelli della magistratura; in questa occasione è stato
sottolineato, con un certo rammarico, il fatto che decisioni
assunte per il sequestro dei beni di proprietà mafiosa siano
state stravolte ad un secondo livello. E' anche emerso che
alcune decisioni assunte in primo grado sono state stravolte
addirittura dalla prima sezione della cassazione. Questo pare
un dato ricorrente.
  PRESIDENTE. Non riguarda, però, solo Catania.
  CARLO D'AMATO. Vorrei una valutazione sullo stato dei
rapporti tra i vari livelli della magistratura e quindi
sull'omogeneità dell'atteggiamento rispetto alla lotta alla
mafia.
  Sono stato sindaco di Napoli e nel corso della mia
esperienza mi sono trovato spesso di fronte al problema delle
gare d'appalto (anche ultimamente la Commissione è stata
investita di una simile questione relativa ad una città
centrale). Del problema dei cavalieri del lavoro di Catania si
parla da anni e da molte parti si sostiene che esso interessi
aziende collegate con la mafia, per cui ad una fortissima
preoccupazione spesso, ad affidamenti effettuati, è seguita
una rapida smentita delle vicende che hanno riguardato la
pericolosità delle aziende. Vi sono state sentenze, ricorsi al
TAR e tutta una serie di fatti. Oggi, da ultimo (ho vissuto
come amministratore simili situazioni, anche se fortunatamente
non ne ho mai avuto un riscontro diretto), siamo stati
interpellati dagli amministratori di un comune preoccupati in
merito ad un consorzio (tralascio le notizie sulle modalità
dell'affidamento) che non sanno come comportarsi: si domandano
se, procedendo con gli appalti, corrano dei rischi.
  Mi chiedo, pertanto, se sia possibile verificare se taluni
personaggi siano bravi imprenditori, siano onesti ovvero siano
i terminali di un patto mafia-politica-imprenditoria. Dobbiamo
dare certezze agli interlocutori ed agli amministratori che si
rivolgono a noi; dobbiamo sapere se ci troviamo di fronte ad
imprenditori affidabili o a mafiosi. Voi che siete gli
operatori della giustizia dovete darci indicazioni.
  ALTERO MATTEOLI. Qual è in sostanza la sua domanda?
  CARLO D'AMATO. Costanzo, Graci e Rendo sono mafiosi o
no?
  SANTI RAPISARDA. Desidero sapere dai magistrati di
Catania in quali condizioni ambientali, culturali e di carenza
dei mezzi operino.
  PRESIDENTE. Devo porre due questioni, la prima delle
quali riguarda il perito Compagnini. Vorrei sapere se gli
uffici giudiziari di Catania lo utilizzino ancora e, in caso
di risposta affermativa, quali uffici e perché.
  Alcune dichiarazioni del collaboratore della giustizia
Calderone fanno riferimento a nomi di magistrati catanesi che,
direttamente o indirettamente, avrebbero avuto rapporti con
Cosa nostra: in particolare il dottor Foti, il dottor Campisi,
il dottor Di Natale, che mi pare sia in
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pensione, e il dottor Grassi, che credo faccia parte della
prima sezione penale della cassazione.
  Infine vi è un dato attorno al quale hanno ruotato tutti
gli interventi dei colleghi: Catania è un'area nella quale
parte dell'imprenditoria, come è dimostrato, ha avuto e forse
continua ad avere rapporti con Cosa nostra; come ha detto il
procuratore, emerge dalle ultime acquisizioni una sorta di
stratificazione. Probabilmente non ho capito bene, ma non mi
pare che si delinei, dalle carte processuali, un quadro
corrispondente. Ciò da cosa dipende? Dal fatto che le indagini
solo adesso stanno affrontando alcuni aspetti? Dal fatto che
avete bisogno di più mezzi? Oppure del fatto che la materia
emerge non giudizialmente ma solo in via politica o induttiva?
  Le domande che vi sono state rivolte sono numerosissime e,
se volete, potete rispondere ad alcune di esse in un secondo
tempo per iscritto.
  GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della
Repubblica di Catania. Proverò a rispondere ad alcune delle
domande che ci sono state rivolte, pregando i colleghi che lo
desiderano di prendere la parola. Comunque, chiedo al
presidente della Commissione, se è possibile, di rendere
segreta la seduta. Ci riserviamo, in ogni caso, di rispondere
per iscritto alle domande alle quali non sarà possibile
rispondere ora.
  PRESIDENTE. Sta bene. Da questo momento i nostri
lavori continuano in seduta segreta. Dispongo la
disattivazione del circuito audiovisivo interno.
  (La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  Ringrazio il dottor Alicata e gli altri magistrati del suo
ufficio per le risposte che ci hanno fornito.
  Per quanto riguarda i rapporti tra voi e la Commissione, mi
rimetto completamente allo spirito e alla lettera delle
affermazioni del collega Cabras. Credo che tra persone leali
ed impegnate nello stesso spirito su questi temi sia
inevitabile che vi siano momenti di franchezza reciproca.
  Quando leggerete il resoconto stenografico della seduta
noterete che essa è divisa in due parti, la prima molto
contenuta, seguita da un momento di chiarimento reciproco e la
seconda nella quale le informazioni sono state più
approfondite e vaste. Di ciò vi ringraziamo.
              Sui lavori della Commissione.
  PRESIDENTE. Il collega Grasso ha sollevato la
questione relativa ai recenti avvenimenti di Foggia. Si tratta
di un problema molto serio a proposito del quale informo i
colleghi di aver chiesto al prefetto di Foggia un rapporto
sulla situazione della città. La questione, comunque, sarà
esaminata nel corso di un prossimo ufficio di presidenza.
  GAETANO GRASSO. Secondo me sarebbe utile recarsi a
Foggia, nel luogo in cui è stato compiuto l'omicidio, per dar
segno della nostra presenza laddove vi sono persone che ancora
resistono (a San Vito dei Normanni).
  MICHELE FLORINO. Chiedo un'indagine della Commissione
sul tribunale di Napoli. Un gruppo di lavoro preposto
all'indagine sugli uffici giudiziari potrebbe recarsi a Napoli
per questo scopo.
  PAOLO CABRAS. La proposta del collega Grasso, che
condivido, dovrebbe essere inserita nell'ambito di un
aggiornamento complessivo delle conoscenze della Commissione
sulla situazione della provincia di Foggia. Ricordo che nella
passata legislatura la nostra inchiesta fu condizionata da una
grave spaccatura
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della magistratura di Foggia - che temo permanga - per cui
riuscimmo ad avere pochi elementi contraddittori sulla
situazione reale. Poiché, a mio avviso, a Foggia come in altri
centri della Puglia è cresciuta la presenza della mafia nella
vita economica, credo che sarebbe opportuno non limitarsi
all'aspetto, pur gravissimo, del racket che ha condotto
all'uccisione dell'imprenditore Panunzio, ma inquadrare la
questione in un ambito più vasto.
  PRESIDENTE. Cercheremo di deliberare in proposito al
più presto.
  ALFREDO GALASSO. Dopo questa audizione così ricca ed
interessante, desidero porre al presidente ed alla Commissione
l'esigenza di ascoltare il procuratore di Catania, Felice
Lima, e Li Pera, perché mi pare che il quadro dei rapporti
mafia-affari-politica sia divenuto ormai centrale se si vuol
capire che cosa sta succedendo.
  PRESIDENTE. Assicuro che anche questo argomento sarà
affrontato in sede di ufficio di presidenza.
  La seduta termina alle 22,50.

 


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