Violante: seduta 06
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AUDIZIONE DEI DIRIGENTI E DEI FUNZIONARI DEL
SERVIZIO CENTRALE OPERATIVO (SCO) DELLA POLIZIA
                         DI STATO
        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                          INDICE
                                                        pag.
Audizione dei dirigenti e funzionari del
Servizio centrale operativo (SCO) della Polizia
di Stato:
Violante Luciano, Presidente ................. 149, 150, 151
                                152, 153, 154, 155, 156, 157
                                158, 159, 160, 161, 163, 167
Borghezio Mario ........................................ 162
Brutti Massimo .................................... 157, 163
Calvi Maurizio ......................................... 154
Cirillo Francesco, Direttore della III
divisione del Servizio centrale operativo della
Polizia di Stato ........................ 158, 159, 160, 161
Florino Michele ........................................ 167
Galasso Alfredo ................................... 157, 158
Grasso Gaetano ......................................... 166
Imposimato Ferdinando ............................. 153, 164
Manganelli Antonio, Direttore della I
divisione del Servizio centrale operativo della
Polizia di Stato ................... 150, 151, 152, 153, 154
Matteoli Altero ................................... 152, 164
Pansa Alessandro, Direttore della II
divisione del Servizio centrale operativo della
Polizia di Stato ................... 155, 156, 157, 158, 167
Ricciuti Romeo ......................................... 156
Riggio Vito .................................. 158, 166, 167
Rossi Luigi ....................................... 154, 161
Scalia Massimo ......................................... 163
Serra Achille, Direttore del Servizio
centrale operativo della Polizia di Stato ......... 150, 152
                                                    154, 155
Taradash Marco .......................... 153, 154, 165, 167
Tripodi Girolamo ....................................... 161
Sostituzione di un membro della Commissione:
Violante Luciano, Presidente ........................... 149
Sui lavori della Commissione:
Violante Luciano, Presidente ................. 149, 168, 169
                                          171, 173, 174, 175
Borghezio Mario ................................... 170, 175
Brutti Massimo ......................................... 171
Ferrara Salute Giovanni ........................... 170, 174
Florino Michele  ....................................... 149
Galasso Alfredo ................................... 168, 173
Imposimato Ferdinando .................................. 172
Matteoli Altero .............................. 168, 169, 174
Riggio Vito ....................................... 170, 171
Scalia Massimo ......................................... 172
Taradash Marco ............................... 149, 171, 172
Tripodi Girolamo ....................................... 169
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La seduta comincia alle 9,30.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
                Sostituzione di un membro
                    della Commissione.
  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato, in
data 19 ottobre 1992, ha chiamato a far parte della
Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia
il senatore Alberto Robol in sostituzione del senatore
Salvatore Ladu, dimissionario.
              Sui lavori della Commissione.
  PRESIDENTE. Il senatore Florino ha chiesto di
intervenire sui lavori della Commissione.
  MICHELE FLORINO. Già nella prima seduta svoltasi in
quest'aula tenni a denunciare la situazione allarmante che si
sta sviluppando in alcune regioni del nord. Quella mia
denuncia è stata confermata dai fatti, ossia dalla drammatica
vicenda definita "genesi di una strage", una strage che,
secondo il mio punto di vista, ha origini lontane, nel senso
che l'insediamento mafioso in queste regioni, che ritenevamo
non esposte, si è fatto particolarmente gravoso.
   In una precedente seduta ho voluto definire in termini
medici quella che è oggi la metastasi che ormai ha, di fatto e
drammaticamente...
  MARCO TARADASH. Qual è il richiamo?
  MICHELE FLORINO. E' questo: oltre alla realtà del
meridione, nel nord vi è la situazione impellente e drammatica
di cui dicevo. Chiedo quindi di effettuare con urgenza un
sopralluogo perché compito della Commissione, oltre a tenere
normali audizioni, è anche quello di recarsi sui luoghi e
verificare con urgenza le infiltrazioni mafiose che si stanno
sviluppando nelle regioni del nord.
  PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Florino, per aver
posto questo problema che, eventualmente, affronteremo dopo lo
svolgimento dell'audizione, visto che rientra nel piano di
lavoro della Commissione.
Audizione dei dirigenti e funzionari del Servizio centrale
operativo (SCO) della Polizia di Stato.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei
dirigenti e funzionari del Servizio centrale operativo (SCO)
della Polizia di Stato.
   Sono oggi con noi il direttore del Servizio centrale
operativo della Polizia di Stato, questore Achille Serra, ed i
vicequestori Antonio Manganelli, Alessandro Pansa e Francesco
Cirillo, che i colleghi della Commissione già conoscono per la
loro capacità professionale e per i risultati ottenuti nella
lotta contro il crimine organizzato.
   Ringrazio i nostri ospiti per essere intervenuti
all'audizione odierna e do senz'altro la parola al dottor
Serra.
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   ACHILLE SERRA, Direttore dello SCO. Il Servizio
centrale operativo che ho l'onore di dirigere non rappresenta
una sede di monitoraggio che possa fornire una visione
completa del fenomeno mafioso in Italia, ma svolge la sua
attività o in supporto a strutture che, seppur valide,
necessitano di un'attività congiunta, od in ausilio a
strutture forti che hanno comunque bisogno di una esperienza
specifica per svolgere attività delegata dall'autorità
giudiziaria, o di iniziativa (ricerca di latitanti, indagini,
notizie pervenute direttamente al Servizio centrale
operativo).
   L'ufficio è composto da tre divisioni, che sono dirette
dai funzionari qui presenti. In particolare, la prima
divisione, diretta dal dottor Manganelli, svolge attività sul
fenomeno mafioso e sulla ricerca dei latitanti, soprattutto di
prima importanza; la seconda si occupa di criminalità
economica ed è diretta dal dottor Pansa, che qualcuno di voi
conoscerà per la sua esperienza e per la sua capacità nel
settore; la terza divisione, diretta dal dottor Cirillo, ha il
compito di coordinare l'attività nel resto del paese e di
curare, specificatamente, il settore della droga.
   Uno degli obiettivi fondamentali che ci si è posti in
questo periodo è quello di coordinare la nostra attività con
l'Arma dei carabinieri e con la Guardia di finanza ed
ovviamente, di recente, con il nuovo organismo denominato DIA,
la direzione nazionale antimafia.
   Quello esposto è, a grandi linee, il quadro della
situazione. Rimango a disposizione con i colleghi per
rispondere ad eventuali domande.
  PRESIDENTE. La Commissione desidererebbe conoscere, in
particolare, gli indirizzi strategici dello SCO e le priorità
da voi perseguite, nonché acquisire la valutazione ed il
giudizio - ovviamente nella fase attuale e dal vostro
particolare osservatorio - su tutti i settori di pertinenza
del Servizio centrale operativo. In tal senso ci è stata di
grande utilità la sua premessa, dottor Serra, ma credo che
potremo acquisire ulteriori elementi di conoscenza dando la
parola ai funzionari preposti alle divisioni dello SCO.
  ANTONIO MANGANELLI, Direttore della I divisione dello
SCO. La divisione da me diretta deriva dal vecchio nucleo
centrale anticrimine, l'embrione da cui ha avuto linfa la
struttura che da due anni ha assunto la denominazione di
Servizio centrale operativo della Polizia di Stato.
   Il nucleo centrale anticrimine si articola in due sezioni
di diretta penetrazione operativa a disposizione del
procuratore nazionale antimafia e delle direzioni distrettuali
antimafia, con le quali il suddetto nucleo attualmente
collabora. Ci interessiamo della cattura dei latitanti e
dell'associazionismo mafioso, con particolare riguardo al
traffico internazionale di stupefacenti.
   Dal mio osservatorio, pertanto, posso portare la
testimonianza di un impegno che ci vede presenti soprattutto
in Sicilia e che attualmente trova momenti di particolare
produttività anche in relazione all'apertura di un nuovo
fronte, cioè quello dei collaboratori. Infatti, grazie alla
prospettiva di benefici premiali per chi collabora con la
giustizia, abbiamo ottenuto nuove forme di apertura; ritengo,
per esempio, che sul piano progettuale la custodia e gli
spunti investigativi conseguenti alle dichiarazioni di due
importanti pentiti (tale termine deve ovviamente intendersi
virgolettato) porteranno a risultati di rilievo, soprattutto
nell'area geografica del Nisseno e dell'Ennese.
   Mi preme sottolineare tale aspetto, perché finora avevamo
avuto l'opportunità di registrare comportamenti collaborativi
in talune zone della Sicilia - soprattutto nel palermitano e
nel catanese - ma in altre non si erano verificate aperture di
questo tipo. Al momento, pertanto, non solo abbiamo acquisito
la conoscenza dell'organigramma dell'organizzazione Cosa
nostra, ma abbiamo anche registrato un fatto sostanzialmente
inusuale, almeno per ciò che attiene alla sua portata, cioè la
conoscenza dei nuovi fenomeni mafiosi che si vanno affermando
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 in quelle aree geografiche. Per fenomeni mafiosi nuovi
intendo le organizzazioni criminose che finora non erano state
completamente individuate o quelle finora indicate come bande
criminali non legate all'organizzazione Cosa nostra. Tali
bande - oggi chiamate "stidde", cioè stelle - vanno invece
profilandosi come un'organizzazione mafiosa parallela di non
minore pericolosità rispetto a quella che ha regole e
tradizione più importanti e che tutti abbiamo imparato a
conoscere, anche perché le vicende dell'organizzazione Cosa
nostra hanno superato una serie di verifiche giudiziarie che
ci hanno consentito di far piena luce sulla sue dimensioni e
sulla sua portata.
   Per ciò che attiene alla ricerca dei latitanti, nella
nostra attività poniamo al primo posto la ricerca di coloro
che fanno parte del vertice dell'organizzazione Cosa nostra e
nell'ultimo mese abbiamo conseguito importanti successi con la
cattura di Pietro e Antonino Vernengo e di Giuseppe Madonia.
Ci auguriamo di conseguire, entro breve tempo, successi
analoghi anche per ciò che riguarda la cattura di altri
latitanti.
  PRESIDENTE. Dottor Manganelli, vorrei che lei ci
aiutasse a far luce su due questioni, la prima relativa al
cosiddetto mistero delle latitanze domiciliari, nel senso che
un gran numero di persone sono state arrestate a casa loro; la
seconda attinente alla costituzione di nuclei per la cattura
dei latitanti, a proposito dei quali è stato proposto da anni
di elencare i più importanti, al fine di costituire un nucleo
per ciascuno di essi. Premesso che nel giugno scorso si decise
di assumere un orientamento di questo genere ma con nuclei
monoforze anziché interforze, vorrei conoscere i criteri con
cui sono stati divisi i latitanti, le difficoltà specifiche
che tali nuclei incontrano nel loro lavoro e quale tipo di
aiuto riterreste opportuno da parte della Commissione.
  ANTONIO MANGANELLI, Direttore della I divisione dello
SCO. Per quanto riguarda il fenomeno delle latitanze
domiciliari, va detto che esso si connette alla particolare
area geografica in cui è proliferata la mafia e in cui i
latitanti operano.
   Considerato che la mafia si avvale di protezione,
coperture, omertà e di altri fattori che sono senz'altro a
conoscenza della Commissione, abbiamo verificato la maggiore
vulnerabilità dei latitanti nel momento in cui, per seguire i
propri affari, le proprie attività illecite, sono costretti a
spostarsi in zone dove, venendo meno sia le protezioni
soggettive sia quelle oggettive, risultano maggiormente
esposti alle nostre attenzioni. Abbiamo constatato che taluni
latitanti già nella fase di progettazione della loro
abitazione avevano previsto appositi luoghi in cui rifugiarsi.
Ritengo che adesso tale sistema sia venuto meno, perché
ultimamente i numerosi latitanti che abbiamo arrestato nella
propria abitazione non sono stati trovati nel salotto buono di
casa, ma nascosti in intercapedini che era difficile
individuare anche tramite attente perquisizioni. Abbiamo
trovato veri e propri nascondigli segreti dentro gli immobili,
preparati già all'atto della loro costruzione e che rendevano
facile il rifugio nel momento in cui arrivava la polizia.
Tuttavia, attraverso intercettazioni, anche di carattere
ambientale - abbiamo utilizzato la normativa che soltanto da
poco tempo le consente -, siamo arrivati all'individuazione di
alcuni di costoro.
   Per quanto riguarda la predisposizione di nuclei
interforze per la cattura dei latitanti, ho personalmente
qualche perplessità sulla produttività di un ufficio preposto
esclusivamente alla cattura dei latitanti. In base alla mia
esperienza personale, costituita da anni di polizia
giudiziaria nei quali mi sono occupato quasi esclusivamente di
questa materia, ritengo che il latitante si catturi
soprattutto quando si riesce a penetrare nell'ambiente
familiare, amicale e criminale in cui egli si colloca; e ciò è
possibile attraverso le indagini che aggrediscono il gruppo di
cui il latitante fa parte, mentre è rara la possibilità di
arrivare alla localizzazione ed alla cattura del latitante
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quando ci si sveglia una mattina e si decide di dedicare la
propria attività ad una specifica figura senza spunti
investigativi concreti, per esempio relativi ad un'indagine su
un'associazione mafiosa. Non credo, infatti, che sia mai stato
preso qualcuno privilegiando l'aspetto della persona rispetto
allo spunto investigativo che deriva da un'indagine a più
vasto raggio.
  PRESIDENTE. Tuttavia, i dati di fatto dimostrano che dal
momento in cui sono stati costituiti i nuclei specializzati è
aumentata, rispetto al passato, la vostra capacità di
penetrazione nel fenomeno della latitanza.
  ANTONIO MANGANELLI, Direttore della I divisione dello
SCO. E' aumentata la produttività da quando sono stati
costituiti nuclei che si dedicano al fenomeno mafioso a tempo
pieno ed allo sviluppo degli spunti investigativi provenienti
dalle indagini sulle associazioni mafiose.
  PRESIDENTE. Contrariamente a quello che si pensava, e
che è stato anche detto, quindi, non vi sono nuclei per la
cattura dei singoli latitanti?
  ANTONIO MANGANELLI, Direttore della I divisione dello
SCO. Come accennavo prima, abbiamo creato, nell'ambito del
nostro servizio, una sezione preposta alla cattura dei
latitanti. Non vorrei essere frainteso: ritengo che essa di
per sé non sia sufficiente, poiché il nucleo preposto alla
cattura dei latitanti deve utilizzare gli spunti investigativi
che derivano dalle indagini sull'associazione mafiosa,
seguirli e, attraverso tali binari investigativi, concentrarsi
sulla cattura del latitante. Questo sistema sta dando
risultati.
   Abbiamo realizzato negli ultimi mesi una splendida
collaborazione con gli altri organismi specializzati centrali
ed interprovinciali: lo voglio segnalare come un momento di
evoluzione che stiamo attraversando sul piano dell'attività
contro la criminalità organizzata. Con i colleghi degli altri
reparti specializzati, centrali ed interprovinciali, abbiamo
pianificato insieme il lavoro e la ripartizione dei programmi.
Vi sono alcuni personaggi che sono oggetto di attenzione
specifica da parte dei singoli uffici: in tal modo si evitano
quei doppioni che hanno indubbiamente creato qualche problema
nel passato. Oggi, ritengo che tale pericolo sia fortemente
ridotto.
  PRESIDENTE. L'onorevole Matteoli chiede di intervenire,
ma devo precisare che la sua interruzione è consentita
soltanto per porre una domanda.
  ALTERO MATTEOLI. Sì, si tratta soltanto di una domanda.
Dopo anni di scarsi risultati, dopo l'uccisione di Falcone e
di Borsellino, abbiamo finalmente ottenuto alcuni successi di
una certa rilevanza. Secondo voi, ciò è dovuto alle nuove
norme vigenti o ad una diversa struttura interna alle forze di
polizia?
  ACHILLE SERRA, Direttore dello SCO. Mi permetto di
sottolineare che risultati positivi sono stati ottenuti anche
in tempi non recentissimi e che catture di primario interesse
hanno preceduto la morte di Falcone e di Borsellino: ricordo,
per esempio, gli arresti di Madonia (non l'ultimo, ma quello
avvenuto a Palermo), di Vernengo, di Giuseppe Lucchese e di
altri.
   Indubbiamente, la recente normativa, in particolare quella
concernente i collaboratori di giustizia, è di grande aiuto
per il nostro lavoro. Oggi sta evolvendo una certa
impostazione e si stanno individuando gli obiettivi primari,
tra i quali la cattura dei latitanti, che ha richiamato
l'attenzione dell'opinione pubblica: tuttavia, vi è stato
anche un pizzico di fortuna in più, che è indispensabile nelle
indagini. La collaborazione con le altre forze di polizia,
inoltre, sta migliorando di giorno in giorno. Si tratta, per
grandi linee, di una serie di elementi che hanno consentito
importanti risultati, non solo nell'ultimo periodo ma anche da
un anno o due a questa parte.
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  ANTONIO MANGANELLI, Direttore della I divisione dello
SCO. In aggiunta alle osservazioni del dottor Serra, vorrei
sottolineare la particolare significatività delle innovazioni
normative in materia di collaboratori di giustizia. Le
associazioni mafiose - in particolare Cosa nostra, che
rappresenta il pericolo maggiore - sono segrete, hanno regole
segrete, strategie segrete, momenti decisionali che avvengono
in segreto, sono strutture assolutamente impermeabili: di
conseguenza, potremo conoscere certe proiezioni esterne di
Cosa nostra, scoprire un determinato traffico di droga,
catturare un personaggio che sta svolgendo un'estorsione, ma
potremo individuare le strategie, la pianificazione
dell'attività, l'aggressione alle istituzioni da parte di Cosa
nostra soltanto utilizzando il contributo di chi è dentro
l'organizzazione ed effettua importanti rivelazioni.
   Certamente, il contributo del collaboratore dissociatosi
dall'organizzazione di Cosa nostra dovrà attraversare il
vaglio dapprima degli investigatori e successivamente delle
verifiche processuali: è il tema dei riscontri oggettivi delle
dichiarazioni del collaboratore di giustizia, che
rappresentano un momento fondamentale della nostra attività.
Tuttavia, quel contributo va incentivato.
   Ritengo, quindi, che le innovazioni normative in materia
abbiano avuto una particolare importanza. Non a caso, dopo le
nuove norme sul fenomeno del pentitismo, la creazione di un
programma speciale per i collaboratori di giustizia, la
predisposizione nell'ambito della Criminalpol di servizi per
la protezione dei pentiti, non si sono più verificate morti di
persone legate da rapporti parentali con collaboratori di
giustizia. Si sono inoltre incentivati i contributi
particolarmente importanti di questi giorni, anche di persone
che avevano un ruolo di spicco nell'ambito
dell'organizzazione, che stanno parlando con i magistrati
delle direzioni distrettuali antimafia. Si tratta di un
momento importante: non a caso ho precisato che i
collaboratori stanno parlando con i magistrati delle direzioni
distrettuali antimafia. Finalmente abbiamo dei referenti
professionalmente in grado di recepire, comprendendole nel
vero senso della parola, quelle collaborazioni avendo quelle
chiavi di lettura e di comprensione che soltanto magistrati
che raccolgono esperienze di certe aree geografiche a densità
mafiosa e che si specializzano nel settore della lotta alla
criminalità mafiosa possono avere.
  PRESIDENTE. Il senatore Imposimato desidera porre una
questione specifica.
  MARCO TARADASH. Presidente, non potremmo ascoltare prima
tutti i dirigenti e poi rivolgere le domande?
  PRESIDENTE. Potrebbe essere utile porre subito domande
specifiche.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Prendendo spunto dall'ultima
operazione, desidero porre una domanda. Mi è sembrato che
siano state denunciate, per la partecipazione all'omicidio
Lima, alcune persone che al momento del fatto erano detenute.
La domanda che pongo è la seguente: è ancora alta la
percentuale di mafiosi che dall'interno del carcere
partecipano a fatti delittuosi, come l'omicidio di Lima?
Ripeto: tra i ventiquattro destinatari di mandati di cattura
risultano persone che erano in carcere al momento del fatto.
  ANTONIO MANGANELLI, Direttore della I sezione dello
SCO. Credo che un grande passo avanti sia stato fatto anche
in questo campo. Ridurre i contatti dei mafiosi detenuti con
il mondo carcerario rappresenta indubbiamente per noi un
momento ulteriore di azione di contrasto. Certamente, credo
che fin quando esisteranno i naturali permessi di colloquio
(sia pure in ambito parentale) e fin quando non si recideranno
(il che non potrà avvenire mai) i contatti fisici di queste
persone con altre che raggiungono il mondo esterno, sarà
assolutamente impossibile impedire a questi personaggi mafiosi
di avere rapporti con la realtà
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esterna. Perciò credo che sia compatibile sul piano
processuale la prospettazione di una diretta responsabilità di
un detenuto con un fatto criminoso avvenuto nel momento in cui
la persona era in stato di detenzione.
  LUIGI ROSSI. Chiedo la parola.
  MARCO TARADASH. Presidente, sarebbe opportuno ascoltare
prima gli altri funzionari, per avere un quadro più completo.
  PRESIDENTE. Se i colleghi desiderassero porre problemi
di carattere generale, la sua richiesta, onorevole Taradash,
sarebbe condivisibile.
   Onorevole Rossi, lei desidera porre una domanda specifica
in relazione alle ultime affermazioni del dottor Manganelli?
  LUIGI ROSSI. Avrei da porre un certo numero di domande.
  PRESIDENTE. In questo caso, le rivolgerà al termine
della esposizione dei dirigenti della Polizia di Stato. Mi
sembra che il senatore Calvi volesse invece porre un quesito
specifico.
  MAURIZIO CALVI. Vorrei chiedere innanzitutto se
l'effetto della cattura dei latitanti derivi esclusivamente
dal cuneo del pentitismo oppure se sia effetto di un sistema
informativo al di fuori dell'uso dei pentiti.
   La seconda domanda è questa: quale tipo di rapporto,
sempre a proposito della cattura dei latitanti, esiste tra il
vostro servizio e il SISDE, che offre delle informative?
Vorrei capire quale sia in questa fase storica il rapporto tra
il SISDE ed il Servizio centrale operativo, che mi sembra
essenziale ai fini della cattura dei latitanti.
  ACHILLE SERRA, Direttore dello SCO. Alla prima
domanda risponderò io, alla seconda il dottor Manganelli.
   La cattura del latitante non può essere schematizzata. Può
avvenire per la collaborazione del pentito, per una indagine
diretta su quel latitante o nel corso di una più vasta
indagine che riguarda l'associazione criminosa, come prima
segnalava il dottor Manganelli.
   Forse, per inquadrare il mondo in cui si muove il
latitante, può essere utile la collaborazione del cosiddetto
pentito. Nella mia esperienza non ho mai potuto verificare
alcun diretto riscontro tra le dichiarazioni del pentito e la
cattura del latitante. Per essere chiari, nessun pentito ci ha
mai dato l'indirizzo del latitante, né avrebbe potuto darlo.
Dove si trovi Giuseppe Madonia lo sanno lui e altre due
persone al massimo; come si muova Vernengo e dove si trovi, lo
sanno lui, la moglie e altre due persone. Certamente, non lo
sa il pentito, che quasi sempre è da un anno o due (o
addirittura sette) in carcere. Però il pentito ci aiuta a
ricostruire l'ambiente.
   Poi, come dicevo, la cattura del latitante può nascere da
un'indagine diretta, da intercettazioni telefoniche, dal
pedinamento di familiari, nonché dall'investigazione a più
largo raggio sull'associazione per delinquere e quindi dalla
penetrazione nell'ambito dell'associazione.
  ANTONIO MANGANELLI, Direttore della I sezione dello
SCO. Sui rapporti tra il SISDE e il nostro servizio, devo
dire che nel momento in cui i nostri apparati hanno attivato
nuove forme di penetrazione nel campo della criminalità
organizzata abbiamo intensificato una collaborazione che per
altro è sempre esistita, nel senso che abbiamo sempre
sviluppato notizie che venivano da fonti informative dei
nostri servizi. In quest'ultimo periodo, questa forma di
collaborazione si è andata intensificando perché il SISDE ha
destinato nuovi uffici, nuovi mezzi e più personale a questo
tipo di problemi. Devo dire che qualche risultato è stato già
raggiunto e qualche cosa che stiamo facendo insieme può
portare, anche in tempi non particolarmente lunghi, a
risultati positivi. In genere il SISDE acquisisce
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 informazioni su personaggi o su ambienti, ce le segnala e
noi le sviluppiamo investigativamente, comunicando queste
informazioni all'autorità giudiziaria quando appare necessaria
la predisposizione di strumenti giuridici per l'evoluzione di
tali spunti investigativi. Tutto ciò, però, senza mai perdere
contatto con la fonte informativa sia perché lo sviluppo di
questi spunti investigativi in genere si avvale della
continuazione della collaborazione da parte della fonte, sia
per far camminare su un binario parallelo l'attività
informativa in senso stretto e l'attività investigativa.
Questo modo di procedere sta già dando risultati.
  PRESIDENTE. Per consentire ai colleghi senatori di
partecipare alle votazioni che stanno per avere luogo al
Senato, sospendo la seduta fino alle 10,30.
La seduta, sospesa alle 10,10, è ripresa alle
10,50.
  PRESIDENTE. Poiché sono già le 10,50 ed i colleghi del
Senato non sono ancora tornati, propongo di riprendere i
nostri lavori, dando la parola al dottor Pansa, direttore
della II divisione del Servizio centrale operativo.
  ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello
SCO. Signor presidente, prima di entrare nel vivo degli
argomenti che tratterò, vorrei chiedere, allorquando mi
soffermerò sulla metodologia dell'indagine sul riciclaggio di
denaro sporco, la seduta segreta.
  PRESIDENTE. In questo momento mi giunge notizia che i
colleghi del Senato sono ancora impegnati in votazioni.
Propongo pertanto di proseguire l'audizione odierna giovedì
prossimo, alle 9,30, prima che la Commissione ascolti i
rappresentanti della DIA, per consentire ai colleghi del
Senato di rivolgere tutte le domande che riterranno opportune.
  ACHILLE SERRA, Direttore dello SCO. Signor
presidente, posso confermarle fin da ora la nostra
disponibilità.
  ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello
SCO. L'ufficio da me diretto svolge indagini sulle attività
finanziarie della criminalità organizzata, con particolare
riguardo al fenomeno del riciclaggio, e sui cosiddetti
computers crimes. Esso è articolato in due sezioni: la
prima si occupa del problema del riciclaggio, la seconda
indaga sui crimini informatici. Questi ultimi certamente non
interessano la Commissione, mentre ritengo che per voi sia di
maggiore interesse l'attività svolta dalla prima sezione.
   Noi svolgiamo direttamente, o su richiesta dell'autorità
giudiziaria, indagini sul fenomeno del riciclaggio. Da poco
all'interno della divisione è stato costituito un gruppo, che
ha ricevuto un addestramento specialistico, che si occupa di
accertamenti patrimoniali. Il personale che fa parte della mia
divisione è altamente specializzato ed ha frequentato, oltre
ai corsi svolti nella struttura della Polizia di Stato, corsi
di aggiornamento e di specializzazione tenuti presso strutture
private, nelle materie economiche e nel campo
dell'informatica.
   Per quanto riguarda gli accertamenti patrimoniali e le
misure di prevenzione, stiamo predisponendo un analogo corso
di specializzazione, che dovrebbe iniziare all'inizio del
prossimo anno, finalizzato allo svolgimento non soltanto
dell'attività investigativa diretta ma anche, in relazione ad
essa, a quella degli accertamenti patrimoniali. Abbiamo
infatti accertato la seguente situazione: quando svolgiamo
indagini nel settore della criminalità organizzata,
soprattutto per quanto concerne il riciclaggio, individuiamo
grandi patrimoni, realtà economiche estremamente ampie.
Cessata però l'attività investigativa, quella cioè
tecnicamente giudiziaria, il bagaglio di informazioni raccolte
passa ad altri uffici che non sono stati coinvolti
nell'attività investigativa e che devono gestire la fase degli
accertamenti patrimoniali. Spesso però si rischia, soprattutto
in presenza di indagini di enormi dimensioni, di perdere
alcune informazioni, ossia una serie di dati, nel momento in
cui si adottano le misure di
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prevenzione, per cui alcune volte si disperde il patrimonio
acquisito in sede investigativa. Per tale motivo stiamo
predisponendo un gruppo che possa, in una fase successiva alle
indagini, affiancare l'autorità locale di pubblica sicurezza
(le misure patrimoniali possono essere disposte dal questore e
non da noi) per lo sviluppo degli accertamenti patrimoniali
connessi a personaggi oggetto di indagini.
   Negli ultimi tempi abbiamo conseguito, nella lotta al
riciclaggio di denaro sporco, una serie di successi che ci
hanno consentito di verificare quale sia lo sviluppo di tale
fenomeno nell'ambito delle attività svolte dalla criminalità
organizzata. Le operazioni più importanti, attraverso le quali
abbiamo potuto conoscere determinate realtà (a parte le
operazioni riguardanti i Contrera ed i Caruana che sono state
avviate molti anni addietro e che solo negli ultimi tempi sono
venute alla luce con l'espulsione e l'arresto di questi
personaggi), sono quelle concernenti i casinò francesi, dove
infiltrazioni della criminalità organizzata italiana stavano
proiettandosi (un importante riciclatore milanese riciclava,
per conto del clan Madonia di Resuttano, ingenti somme di
denaro provenienti dal traffico degli stupefacenti) e la più
recente, denominata Green ice, che ci ha permesso di
individuare canali finanziari e metodologie di riciclaggio
poste in essere dalle organizzazioni criminali estere, come
quelle colombiane operanti in Italia, e da correlati gruppi
criminali italiani in tutte e tre le aree geografiche di
maggior diffusione criminale, ossia Calabria, Campania e
Sicilia.
   Uno dei dati principali che emerge dalle nostre indagini è
che i reati di riciclaggio e di reinvestimento di capitali,
previsti dagli articoli 648-bis e 648-ter del
codice penale, sono di difficilissima dimostrazione.
Statisticamente il numero delle persone indagate per questo
tipo di reati è bassissimo in Italia, condanne non ne esistono
e la possibilità di giungere alla dimostrazione attraverso un
iter investigativo di tutti gli elementi che consentano
l'incriminazione dei soggetti coinvolti è molto complesso,
prevedendo la normativa una sorta di probatio diabolica.
Il riciclatore, infatti, per essere perseguito non
necessariamente deve concorrere nel reato dal quale deriva la
ricchezza, ma deve essere a conoscenza con precisione della
provenienza del denaro e da quale tipo di reato provenga.
   Le fattispecie criminose produttrici di ricchezza sono
limitate al traffico degli stupefacenti, ai sequestri di
persona a scopo di estorsione, alle rapine, alle estorsioni
aggravate. In qualche modo il fenomeno è estremamente più
ampio però i limiti della nostra attività investigativa sono
scanditi da queste regole del diritto sostanziale.
  PRESIDENTE. Lei cosa proporrebbe, sulla base della sua
esperienza, come verifica della normativa a proposito degli
articoli 648-bis e 648-ter?
  ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello
SCO. Prima di tutto allargare la base dei reati.
  ROMEO RICCIUTI. Il gioco d'azzardo e il lotto
clandestino non c'entrano in tutto ciò?
  ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello
SCO. Assolutamente no, ma neanche il traffico delle armi,
neanche la corruzione, così come altri tipi di reato, come il
contrabbando di sigarette, che comunque in Italia, pur se da
un certo punto di vista è un reato che non preoccupa in sé e
per sé, quando è gestito dalle organizzazioni criminali
rappresenta sicuramente una grossa fonte di guadagno.
   Nella nostra realtà investigativa verifichiamo come i
gruppi criminali intervengano nelle gare d'appalto. Quello che
guadagnano in una gara d'appalto illegale non è denaro che può
essere riciclato tecnicamente. Qualsiasi cosa essi ne
facciano, colui che gestisce questo capitale illecitamente
guadagnato non commette il reato di riciclaggio. Infatti,
commette reato di riciclaggio colui che è a conoscenza
                         Pag. 157
 che il denaro da riciclare proviene, ad esempio, da una
estorsione aggravata. Egli potrebbe, ad esempio, confessare ma
dire che non sapeva che si trattasse di una estorsione
aggravata.
  PRESIDENTE. L'articolo 648 non copre abbastanza?
  ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello
SCO. Tutto il resto è coperto dall'articolo 648, quando c'è
la ricettazione. Però non è sempre semplice dimostrare la
ricettazione di denaro, perché spesso il riciclatore non
diventa possessore del denaro ma crea semplicemente un
mascheramento alla provenienza.
   Il delitto di riciclaggio è essenzialmente individuato
nella forma del mascheramento e dell'occultamento non soltanto
del capitale ma anche della provenienza: colui che
materialmente non diventa possessore del denaro ma emette, ad
esempio, una fattura per dimostrare un credito a favore di un
mafioso (quindi esigere quel credito significa arricchirsi),
crea una fonte legittima ad un denaro di illecita provenienza.
Questa persona non è mai entrata in possesso di quel denaro e
non è, quindi, punibile se non in riferimento alla
falsificazione di fatture.
   Questo è il primo dato che ci pone grosse difficoltà,
tanto è vero che la nostra attività investigativa si è evoluta
negli ultimi tempi anche con metodologie investigative tali da
consentirci di superare questo tipo di ostacoli. Faccio un
esempio: nelle prime due indagini, dove era evidentissima
l'attività di riciclaggio e di reinvestimento di capitali,
quelle che riguardano i casinò e Giuseppe Lottusi, arrestato a
Milano nel 1990...
  MASSIMO BRUTTI. E' quello che aveva le scuderie?
  ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello
SCO. E' esatto. A nessuno di costoro è stato contestato il
reato previsto dagli articoli 648-bis e 648-ter
del codice penale. A Lottusi è stato contestato il reato di
concorso in traffico di stupefacenti, e speriamo che regga
fino alla fine del dibattimento. Per quanto riguarda invece la
vicenda del casinò di Sanremo, sono stati contestati reati di
minore gravità, essendo caduta dal punto di vista giudiziario
l'imputazione del reato previsto dall'articolo 416-bis,
in quanto non era possibile dimostrare la provenienza diretta
del denaro che veniva investito dalla camorra nel sud della
Francia per acquistare alcuni casinò. Questo è uno dei
principali motivi per i quali abbiamo grosse difficoltà nello
svolgere questo tipo di attività investigativa.
   L'altra constatazione che deriva dalla nostra esperienza è
dovuta al fatto che l'esame dei circuiti finanziari attraverso
i quali circola il denaro sporco è quasi sempre inutile, nel
senso che non ci consente di raccogliere la prova del reato.
Proprio in riferimento al caso Lottusi abbiamo verificato che
attraverso l'analisi dei flussi finanziari di tutta la sua
attività, legale ed illegale (costui faceva esportazioni di
valuta illegale, falsificazione delle fatture), non riuscivamo
a dimostrare la responsabilità del reato, se non una serie di
violazioni di carattere valutario e fiscale. Il circuito del
denaro sporco di cui avevamo traccia fino ad un certo punto
(nella fase iniziale e terminale) non si poteva ripercorrere
per intero, in quanto, da esperto qual era, egli lo
interrompeva ad un certo punto trasportando il denaro al di
fuori del circuito finanziario.
   Il sistema era estremamente semplice. Noi avevamo prove
documentali e testimoniali della consegna a questo personaggio
da parte del clan Madonia di Palermo di 12 miliardi e mezzo.
  ALFREDO GALASSO. Un certo Carollo o Corallo?
  ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello
SCO. No, no. Il clan Madonia. Il tramite erano i fratelli
Galatolo dell'Acqua Santa di Palermo.
   Come dicevo, avevano consegnato il denaro a Lottusi. La
stessa somma la
                         Pag. 158
ritrovavamo a Los Angeles, negli Stati Uniti, da dove poi era
trasferita ai trafficanti di cocaina colombiani; ma non
riuscivamo a ripercorrere l'iter dalle mani di Lottusi fino ai
colombiani. Lottusi portava il denaro in Svizzera e da qui non
lo immetteva immediatamente nel circuito finanziario ma lo
spediva per posta, in pacchi contenenti ciascuno 250 milioni,
da una società di Chiasso ad una banca di Ginevra. Pertanto il
circuito postale, che creava un anello della catena
finanziaria, interrompeva la conoscenza.
  PRESIDENTE. Da Chiasso a Ginevra?
  ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello
SCO. Sì, li spediva.
  VITO RIGGIO. Poi la banca di Ginevra li girava.
  ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello
SCO. Poi la banca di Ginevra operava.
  ALFREDO GALASSO. In pratica le banconote.
  ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello
SCO. Sì, spediva il pacco. Avevano molta fiducia nelle
poste svizzere, probabilmente con le poste italiane non
l'avrebbero mai fatto.
   Grazie ai rapporti di collaborazione che abbiamo con le
autorità svizzere ed in particolare con la polizia e la
magistratura di Lugano, siamo riusciti a trovare la prova.
Infatti, la magistratura di Lugano non soltanto ci ha
consentito di svolgere accertamenti presso la finanziaria e
presso la banca, dalla quale non è uscito assolutamente
niente, ma si è assunta l'impegno di interrogare, in maniera
anche abbastanza brutale dal presidente all'ultimo degli
uscieri della società finanziaria e della banca, fino a quando
una segretaria non ha svelato il mistero dicendo che questo
signore, titolare di un conto corrente sul quale erano
depositati pochissimi soldi, più di una volta aveva chiesto di
poter effettuare delle spedizioni di pacchi, di cui abbiamo
trovato le ricevute.
   Come dicevo in precedenza, l'esame dei flussi finanziari
spessissimo non consente di individuare il denaro sporco anche
in presenza di informazioni precise. Se si pensa di svolgere
un'indagine dall'alto, senza partire dal dato investigativo,
cioè dal reato dal quale ha origine il denaro sporco, le
indagini condotte in virtù degli articoli 648-bis e
648-ter sono destinate all'insuccesso. L'unico modo che,
come abbiamo verificato grazie alle nostre indagini, può
consentire un successo in questo senso è l'immissione del
denaro contante nel circuito finanziario. Attraverso
l'indagine Green ice abbiamo constatato che le
organizzazioni criminali incontrano una certa difficoltà ad
immettere il denaro contante, quando questo è in grossi
quantitativi, nei circuiti finanziari.
   Nel momento in cui il denaro entra nel circuito
finanziario, nella mia organizzazione del lavoro io rinuncerei
all'indagine, perché in ogni caso non sarebbe possibile
dimostrare il reato stesso. Ciò ha richiesto un ampliamento
delle nostre attività e metodologie investigative. Su queste
ultime - se la Commissione è interessata a conoscerle - posso
soffermarmi, con l'avvertenza che si tratta di una materia
riservata.
  PRESIDENTE. Sta bene. Da questo momento i nostri lavori
continuano in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del
circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo.
   Do la parola al dottor Cirillo.
  FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione
dello SCO. Dirigo la III divisione del Servizio centrale
operativo, denominata nucleo centrale per il coordinamento
                         Pag. 159
 operativo e l'organizzazione, che è suddivisa in più
sezioni. L'attività precipua svolta consiste nella gestione,
in diretta collaborazione con la Direzione centrale per i
servizi antidroga, delle indagini antidroga della Polizia di
Stato e dei centri interprovinciali della Criminalpol -
esistenti sul territorio - nonché nel coordinamento delle
attività investigative delle strutture territoriali della
Polizia di Stato.
   Poiché, però, l'Italia non è tutta mafia, interveniamo
come Servizio centrale operativo anche nelle situazioni di
estrazione o natura non propriamente mafiosa. Mi riferisco ai
sequestri di persona, che non sono, almeno la stragrande
maggioranza delle volte, di estrazione mafiosa, oppure ai casi
dei cosiddetti mostri, purtroppo recenti.
   Per disposizioni impartite dal nostro vertice tecnico,
siamo disponibili a dare supporto - sia di esperienze (anche
materiali) sia di uomini - alle strutture periferiche che ne
hanno bisogno. Poichè non tutte sono assimilabili alla squadra
mobile di Milano o di Roma, non hanno la possibilità di
utilizzare strumenti tecnologicamente avanzati e personale
altamente qualificato dal punto di vista professionale.
   Per quanto riguarda le indagini sul versante antidroga, il
capo della polizia ha ritenuto di costituire nell'ambito del
Servizio centrale operativo ciò che esiste presso la Guardia
di finanza e l'Arma dei carabinieri, cioè un vertice
investigativo - meglio coordinativo - antidroga in grado di
distribuire e indirizzare le indagini delle proprie strutture
avendo un rapporto diretto con la Direzione centrale dei
servizi antidroga.
   Noi, attraverso questo continuo contatto, gestiamo le
operazioni relative alla droga e interveniamo nelle operazioni
anche in prima persona: risale a quattro giorni fa il
sequestro a Roma, per altro ancora non pubblicizzato, di 40
chilogrammi di cocaina proveniente dal Sud America, che ha
interessato il porto di Genova e si è sviluppato lungo la
penisola. Abbiamo svolto un servizio di osservazione e
pedinamento da Genova a Roma conclusosi con il sequestro,
appunto, di 40 chilogrammi di cocaina, all'85 per cento di
purezza, ed il successivo arresto di 7 componenti
l'organizzazione crimonosa. Interveniamo direttamente sia
nella gestione, nel compimento e nella realizzazione di tali
operazioni antidroga, sia nel fornire supporto alle strutture
periferiche. Gli agenti sotto copertura non si improvvisano da
un giorno all'altro e nella nostra struttura lavora personale
che compiva queste operazioni da tempo, già prima che la
normativa lo consentisse. Dicevo che attraverso i contatti
costanti (probabilmente, nell'ambito dei colleghi del Servizio
centrale operativo io sono quello che più gira per l'Italia e
mantiene i rapporti; il direttore Serra muove la testa ...
forse solo lui mi batte, perchè lui è il "venditore di
saponette" per l'Italia) forniamo alle strutture investigative
il materiale umano - mi rendo conto che è un brutto termine -
rappresentato dagli ispettori di polizia che svolgono le
operazioni sotto copertura. Con l'avvento della nuova
normativa antidroga e della recente organizzazione riteniamo
di aver ottenuto risultati discreti su questo fronte, tanto
più se si considera che il nostro servizio è presente in quasi
tutte le oprazioni di contrasto. Questo non avviene sempre
palesemente: certo, qualcosa facciamo palesemente, e quindi la
nostra opera è oggetto di pubblicità, ma nello svolgimento di
molte operazioni interveniamo in funzione di soccorso occulto,
per dare una mano alle strutture territoriali. Penso che non
esista un'operazione di contrasto al traffico degli
stupefacenti in cui non sia stato presente il Servizio
centrale operativo con il suo personale.
   Questa è l'attività svolta dalla mia divisione.
  PRESIDENTE. Come sono i rapporti con il Servizio
antidroga della Direzione centrale?
  FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione
dello SCO. Sono di grande collaborazione...
                         Pag. 160
PRESIDENTE. Non mi dica "ottimi" perché lo dicono tutti...
  FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione
dello SCO. Dico veramente ottimi e le spiego il motivo.
Nell'ultima operazione, da me citata poc'anzi, si è registrata
una piccola difficoltà di coordinamento, un termine
quest'ultimo a cui bisogna dare sempre un contenuto.
   Poiché la Guardia di finanza non era sicura di poter far
passare il carico attraverso il porto di Genova - nel senso
che gli ufficiali avevano cominciato a "guardare" troppo i
sette macigni di granito che venivano portati fuori dal porto
- con l'intervento sul campo della Direzione centrale
antidroga siamo riusciti a bloccare la manovra, evitando di
mandare a monte l'intera operazione.
   E' una grande collaborazione, anche perché si tratta di
persone che da anni svolgono questo lavoro e ne conoscono
tutte le difficoltà.
  PRESIDENTE. Per quanto riguarda la possibilità di far
circolare la sostanza stupefacente per l'Italia al fine di
individuare la rete dei trafficanti, avete necessità di
esercitare pressioni particolari nei confronti delle varie
magistrature o dei corpi di polizia, per far intendere il
senso dell'operazione? Oppure riscontrate una disponibilità
spontanea ed immediata?
  FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione
dello SCO. In genere, quando le notizie circolano, vi è una
disponibilità spontanea. I problemi sorgono quando ci si trova
di fronte ad attività furbesche, nel senso che dicendo
qualcosa a qualcuno, costui possa pretendere di inserirsi.
   Per la verità, su tutto il territorio nazionale da parte
della magistratura abbiamo riscontrato una grandissima
disponibilità, anche nella ricerca di una soluzione
avveniristica ed impensabile; addirittura ci siamo trovati
dinanzi a casi in cui ci è stato detto "perdete 4 chilogrammi
di stupefacenti, perché l'importante è mandare in galera
l'organizzazione!".
   Per noi, l'applicazione della nuova normativa è
sicuramente positiva sia per i risultati ottenuti, sia
soprattutto per le notizie che circolano attraverso le
strutture e gli organismi centrali.
  PRESIDENTE. Rispetto alla quantità di sostanza
stupefacente circolante in Italia, al suo grado di purezza ed
al costo, qual è l'effetto prodotto dalle operazioni di
sequestro da voi eseguite? Avete compiuto una valutazione?
Insomma, tutto ciò incide o no sul mercato?
  FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione
dello SCO. Sicuramente incide. Non so se il tutto sia
rapportabile alle nuove condizioni di frontiera attualmente
esistenti in Italia.
   Essendosi aperta la frontiera con l'Est, siamo stati
(speriamo vi sia un freno delle frontiere iugoslave e
turche...
  PRESIDENTE. Speriamo per ragioni diverse da quelle
attuali.
  FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione
dello SCO. Certo, speriamo. Dicevo, siamo stati invasi da
eroina turca, per altro di pessima qualità, il che incide
sulla mortalità per ragioni di tossicodipendenza.
   C'é sicuramente un flusso maggiore di cocaina proveniente
dai paesi del Sud America. L'operazione di cui parlava il
collega Pansa ci ha consentito di capire che i colombiani
trafficano in cocaina e raffinano l'eroina. Si apre quindi un
nuovo mondo.
  PRESIDENTE. Il papavero viene coltivato lì?
  FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione
dello SCO. Sì. Cambiano, quindi, gli schemi che
conoscevamo.
  PRESIDENTE. Mi scusi, dottor Cirillo, ma non ho ben
compreso. Le grandi operazioni hanno effetto sul mercato?
Riuscite a registrare un effetto sul mercato oppure no? Ripeto
la domanda
                         Pag. 161
perché gli unici effetti riguardano il rallentamento delle
quantità in circolazione, l'aumento del taglio o l'incremento
del prezzo.
  FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione
dello SCO. Mi interesso delle indagini per aree geografiche
e sicuramente una flessione temporanea c'é.
  PRESIDENTE. Avete compiuto rilevazioni?
  FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III sezione dello
SCO. Non spetta a noi fare le rilevazioni ma alla direzione
centrale del servizio, che opera il monitoraggio sul tutto.
  PRESIDENTE. Invito i colleghi che intendano rivolgere
domande ad essere concisi, anche perché giovedì 29 avrà luogo
il seguito dell'audizione dei dirigenti dello SCO.
  LUIGI ROSSI. Ciò che mi interessa in modo particolare è
il rapporto tra politica e mafia; essendo scoppiato il caso
Lima, di cui oggi parlano tutti i giornali, desidero sapere
quali ulteriori sviluppi si prevedano perché certamente tale
caso non rimarrà isolato.
   Si è anche parlato di magistrati ed è per questo che
chiedo se nel caso Lima ne siano coinvolti; in particolare se
sia vero che Lima mantenesse i contatti soprattutto con i
magistrati dei livelli superiori. Chiedo inoltre se i
collaboratori della giustizia, i cosiddetti pentiti, oggi
godano di maggior credito rispetto a ieri, quando alcuni
magistrati di Cassazione, come abbiamo letto sui giornali,
dichiaravano che i pentiti non avevano alcuna possibilità di
essere creduti perché su di essi non si poteva fare
affidamento.
   Infine, per quanto riguarda il riciclaggio, vorrei sapere
se i mezzi attualmente a disposizione (articoli 648-bis,
648-ter eccetera) siano sufficienti o se non sia
opportuno aumentare l'intensità degli interventi ovvero se non
si renda necessario approvare nuove leggi contenenti
disposizioni completamente nuove.
  GIROLAMO TRIPODI. Ho ascoltato con molta attenzione i
dirigenti del Servizio centrale operativo, così come con
eguale attenzione ho ascoltato nella seduta precedente i
rappresentanti dei GICO della Guardia di finanza e dei ROS dei
carabinieri; e ne deduco che ci troviamo di fronte a servizi
che presentano varie analogie dal punto di vista dell'impegno
e dell'intervento investigativo contro la criminalità.
Pertanto la prima domanda che intendo rivolgere riguarda la
questione del coordinamento: è mai accaduto che la vostra
azione o quella dei GICO o dei ROS si siano sovrapposte su uno
stesso caso, dando così luogo ad uno spreco di forze e di
energie?
   Se ciò è avvenuto o se può accadere, mi chiedo come sia
possibile superare tale ostacolo. Siete in grado di fornire
alla Commissione suggerimenti che consentano di superarlo?
   Un'altra questione fa riferimento alle indagini
patrimoniali. Sono venuto a conoscenza del fatto che in questo
periodo si sta svolgendo un corso di specializzazione per le
indagini patrimoniali. Se ho ben interpretato le parole del
dottor Pansa, fino ad oggi non c'era un settore della Polizia
di Stato che si occupasse specificatamente di questo problema,
e il fatto mi meraviglia perché, se si vuole vincere la
battaglia contro la mafia, la lotta va condotta contro gli
arricchimenti illeciti. Se da una parte sono stati compiuti
molti passi in avanti contro il traffico degli stupefacenti,
qualche ritardo si nota sul versante delle indagini
patrimoniali. Perché questo ritardo?
   L'ultima questione riguarda le varie organizzazioni
criminali presenti nel nostro paese. Da quanto ci hanno detto
questa mattina i dirigenti dello SCO, sembra che l'attenzione
maggiore degli investigatori sia rivolta a Cosa nostra, ma non
vorrei che ciò significasse dimenticare il fenomeno della
'ndrangheta. Certamente tale organizzazione è meno pericolosa
                         Pag. 162
 di quanto non sia Cosa nostra in Sicilia, ma mi chiedo se la
lotta alla criminalità organizzata non debba essere condotta a
tappeto su tutto il territorio nazionale, naturalmente
avvalendosi delle forze a disposizione. In sostanza, chiedo
che l'attenzione degli investigatori non si limiti ai fatti
clamorosi che si verificano in Sicilia.
  MARIO BORGHEZIO. Signor presidente, che il nodo fra alta
finanza, banche e criminalità organizzata, e specificatamente
organizzazioni mafiose, fosse centrale lo si poteva capire già
quando nell'imperversare del fenomeno dei rapimenti di
persona, gestito direttamente dalla mafia, si è notato - poco
in Italia ma molto di più all'estero - che in realtà non
venivano mai colpiti né gli uomini delle banche né quelli
dell'alta finanza, salvo casi eccezionali, tutti finiti
eccezionalmente (non certo per i rapiti ma per i rapitori).
   Alla luce di tali osservazioni, la cui importanza è stata
ben sottolineata dal dottor Pansa nel suo intervento,
rivolgerei a quest'ultimo alcune domande. In primo luogo,
vorrei sapere se non ritenga che i corsi di formazione,
necessari per i funzionari della Polizia di Stato ma anche per
gli altri corpi e per i magistrati, debbano attualmente
comprendere anche dei training presso le banche d'affari
di Londra e di New York, per essere all'altezza delle tecniche
più sofisticate.
   In ordine alla problematica del riciclaggio tramite i
casinò italiani e francesi, vorrei sapere se si svolgano
indagini sulle banche privilegiate nelle operazioni di usura
legate al gioco d'azzardo e se sia vero che alcune di esse
siano popolari. Vorrei sapere inoltre se siano attuati
controlli sui tecnici italiani più qualificati e noti che si
occupano della collocazione di capitali e di pacchetti
azionari nei "paradisi fiscali". Pare che in Italia vi siano
alcuni tra i migliori esperti mondiali in questo campo; vorrei
sapere, ripeto, se si stiano svolgendo indagini su tali
personaggi.
   Domando anche se alle riunioni periodiche dell'ABI sulla
criminalità vengano chiamati a partecipare - come io
desidererei che avvenisse - gli alti esponenti delle forze di
polizia. Ritenete utile estendere il controllo delle banche
sui bonifici superiori ai venti milioni di lire (mi pare che
attualmente sia escluso)? Non ritenete necessario un
coordinamento specifico (a meno che non mi diciate che
qualcosa del genere già avviene), più organico ed
istituzionalmente previsto, fra i vari organi amministrativi,
di polizia e di vigilanza sul tema del riciclaggio?
   Giudicate sufficienti - o in che misura andrebbero
modificate - le norme in base alle quali gli impiegati di
banca devono segnalare le operazioni sospette? Personalmente
ritengo che gli impiegati di banca non abbiano oggi né
riferimenti chiari dalle proprie amministrazioni sulla
metodologia da seguire né la preparazione tecnica necessaria.
Mi sembra una normativa simile alle gride manzoniane.
   Vorrei poi un giudizio sia in merito all'entità ed alla
qualità delle segnalazioni pervenute finora agli organi di
polizia dalle banche in ordine ai fenomeni di riciclaggio sia
sulla diversa tipologia di queste segnalazioni fra le diverse
banche esistenti nelle varie regioni d'Italia; in sostanza,
vorrei sapere se vi siano banche sospette in ordine a tale
aspetto. Gradirei inoltre un parere sulle banche popolari.
   Ritenete necessario svolgere particolari controlli in
ordine al riciclaggio negli appalti autostradali e, in
particolare, in quelli che stanno per iniziare in relazione
alla costruenda autostrada del Frèjus, cioè in una zona di
forte penetrazione mafiosa? Ricevete rapporti periodici dalla
CONSOB? In caso di risposta negativa, non ritenete opportuno
che siano istituzionalmente stabiliti e sollecitati,
eventualmente con l'intervento di questa Commissione?
   Infine, come già fatto per le altre forze di polizia,
domando se vi siano elementi concreti in ordine a contatti e
rapporti fra le organizzazioni mafiose ed i fenomeni di
migrazione irregolare di extracomunitari,
                         Pag. 163
 in particolare per quanto riguarda lo spaccio di droga, il
traffico di documenti falsi ed il contrabbando.
  PRESIDENTE. A questo punto, dobbiamo dare al dottor
Pansa il tempo di consultare l'Enciclopedia britannica...
  MASSIMO SCALIA. Sostanzialmente devo rivolgere solo due
domande, una delle quali già formulata dal senatore Calvi a
proposito dei rapporti con il SISDE; vorrei capire meglio
quale sia l'efficacia penetrativa dell'informazione SISDE,
perché la risposta che ho sentito mi è parsa un po'
diplomatica. Gradirei che si tornasse un attimo su questo
aspetto molto interessante, in quanto ho sentito troppe volte
usare l'aggettivo "parallelo", che non mi convince molto.
  PRESIDENTE. Sia il SISDE sia il SISMI hanno nuclei
specifici, in base ad una recente legge.
  MASSIMO SCALIA. Vorrei appunto capire un po' meglio
quest'aspetto.
   In base all'organigramma di cui disponiamo e a quanto ho
ascoltato dai dirigenti dello SCO, mi pare manchi - forse mi
potrà rispondere il dottor Pansa - una apposita sezione che si
occupi degli abusi sul territorio e dei danni ambientali.
Abbiamo visto in questi anni che la speculazione edilizia e
gli appalti per le grandi opere pubbliche (un caso per tutti è
rappresentato dalla centrale ENEL di Gioia Tauro, ma ha
riguardato anche dighe, strade ed autostrade) hanno
rappresentato l'occasione per un circuito abbastanza noto che
ha visto protagonista la criminalità organizzata e che ha come
effetto da un lato il momento terminale del riciclaggio e
dall'altro danni ambientali, alla collettività ed al
territorio. Chiedo se vi sia l'intenzione di organizzare una
particolare sezione che, "leggendo" il territorio, segua le
compenetrazioni del circuito criminale.
   La seconda domanda è rivolta al dottor Cirillo. Per quanto
concerne la repressione del traffico degli stupefacenti,
vedendo i film americani si deduce che un'unica organizzazione
incaricata di questa funzione sembrerebbe più efficace di un
coordinamento. Dall'esposizione del dottor Cirillo mi è parso
di capire che esistono diverse strutture che poi, al più, si
possono coordinare tra di loro e che fanno riferimento a
diverse forze; forse ho capito male e quindi gradirei alcuni
chiarimenti per comprendere se esista già un'unica struttura
incaricata della repressione del traffico degli stupefacenti,
se si stia andando in questa direzione e quali siano le
differenze rispetto ad altri ordinamenti.
   Il dottor Cirillo ha accennato ad un forte traffico di
stupefacenti provenienti da Est, dalla Turchia; vorrei sapere
- se è arrivata a me, deve trattarsi di una voce pubblica - se
sia vero che all'interno di questo flusso qualcuno usi il
contrabbando di sigarette come un diversivo, spostando
l'approdo degli stupefacenti dalle coste pugliesi a quelle
romagnole. Forlì sarebbe uno dei centri più impegnati nella
diffusione. Ripeto che si tratta di notizie di cui non conosco
la validità, per cui vorrei avere qualche informazione in
merito, sempre che ciò non contravvenga ad un vincolo di
segretezza.
  MASSIMO BRUTTI. Vorrei rivolgere alcune domande che si
riferiscono a persone attualmente sottoposte a procedimenti
giudiziari; non so quindi se sia il caso di formularle in
seduta segreta.
  PRESIDENTE. Eventualmente ciò può valere per le
risposte. Se però preferisce rivolgere le domande in via
riservata, può farlo.
  MASSIMO BRUTTI. No, grazie, signor presidente.
   La prima domanda si riferisce alla posizione di una
persona generalmente considerata potente in Sicilia e a
Palermo, cioè il commercialista Giuseppe Mandalari. Vorrei
sapere quale sia attualmente la sua situazione processuale e
quali elementi esistano in relazione a sue
                         Pag. 164
attività in ordine a quelle economiche e finanziarie che
fanno capo a Cosa nostra.
   La seconda persona riguardo alla quale chiederei
informazioni che si riferiscono specificamente alla
disponibilità di beni e di attività finanziarie è Vito
Ciancimino. Vi è stata, a proposito di questo soggetto, una
lunga, lunghissima, estenuante vicenda di rinvii del
procedimento per le misure di prevenzione. Cosa risulta a tale
proposito?
   Infine, la terza persona è ben nota alle cronache
italiane; all'inizio di quest'anno, se non ricordo male, è
stata inviata dall'autorità giudiziaria di Palmi una
comunicazione di garanzia al noto Licio Gelli per associazione
a delinquere di tipo mafioso e per traffico di armi. In una
recente intervista, egli ha detto tra l'altro ancora una volta
- si tratta di un'espressione da lui usata più volte - di
essere stato e di essere un banchiere senza licenza. Esistono
elementi relativi ad una specifica attività del Gelli in
ordine ad operazioni finanziarie, di intermediazione e così
via? Cosa risulta circa gli investimenti di Cosa nostra in
Sicilia, a Palermo e provincia, nell'attività alberghiera? Se
sono state svolte indagini, a cosa sono approdate? Cosa
risulta circa i rapporti tra Banco di Sicilia, Sicilcassa,
banche private della zona ed attività economiche della mafia?
   Nel decreto-legge antimafia, convertito in legge
nell'agosto di quest'anno, sono state introdotte nuove norme
relative alla fattispecie dell'usura, la cui novità è di
andare un po' oltre la nozione, prima configurata in termini
assoluti, di stato di bisogno e di individuare una fattispecie
nella quale la condizione di difficoltà economica in cui si
trova il soggetto sia relativa alle sue attività
imprenditoriali. Vorrei conoscere la vostra valutazione in
merito, anche con riferimento alla prima attuazione di queste
norme.
  ALTERO MATTEOLI. Sembra che il traffico della droga
avvenga anche attraverso il commercio delle scarpe. E' stato
acclarato questo aspetto? In caso affermativo, in quale parte
d'Italia si è verificato questo fenomeno?
   Quale difficoltà incontrate per svolgere indagini in una
banca?
   Se un cittadino vuole compiere un'operazione per un
importo di 100-200 milioni, nell'arco della giornata divide la
cifra in parti non superiori a 19 milioni e mezzo e fa il giro
di più banche. In questo modo può compiere l'operazione
complessiva. E' previsto un controllo in merito o la legge
limita la vostra operatività?
   Sono in corso - mi parrebbe strano se non fosse così,
visto che i mass media ne parlano ripetutamente -
indagini relative alle spese elettorali sostenute da alcuni
candidati non solo nelle regioni ormai tradizionalmente note
per fenomeni mafiosi, ma anche in altre parti di Italia?
   Quanto ai rapporti con i servizi segreti, sono mai
esistite informative su uomini politici legati al traffico
della droga, o comunque alla criminalità organizzata, sulla
base delle quali voi abbiate espletato indagini?
   L'ultima domanda che vorrei porre riguarda Licio Gelli.
Conosco bene la vicenda P2 perché ho fatto parte della
Commissione d'inchiesta e sono stato relatore di minoranza.
Licio Gelli appare sempre più spesso sugli organi di stampa,
anche con dichiarazioni improvvide; ho l'impressione che ogni
suo intervento costituisca un segnale, come quando di recente
ha dichiarato che commercia per miliardi e che muove cifre
superiori ad una banca. Si ha l'impressione che lo Stato
italiano, attraverso la vostra organizzazione e quelle delle
altre forze dell'ordine, nulla abbia fatto e che sia stato
posto una specie di veto ad indagare oltre un certo limite su
questo personaggio. Tutto ciò è dovuto a pressioni politiche
che ricevete o soltanto allo scarso peso che viene dato alle
interviste ed a ciò che ha rappresentato Licio Gelli?
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Vorrei sapere se risulti
confermata la notizia che le organizzazioni mafiose si
interessino
                         Pag. 165
anche dell'iter di alcune leggi, cioè della loro approvazione
o meno.
   E' confermata la tesi, profilata alcuni anni fa, secondo
cui la partecipazione al vertice della commissione significhi
anche partecipazione ai singoli delitti di eccezionale
gravità? Questa tesi è stata confermata da quelli che hanno
fatto parte, di recente, della commissione?
   Vorrei avere, se possibile, una panoramica dei
collegamenti tra Cosa nostra e l'eversione nera, di cui
abbiamo sentito parlare da alcuni pentiti "storici". Ritenete
di poter approfondire questi collegamenti, anche con Gelli,
nel corso delle vostre indagini?
   Un'ultima domanda riguarda Green ice, un'operazione
che ha coinvolto, oltre ad alcuni paesi europei, anche gli
Stati Uniti ed il Canada. Vorrei sapere se, a vostro avviso,
non si profili la necessità di creare una struttura di polizia
europea per svolgere le indagini nei paesi in cui avviene il
riciclaggio. Nell'operazione Green ice sono interessati
15-16 paesi, calcolando quelli in cui sono avvenuti gli
arresti, quelli in cui sono stati sequestrati quantitativi di
droga e quelli in cui è avvenuto il riciclaggio del denaro
sporco. Vorrei sapere, sempre a questo proposito, se esistano
difficoltà d'ordine operativo per la polizia giudiziaria e,
soprattutto, per la magistratura inquirente.
  MARCO TARADASH. Vorrei innanzitutto un'informazione dal
dottor Manganelli riguardo al fenomeno delle "stidde", cioè
cosa rappresentino, a quali traffici siano interessate e quale
sia la loro capacità, in prospettiva, di superare Cosa nostra
anche in termini di contatti con il mondo finanziario e
politico-economico in generale.
   Ho partecipato alla discussione, in sede di Parlamento
europeo, della direttiva sul riciclaggio ed ho presentato un
emendamento tendente ad ampliare la casistica. Mi sembra
ragionevole, infatti, non impedire alle forze di polizia di
intervenire in casi di riciclaggio relativo a proventi di
matrice criminale. La ragione per cui la maggioranza ha
limitato, anche in sede europea, la possibilità di intervento
è che altrimenti si sarebbe aperto un territorio sconfinato e
quindi sarebbero stati impossibili interventi mirati: se tutto
fosse riciclaggio, le forze di polizia disperderebbero la loro
attività in mille rivoli. Questa obiezione è valida in termini
razionali o no? La legislazione americana, se non sbaglio,
pone un limite in relazione al valore: in altri termini, si
interviene soltanto quando la quantità di denaro su cui
intervenire sia superiore ad un certo livello. Questo può
rappresentare una contromisura oppure no?
   Un'operazione come Green ice, di cui sono stati
descritti i particolari, è ripetibile oppure, date le sue
caratteristiche, una volta realizzata non è più possibile
ripeterla? Di conseguenza, intervenire sul denaro ancora
"caldo" incide realmente sul fenomeno del riciclaggio oppure è
importante perché dimostra efficienza, ma non incide molto in
termini di efficacia?
   E' stata sollevata la questione dei colombiani. Vorrei
sapere se le notizie riportate dal Financial Times la
scorsa settimana a proposito della Nigeria come punto
importante di commercio e di traffico di eroina in Europa
siano state verificate anche per quanto riguarda l'Italia.
   E' possibile che una grande parte del denaro "caldo", cioè
sporco e non ancora riciclato, si trasferisca direttamente in
buoni del tesoro e di conseguenza sia difficile il controllo,
anche perché acquistano tali buoni centinaia di operatori?
   Avete pensato a maggiori controlli da attuare attraverso
gli strumenti di intervento offerti dalle nuove leggi? Credo
che i nuovi poteri comportino rischi maggiori sia per
l'incolumità sia per la moralità degli operatori della
polizia, nel senso che in molti paesi europei, in cui questi
interventi sono possibili, si sono verificati notevoli casi di
corruzione (penso alla Francia e ad altri paesi): vi siete
attrezzati, adottando contromisure rispetto a questi rischi?
                         Pag. 166
   VITO RIGGIO. La mia prima domanda è relativa alla
conoscenza del mercato di consumo. Visto che sussiste
l'esigenza di seguire il denaro, probabilmente una più
puntuale conoscenza, città per città e zona per zona, di come
è distribuito il mercato dei consumatori, quindi della
dimensione del fenomeno - non so se il collega Taradash sarà
d'accordo su questo - potrebbe essere utile.
   Vorrei sapere se esistano dati di questo tipo e se vi sia
una collaborazione delle autorità locali, in particolare dei
servizi sociali delle grandi città, perché questo potrebbe
essere importante.
   La seconda questione concerne i settori nei quali più
facilmente sono state riscontrate forme di reinvestimento dei
capitali illeciti. Ho sentito parlare di grandi operazioni
riguardanti i casinò, ma non capisco se esse riguardino anche
il settore alberghiero. La distribuzione geografica di tali
investimenti si è spostata prevalentemente in zone diverse da
quelle ad alto rischio o invece vi sono ricadute anche in
queste ultime? Sarebbe facile a tale proposito incrociare i
dati relativi alla nascita delle imprese fino all'acquisto di
imprese nuove.
   Chiedo notizie anche per quanto riguarda le modalità del
reimpiego: ad esempio, qualche tempo fa ci è stato segnalato
come certi ribassi eccessivi in gare di appalto (quindi il
sistema delle aste pubbliche al massimo ribasso) avessero
determinato più facili forme di penetrazione, proprio per la
necessità di reinvestire il denaro e di giustificarlo.
   Infine, vorrei sapere se vi sia un'attenzione, e in caso
affermativo di quale tipo - è una domanda che è stata già
posta con nomi e cognomi, ma a me interessa la tipologia - su
soggetti indispensabili come supporto perché certe attività si
compiano, vale a dire commercialisti, avvocati, fiscalisti,
società finanziarie; se siano emersi riscontri nelle indagini
in corso soprattutto nelle città più significative da questo
punto di vista, vale a dire Palermo per la vicinanza con il
fenomeno, Milano per la necessità di reinvestimento.
   I nostri interlocutori hanno parlato di norme legislative
sufficienti per quanto attiene alla possibilità di infiltrare
collaboratori, ma anche della necessità di correzioni. Io
vorrei maggiori delucidazioni dal punto di vista
amministrativo circa la congruità dei supporti offerti dal
ministero, quindi dal Governo, nonché circa la qualità della
collaborazione con la Guardia di finanza e i Carabinieri.
  GAETANO GRASSO. Vorrei intervenire con riferimento al
riciclaggio, che segue il canale degli investimenti
produttivi: siamo in grado di sapere se esistano aree
previlegiate dove venga investito il denaro proveniente dal
riciclaggio in attività produttive o quali aree possano
realisticamente essere considerate più a rischio oggi da
questo punto di vista?
   Quando rivolgo queste domande, penso sempre e soltanto al
centro-nord: si è avuta la possibilità di verificare e di
accertare la presenza di attività di finanziarie che
intervengono utilizzando questo tipo di denaro?
   A me vengono a volte segnalati trasferimenti fisici di
persone che da alcune aree del sud investono in attività
commerciali e produttive nelle regioni del centro-nord:
abbiamo dati in merito?
   Debbo ora rivolgere una domanda di carattere più generale:
nelle aree del centro-nord l'unico processo sulla base
dell'articolo 416-bis del codice penale, se non vado
errato, si è svolto a Milano. Dalle notizie che abbiamo si può
realisticamente ritenere che la cosiddetta malavita che si
andava sviluppando in alcune realtà del centro nord ormai stia
evolvendosi in forme mafiose: abbiamo notizie? Potete dirci
qualcosa di più concreto sotto questo aspetto o dobbiamo
ancora considerare comuni certi fenomeni criminali che
avvengono soprattutto in alcune metropoli del nord?
   L'altro giorno i quotidiani, a proposito dell'ultima
operazione di polizia effettuata a Siracusa, hanno riportato
non solo i collegamenti politici, ma anche notizie circa
l'esistenza di una commissione
                         Pag. 167
 interprovinciale per la Sicilia orientale: ciò risponde a
verità?
  MICHELE FLORINO. La mia prima domanda è rivolta al
dottor Serra. Da un rapporto inoltrato dal Ministero
dell'interno alla precedente Commissione antimafia si è
appreso che nel mese di agosto 1991 furono scarcerati 41.704
detenuti, di cui 21 mila per decorrenza dei termini, 10 mila
per semilibertà e altri 10 mila per arresti domiciliari.
   Questi beneficiati si sono macchiati di 24 mila reati (tra
cui spaccio, rapina, estorsione) e di 2.120 delitti, di cui
730 commessi da coloro i quali erano ristretti agli arresti
domiciliari.
   La nuova normativa è riuscita ad ingabbiare questo
trend piuttosto negativo, che tanto colpì i commissari
della precedente legislatura, oppure proponete correttivi
nuovi, tali da ingabbiare per sempre queste procedure, che
hanno arrecato un così rilevante danno alla comunità civile?
   La seconda domanda è rivolta al dottor Pansa. Sono rimasto
suggestionato dal racconto delle valigie piene di soldi, di
questo circuito che si è interrotto grazie all'opera della sua
divisione: non le sembra che questo tipo di procedura possa
poi rivolgersi verso le finanziarie, i negozi e i centri
commerciali della camorra e della mafia che possono riciclare
facilmente il denaro e quindi consentire alle associazioni
mafiose di essere presenti sul territorio con la copertura
classica inventata dal sistema malavitoso? Quale ruolo hanno
le finanziarie nella procedura di riciclaggio del danaro?
   L'ultima domanda desidero rivolgerla al dottor Cirillo e
riguarda il fenomeno dell'impiego degli extracomunitari nel
traffico di droga: si tratta di un'utilizzazione prezzolata, e
quindi di fatto gestita dalla camorra, oppure essi dispongono
di una ossatura verticistica creata per gestire in proprio
l'organizzazione dello spaccio di droga nell'area casertana?
  PRESIDENTE. Ritengo sia opportuno dare ai nostri ospiti
la possibilità di riflettere sulle domande poste - alle quali
probabilmente se ne aggiungeranno altre dei senatori - per poi
rispondere nella seduta fissata per giovedì prossimo alle
9,30.
   Desidero comunque porre anch'io delle domande, la prima
delle quali è per sapere quali siano le aree geografiche, cioè
i paesi, che facilitano il riciclaggio.
  MARCO TARADASH. I "paradisi fiscali".
  VITO RIGGIO. Come le isole Cayman.
  PRESIDENTE. Non necessariamente si tratta di "paradisi
fiscali", ma di paesi che per qualche particolare norma
interna facilitano il riciclaggio. L'Austria, per esempio, non
è un "paradiso fiscale" ma ha una normativa tale che aiuta. Lo
stesso discorso vale per Malta.
   Desidero sapere anche se esista un vostro studio per
l'analisi delle tecniche di riciclaggio che possa essere
consultato dalla Commissione al fine di capire meglio cosa si
possa fare. La questione di Gelli è già stata toccata ed io
non la riprenderò, anche se qualcuno lo indica come
riciclatore per conto dei corleonesi. Lo ha fatto un pentito,
credo Messina.
  ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello
SCO. Sicuramente non è Messina.
  PRESIDENTE. Comunque potrò rintracciare facilmente il
nominativo nell'archivio informatico.
   Un'altra questione riguarda la città di Reggio Calabria
che, sino a tutto il 1991, è stata un'area nella quale si è
ucciso molto. Nel 1992 il tasso degli omcidi è improvvisamente
calato, con ovvio beneficio per la città. Vi chiedo qual è
l'analisi che voi fate di tale fenomeno: se esso dipenda da
una improvvisa resipiscenza di tutti gli assassini oppure dal
fatto che è entrata in gioco una pax mafiosa - così come
qualche giornalista ha scritto anche sulla base di documenti -
imposta dall'esterno. In particolare, vorrei sapere se
                         Pag. 168
vi sono tracce dell'ingresso dei corleonesi nell'economia
della città.
   Da ultimo, vorrei sapere quali sono le aree geografiche
non tradizionalmente mafiose dove si registra un radicamento
maggiore della criminalità organizzata. La Toscana, per alcuni
aspetti, sembra essere una di queste, ma forse ve ne sono
anche altre. E' infatti interesse della Commissione studiare
tali aree di non tradizionale insediamento mafioso, tant'è che
in passato molti colleghi hanno posto il problema.
   Nel ringraziare i nostri ospiti, chiedo loro scusa per
aver posto anch'io domande forse da Enciclopedia britannica,
ma la gamma di problematiche offerta era davvero molto vasta e
stimolante.
   Il seguito dell'audizione è rinviato alla seduta di
giovedì 29 ottobre alle 9,30.
              Sui lavori della Commissione.
  PRESIDENTE. L'onorevole Galasso ha chiesto di parlare
sui lavori della Commissione.
  ALFREDO GALASSO. Signor presidente, desidero formulare
una precisa richiesta. Ciò che abbiamo appreso dai giornali di
stamani e ieri sera dalle notizie battute dalle agenzie di
stampa e dalla televisione è di straordinaria importanza ed
investe direttamente la competenza della nostra Commissione.
Chiedo, pertanto, che venga fissata una seduta per discutere
quali valutazioni e quali conseguenze, sul piano politico e
parlamentare, si intendano trarre dalle ultime notizie sulla
vicenda ed anche da quanto ha a che fare con il suo punto
centrale, vale a dire con la radice del rapporto tra mafia e
politica: per intenderci, con il sistema.
   Sarò ancora più preciso: io credo che un conto sia il
procedimento giudiziario, l'accertamento delle responsabilità
penali - che è naturalmente compito dei magistrati e che a noi
importa conoscere ed in qualche misura favorire, nel rispetto
dell'indipendenza della magistratura - altro conto sia il
circuito delle responsabilità politiche, che ci compete
direttamente.
   Ritengo che non faremmo compiutamente il nostro dovere di
componenti della Commissione antimafia se non valutassimo, ed
eventualmente proponessimo, qualcosa che riattivi il circuito
fisiologico della responsabilità politica. Chiedo, pertanto,
che la Commissione si riunisca per tutto il tempo necessario
al fine di affrontare la questione, alla luce delle ultime
notizie e di quelle che sono già in suo possesso, e quindi di
intervenire subito senza attendere l'esito di studi, di
ricerche o di consultazioni - per altro utilissime - su questo
punto essenziale.
   Sta infatti scoppiando un "uragano" che probabilmente non
si fermerà alle prime battute e che coinvolge responsabilità
di ordine politico, parlamentare e governativo che - lo ripeto
- ci competono.
  ALTERO MATTEOLI. Ringrazio il collega Galasso che mi ha
anticipato nel sollevare il problema. Quanto abbiamo appreso
dalla stampa a proposito della vicenda dell'omicidio
dell'onorevole Lima è cosa che ci riguarda troppo da vicino, e
noi verremmo meno, ove non ci soffermassimo sulla questione,
all'impegno che scaturisce dal lavoro svolto in 25-30 anni dai
commissari che via via hanno composto la Commissione
antimafia.
   Dagli atti della Commissione - che chiunque di noi può
consultare - emerge, ad esempio, che in una sola legislatura
il nome di Lima è registrato per circa 750 volte. Nonostante
questo, Lima è stato ripresentato da un partito politico per
ben 25-30 anni, prima al Parlamento italiano e poi al
Parlamento europeo, ed è anche diventato sottosegretario.
   Dal momento che abbiamo inserito fra i capitoli oggetto
della nostra valutazione quello del rapporto tra mafia e
politica, non possiamo certamente fermarci di fronte a questa
vicenda. Vi è un altro aspetto: qualcuno in questi giorni
sostiene di rimpiangere il cosiddetto CAF. Per carità, ognuno
può rimpiangere tutte le formule possibili...
                         Pag. 169
   PRESIDENTE. C'è anche chi rimpiange se stesso.
  ALTERO MATTEOLI. C'è anche chi rimpiange se stesso.
Addirittura, a Palermo fu "inventato" un convegno su Cicerone,
organizzato da Salvatore Lima (ne posseggo gli atti),
presieduto dal Presidente del Consiglio, onorevole Andreotti.
Di tutto ciò non possiamo non tener conto in questa vicenda,
perché significherebbe che la Commissione, fin dalle prime
battute, non intende andare a fondo del problema.
   Tutte le audizioni che abbiamo svolto in questi giorni
portano - almeno me - a dare un'altra risposta: questi validi
uomini dello Stato sono bravissimi nelle loro esposizioni ma,
guarda caso, nonostante siano state poste domande dirette, mai
una volta tirano fuori il nome di un politico o di un partito.
Ciò non avviene mai, mai!
   Apprendiamo poi dai giornali che gli incriminati per
l'omicidio di Lima (ovviamente si terrà il processo) danno la
misura di quanto sia stretto il rapporto tra mafia e politica.
   I servitori dello Stato - per usare un'espressione un po'
enfatica che a loro piace molto - non riescono mai a fornirci
un nome o per lo meno a dire che è in corso un'indagine
riguardante questo settore.
   Ora - grazie a Dio! - abbiamo un'occasione: un magistrato
cerca di andare a fondo a tutto questo e credo sia opportuno
che la Commissione prenda tutto il tempo necessario. Tiriamo
fuori tutto quanto è stato fatto dalle precedenti Commissioni,
cerchiamo di capire perché, nonostante tutto quello che è
stato scritto, non si è andati alla radice del problema. Per
risolvere la questione dell'onorevole Lima - Dio l'abbia in
pace - c'è voluta la mafia che l'ha fatto a modo suo,
altrimenti né lo Stato italiano né i partiti - questo è
l'aspetto nodale - l'avrebbero risolta.
  GIROLAMO TRIPODI. Condivido la proposta avanzata dal
collega Galasso, perché ritengo validissime le considerazioni
che egli ha posto a base della sua richiesta e credo che non
sfuggano neanche al presidente. Ho visto, del resto, le
posizioni che il presidente stesso ha espresso sul caso che è
venuto alla ribalta e che finalmente svela tutta una storia,
confermando tante affermazioni fatte nelle varie Commissioni
sull'appartenenza di Lima alle organizzazioni criminali.
   La questione investe non soltanto i rapporti tra mafia e
politica, ma anche problemi più delicati, chiamando in causa
non solo la presenza di un parlamentare che era - diciamo così
- il massimo esponente nel Parlamento nazionale ed in quello
europeo degli interessi mafiosi in Sicilia, ma anche i
Governi. Ciò non soltanto perché quel parlamentare ha
ricoperto la carica di sottosegretario, ma soprattutto perché
la questione pone al centro dell'attenzione il suo rapporto
con un Presidente del Consiglio, l'onorevole Andreotti, che è
stato - e viene indicato - come il massimo protettore di
questo personaggio e, di riflesso, della mafia.
   Ciò svela un altro fatto, molto inquietante, di cui molte
volte ci siamo occupati - ricevendo solo silenzi, molte
critiche ed anche accuse - e che chiama in causa i vertici
della magistratura, ossia anche Carnevale. Il problema che è
emerso acquista un'importanza tale da richiedere i via
prioritaria un nostro impegno immediato. La mia proposta,
pertanto, è di non attendere più giovedì, ma di convocare la
Commissione martedì prossimo per iniziare la discussione.
  PRESIDENTE. Martedì si terrà il consiglio nazionale
della democrazia cristiana, comunque vedremo.
  GIROLAMO TRIPODI. Penso comunque che potremo anticipare
la convocazione della Commissione, trovandoci di fronte ad una
priorità alla quale sono sensibile non solo io, ma credo tutti
i colleghi e lei stesso.
  PRESIDENTE. E' chiaro.
                         Pag. 170
  MARIO BORGHEZIO. Mi associo ai precedenti interventi in
quanto anche il gruppo della lega nord ritiene indispensabile
che questa Commissione mostri immediatamente ai cittadini
italiani un interesse specifico, urgente e determinato a
svolgere tutte le indagini possibili sui rapporti tra mafia e
politica sui quali la Commissione aveva già incentrato la
propria attenzione.
   Sotto questo profilo, rinnovo con particolare urgenza la
vecchia richiesta dell'informatizzazione di tutti i dati. Poco
fa il presidente accennava alla volontà di consultare un
appunto sul proprio archivio informatico. Oggi tutti si
muovono con queste modalità; solo le nostre vecchie strutture
dello Stato centralista sono ancora organizzate "a faldoni".
   Noi vorremmo che la Commissione antimafia desse l'esempio
alle altre amministrazioni e quindi sarebbe molto importante
operare con i tempi europei. Mi pare che anche gli organismi
di polizia vadano in questa direzione.
   Ritengo importante che la Commissione si ponga l'obiettivo
di ottenere, attraverso una rapida informatizzazione, l'elenco
aggiornato di tutti i riferimenti ad uomini d'onore o ai
collegamenti di questi ultimi - o di attività mafiose - con
personaggi risultanti iscritti a partiti politici o che
appartengano o siano responsabili o finanziatori di
associazioni politiche, partiti o correnti politiche in tutto
il territorio nazionale. Crediamo necessario che uno degli
obiettivi prioritari, oltre a quello di un'indagine specifica
sulla situazione palermitana e siciliana, sia quello di
un'indagine a tappeto sulla realtà del voto mafioso, a
cominciare dalle ultime elezioni politiche.
   Il fenomeno del voto mafioso si è verificato anche nelle
ultime consultazioni politiche: l'abbiamo segnalato ed io
stesso ho denunciato all'autorità giudiziaria comportamenti
sospetti, nel corso delle elezioni, di cui abbiamo notizia su
tutto il territorio nazionale. Vogliamo sia fatta luce sul
rapporto tra mafia e politica ed anche, in concreto, sul
fenomeno del voto mafioso, regione per regione, provincia per
provincia.
  GIOVANNI FERRARA SALUTE. Dichiaro, anzitutto, di
associarmi alla richiesta avanzata dai colleghi che mi hanno
preceduto, cioè quella di convocare la Commissione prevedendo
all'ordine del giorno la discussione di un problema che, se è
sempre stato importante, adesso è divenuto addirittura
scottante. Credo che ciò risponda non tanto ad una necessità
quanto ad un nostro dovere, perché è la prima volta, in
moltissimi anni, che la Commissione si trova tra le mani un
dato acquisito dall'opinione pubblica e del quale, se è
inutile discutere la realtà, non è inutile discutere
l'effettività, la consistenza e la natura. Ci troviamo di
fronte ad un fatto di cui tutti discutono, in quanto investe
alle radici la classe politica dirigente del nostro paese. E
poiché i termini in cui si presenta il problema sono
strettamente connessi alla mafia, credo sia inevitabile che la
Commissione debba occuparsene per prima con consapevolezza e
serietà. Circa il modo in cui farlo dobbiamo pervenire ad una
decisione.
   Personalmente, sono dell'avviso che a questo punto la
Commissione debba riconsiderare vecchie questioni, assumendo
propri orientamenti in merito a tutto ciò che ritiene
opportuno, senza particolari forme di rispetto, che a mio
avviso non hanno mai avuto ragion d'essere e che adesso
finirebbero addirittura per ostacolare non l'accertamento
della verità, perché tutti la conosciamo, ma l'approccio a
realtà che sono a tutti evidenti.
  VITO RIGGIO. Signor presidente, credo che ai colleghi
non sfugga una particolare circostanza che mi riguarda, cioè
quella di essere, in questo momento, l'unico rappresentante
del gruppo democratico cristiano in Commissione. Esprimerò
pertanto la mia personale opinione, anche se ritengo che essa
risponda largamente a quella che il gruppo di maggioranza
relativa dovrebbe avere in una simile circostanza.
                         Pag. 171
   MARCO TARADASH. La maggioranza relativa nel meridione!
  VITO RIGGIO. Nell'attuale composizione parlamentare. In
futuro si vedrà.
   Come ha sottolineato il senatore Ferrara, non siamo di
fronte ad una opzione discrezionale ma ad un dovere, quello di
provvedere immediatamente. Certamente, le modalità tramite le
quali far fronte a tale dovere dovranno essere discusse in
sede di ufficio di presidenza, per evitare discussoni che non
affrontino realmente il problema e che alla fine si rivelino
inutili.
   Pertanto, mentre dichiaro di aderire alla richiesta
formulata dai colleghi che mi hanno preceduto, vorrei una
precisazione in merito a ciò che in questo momento si ritiene
effettivamente utile portare avanti. Senza sovrapporsi
all'investigazione giudiziaria tuttora in corso, credo che
sarebbe comunque necessario acquisirne i dati per cercare di
ricostruire, tramite il caso in specie, un problema generale
che più volte la Commissione antimafia aveva posto e che per
la prima volta ha un riscontro effettivo. A proposito di
quest'ultimo, ritengo anche che debbano essere denunciati i
ritardi con cui si è provveduto in sede politica, nonostante
molti di noi li avessero già rimarcati.
   Ritengo opportuna un'immediata convocazione dell'ufficio
di presidenza, di modo che, senza distorcere il calendario dei
nostri lavori, tra le riunioni della Commissione sia possibile
inserirne una in cui svolgere una riflessione approfondita su
questa vicenda.
  PRESIDENTE. La ringrazio molto, onorevole Riggio, non in
modo formale.
  MASSIMO BRUTTI. Giudico anch'io serie le proposte fin
qui avanzate da chi mi ha preceduto e ritengo che non sia
opportuno esaurire una questione di tanta rilevanza, tenendo
conto della nuova fase aperta dagli ordini di cattura di ieri,
in una discussione politica all'interno della Commissione.
Sono dell'avviso che sia necessario qualcosa di più, cioè una
vera e propria sessione di questa Commissione sui rapporti tra
mafia e politica, a partire da ciò che abbiamo appreso in
queste ultime ore.
   Ci auguriamo che tale sessione registri esplicite e
circostanziate dichiarazioni del Governo su una serie di
quesiti che, in base alle notizie apprese, sorgono sin d'ora.
Dopo le dichiarazioni del Governo, dovremmo impiegare più di
una seduta per conludere la discussione con la presentazione
di un documento il più possibile serio e meditato.
   Credo che, a proposito degli ordini di cattura e delle
deposizioni degli ex esponenti della mafia che collaborano con
la giustizia di cui si è avuto notizia in questi giorni, vi
siano alcuni aspetti rilevanti su cui il Governo dovrebbe
rispondere subito. Negli ordini di custodia cautelare si
sottolinea - anche sulla base delle deposizioni rese -
l'esistenza, per un lungo periodo, di rapporti fra l'onorevole
Salvo Lima e le cosche mafiose di Cosa nostra, nonché il ruolo
di mediatore che Lima svolgeva tra gli ambienti criminali
siciliani ed il sistema centrale di Governo, in particolare
tramite un collegamento stretto e duraturo con l'onorevole
Andreotti.
   A questo proposito, ricordo che già nel 1983 due rapporti
della Guardia di finanza segnalavano l'onorevole Salvo Lima
come persona coinvolta in un traffico internazionale di armi.
Tale circostanza non solo fu oggetto di menzione nella
sentenza di primo grado della Corte di assise di Caltanisetta,
per l'omicidio di Giacomo Ciaccio Montalto, ma fu anche
richiamata nella relazione di minoranza presentata, nella
scorsa legislatura, dai parlamentari dei gruppi comunista e
della sinistra indipendente. Ricordo anche ciò che si afferma
negli stessi ordini di cattura emessi ieri: le famiglie
mafiose del trapanese, in particolare quelle facenti capo a
Rocco Curatolo e ai D'Amico, avrebbero sostenuto, nelle
elezioni del 1987, Pietro Pizzo, candidato al Senato nelle
liste del partito socialista; inoltre, le cosche del marsalese
avrebbero sostenuto
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Egidio Alagna, anch'egli candidato nelle liste socialista e,
attualmente, segretario particolare del ministro della difesa
Salvo Andò.
   Vi sono fatti sui quali il Governo deve rispondere:
ritardi nelle indagini e situazioni personali che ci appaiono
rilevanti.
   Devo esprimere la mia insoddisfazione a proposito di certe
formulazioni e dichiarazioni generiche, quali soprattutto
quelle rese dal Presidente del Consiglio dei ministri nel
corso della sua audizione presso questa Commissione. Vorrei,
quindi, che agli esponenti di Governo che ascolteremo nelle
prossime riunioni fosse chiaro il nostro desiderio di
acquisire elementi precisi e che, quindi, rivolgeremo loro
richieste circostanziate. Valuteremo il risultato di quelle
riunioni al termine dei lavori ma sin d'ora credo che sarebbe
utile se esse fossero oggetto di un documento conclusivo della
Commissione antimafia.
  MARCO TARADASH. Ritengo che sia anzitutto necessario
acquisire i documenti provenienti da Palermo, perché se
martedì, per esempio, ci riunissimo senza averne preso
visione, ognuno di noi continuerebbe a ripetere ciò in cui
crede, senza avere a disposizione nessun elemento in più.
Vorrei però che questo tipo di interventi fosse inserito
all'interno del programma di lavoro che abbiamo stabilito e
che attiene all'analisi del voto elettorale in Sicilia - che
personalmente ho suggerito di limitare al periodo dal 1987 a
oggi, considerato che le elezioni in questione sono proprio
quelle svoltesi in tale arco di tempo - ed al capitolo
mafia-politica, a proposito del quale credo che un notevole
aiuto potrà esserci offerto dai consulenti fissi.
   Una volta acquisito tutto il materiale, a mio avviso
sarebbe opportuno prevedere una serie di audizioni sia di
personalità politiche sia dei magistrati, dei testimoni e dei
collaboratori intervenuti in questa fase. In pratica, dovremmo
prevedere un programma di lavoro che ci consenta di giungere
alla stesura di un documento che non solo deplori il rapporto
fra mafia e politica - perché è evidente che ciò sin d'ora
accoglierebbe l'unanimità della Commissione - ma ci consenta
anche di fare passi in avanti verso la comprensione dei
meccanismi che hanno operato e che tuttora continuano a farlo.
  MASSIMO SCALIA. Associandomi anch'io alle richieste dei
colleghi, desidero porre al presidente e alla Commissione un
problema attinente al metodo e all'organizzazione dei nostri
lavori.
   Negli interventi fin qui svolti ho sentito profilarsi
ipotesi diverse, nonostante tutti concordino sul fatto che la
questione che ha motivato la nostra richiesta sia di un tale
impatto da meritare un'organizzazione dei lavori che sia
all'altezza della priorità che tutti riconosciamo alla
questione medesima. Voglio pertanto proprorle, signor
presidente, di convocare una riunione dell'ufficio di
presidenza in cui discutere dei nostri lavori, perché è vero
che possiamo concordare con talune delle ipotesi avanzate, ma
è anche vero che sarebbe meglio trovarci di fronte ad uno
schema di lavoro, tenendo conto del fatto - su cui tutti
concordiamo - che la questione non può essere esaurita in una
singola riunione di Commissione né con la stesura di un
documento politico. Dovremmo ricordare che abbiamo i poteri di
una Commissione parlamentare d'inchiesta: dobbiamo, quindi,
organizzare i nostri lavori - anche se non è facile - in modo
tale che la vicenda dei rapporti mafia-politica sia valutata
anche al di là del fatto particolare di cui siamo venuti a
conoscenza oggi (che fra l'altro corrisponde alla
consapevolezza generale e ha trovato conferme nelle procedure
giudiziarie). In sostanza, per dirla in maniera forse più
brutale, ritengo che si tratti non soltanto di affrontare il
problema Lima-Andreotti, ma di andare più a fondo: ricordo
nuovamente che la nostra Commissione ha poteri d'inchiesta ed
in relazione a ciò dovrà decidere le modalità di
organizzazione del proprio lavoro.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Mi associo alle richieste
formulate dall'onorevole
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 Galasso ed anche da altri colleghi, in particolare dal
senatore Brutti. Vorrei, però, mettere in evidenza il
pericolo, che sussiste in questo periodo, di interferenza
nelle indagini dell'autorità giudiziaria. E' giusto pertanto
che da parte nostra venga condotta un'inchiesta sulla vicenda,
data la sua importanza, ma dovremmo limitarci ad acquisire
quegli atti e quelle parti di istruttoria che sono ormai
pubblici. E' d'altronde assurdo che alcuni atti molto
rilevanti siano in possesso dei vari telegiornali e non della
nostra Commissione.
   Propongo pertanto, innanzitutto, prima di riunirci
inutilmente per discutere sulla base degli articoli dei
giornali, di rendere disponibile per i membri della
Commissione una copia della prima relazione (non coperta da
segreto) della Commissione antimafia (che ho letto) sul ruolo
svolto da Lima nelle vicende di Palermo, nonché la copia di
tutti i verbali già in possesso di alcuni giornalisti che
riguardano dichiarazioni su alcuni uomini politici e
magistrati. Vorrei, in particolare, che fosse approfondita il
più rapidamente possibile, la posizione del presidente della I
sezione penale della Corte di cassazione, Carnevale, che
secondo alcuni mafiosi sarebbe stato il massimo garante di
Cosa nostra a livello della magistratura.
  ALFREDO GALASSO. Sono molto contento che i colleghi si
siano associati alla mia richiesta, ma non vorrei essere stato
frainteso: la mia proposta è - lo preciso, signor presidente -
molto circoscritta. I rapporti fra mafia e politica sono un
capitolo della storia del nostro paese e non credo che in
questa fase dobbiamo affrontare la storia del nostro paese. I
relativi rischi sono sempre nell'aria: abbiamo un capitolo del
lavoro da svolgere che riguarda mafia e politica e chiedo che
si discuta sulla vicenda specifica che è venuta all'attenzione
dell'opinione pubblica attraverso l'emissione di alcuni
mandati di cattura nei confronti della nuova cupola della
mafia; e soprattutto sulle implicazioni di ordine politico che
tale vicenda comporta, salvo poi valutare come si debba
continuare con un programma di lavoro che preveda una sessione
od altro.
   Non vorrei, in sostanza, che aprissimo un capitolo
importante, fondamentale, ricco di elementi per arrivare poi
"fuori campo". Siamo di fronte ad una questione specifica
sulla quale l'opinione pubblica ci chiede una risposta: quali
sono le conseguenze di ordine politico e parlamentare che
riteniamo di trarre da un fatto preciso, in qualche modo
nuovo?
  PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, sono attualmente assenti
i senatori membri della Commissione, a parte i colleghi
Ferrara Salute, Brutti e Smuraglia, per cui sarebbe scorretto
assumere decisioni in questa sede prescindendo dalla loro
presenza.
   Mi pare risulti rafforzata una richiesta che era stata già
avanzata sul rapporto mafia-politica, che indubbiamente è
talmente vasto e diversificato sul territorio nazionale che,
se avessimo la presunzione di affrontarlo tutto in un unico
momento, non finiremmo mai. Dobbiamo, quindi, scegliere alcune
priorità, su questo versante come su altri.
   Rifacendomi agli interventi dei colleghi Galasso, Riggio
ed altri, devo osservare che quello che sta avvenendo in
questi giorni impone di per sé una priorità, anche se ciò non
significa che il discorso si possa esaurire in essa. Bisogna
però cominciare da tale priorità e chiudere poi capitolo per
capitolo, poiché altrimenti non ne usciremo più, per altro con
una scarsa qualificazione del nostro lavoro.
   Naturalmente ritengo giusto che la Commissione disponga
degli elementi di cui sono già in possesso i nove decimi del
mondo dell'informazione: ci attiveremo subito affinché i
colleghi dispongano della relativa documentazione - per
esempio, copia dei provvedimenti cui accennava l'onorevole
Taradash - a prescindere dalla convocazione della nostra
Commissione.
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   Il Sole 24 Ore di oggi, peraltro, già riporta ampi
estratti delle dichiarazioni dei pentiti.
   Propongo pertanto di fissare per martedì prossimo alle
18,30 una seduta della Commissione, che verrà preceduta da una
riunione dell'ufficio di presidenza, sulla specifica questione
di cui stiamo discutendo: in sostanza, terremo così separata
tale questione dal proseguimento dell'audizione programmato
per giovedì prossimo. Proporrò personalmente all'ufficio di
presidenza un piano di lavoro, che potrà essere naturalmente
integrato e modificato, sulla base del quale si possa avviare
rapidamente la nostra valutazione sulla questione specifica.
   Desidero ora segnalare ai colleghi, che hanno tutti una
certa esperienza al riguardo, che corriamo due rischi. Il
primo è quello di un, per così dire, ricorso al massacro
interno, che si chiuda con un nulla di fatto e che può essere
agevolato da chi - non nel nostro interno, per fortuna, ma
all'esterno - ha interesse che non si colga nessun punto
determinante nelle questioni da affrontare. Il secondo rischio
è quello di un genericismo totale, privo di documentazione e
di punti di riferimento, che privi di qualunque serietà e
fondatezza le nostre conclusioni. Tramite gli uffici, quindi,
avvieremo subito una ricerca su quanto disponibile in
relazione alla questione specifica posta dall'onorevole
Galasso; fra l'altro, anche negli atti di altre Commissioni
d'inchiesta si può trovare qualche elemento utile al riguardo.
Metteremo a disposizione dei membri della Commissione la
documentazione raccolta, spero entro martedì prossimo:
dopodiché, potremo valutare concretamente l'organizzazione del
nostro lavoro su tale specifica questione. Passeremo poi ad
affrontare un altro aspetto del rapporto mafia-politica, ma
certamente dopo aver esaminato quello che è da ritenersi
attualmente prioritario.
  GIOVANNI FERRARA SALUTE. Sono d'accordo con le
considerazioni del presidente. Vi è tuttavia un problema
relativo alla genericità, alla mancanza di documentazione, e
così via: una gran parte del campo, in particolare per quanto
riguarda la politica, non è mai stata dissodata da alcuna
magistratura o Commissione d'inchiesta. In sostanza,
all'inizio di un certo lavoro, ci troveremo di fronte a voci
tradizionali, libri, articoli di giornale, e a niente altro di
più: quindi, rispetto a certi capitoli, personaggi ed
ambienti, abbiamo una funzione di prima istruttoria. Dobbiamo
tenere presente questo aspetto: anche se certi elementi non
sono disponibili, dobbiamo cominciare, noi per primi, un
lavoro di approfondimento.
  PRESIDENTE. Senatore Ferrara, ho pensato, per esempio,
di chiedere a tutte le procure della Repubblica quali
procedimenti siano in corso a carico di persone che svolgono
funzioni politiche. Avremmo così un primo quadro complessivo
di riferimento, anche se magari il 90 per cento dei
procedimenti risulteranno infondati: il rimanente 10 per
cento, però, potrebbe fornirci utili elementi.
  ALTERO MATTEOLI. Desidero aggiungere una precisazione,
alla luce dell'integrazione del collega Galasso: non voglio
esaurire in una sola seduta la trattazione della vicenda
mafia-politica; me ne guarderei bene.
   Dico però che, avendo inserito nel nostro programma un
capitolo sui rapporti mafia-politica ed avendo comunicato
questa intenzione all'esterno, dobbiamo immediatamente
analizzarlo. Il fatto che si voglia tenere l'ultima vicenda,
relativa all'omicidio Lima, al di fuori del contesto
mafia-politica o che la si voglia considerare come il primo
capitolo di questo tema, a me non interessa, perché sono
sottigliezze. L'importante è che si affronti immediatamente
tale vicenda. Che Commissione saremmo se non affrontassimo una
vicenda come questa e se non ci mettessimo subito al lavoro
per cercare di capire? Concordo pienamente con l'onorevole
Scalia (d'altra parte ho tirato fuori io quel nome): mi
guarderei bene dal proporre di limitarci alla vicenda
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 Andreotti, anche perché quel capitolo è già scritto. Bisogna
andare oltre. Sotto quel profilo non c'è bisogno di fare
ulteriori accertamenti.
  MARIO BORGHEZIO. Oltre alla richiesta prospettata dal
presidente, proporrei di chiedere ai prefetti una relazione
sul voto mafioso provincia per provincia.
  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, propongo di
convocare l'ufficio di presidenza allargato ai rappresentanti
dei gruppi ed eventualmente anche la Commissione per il
pomeriggio di martedì 27 ottobre.
(Così rimane stabilito).
La seduta termina alle 12,45.

 


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