Diritto all'ozio


I CRUMIRI DI SCANNABUE

 

A me non fanno simpatia i crumiri. Chiamateli pure «liberi lavoratori», ma la sostanza non cambia: cos'è il crumiraggio se non disertare il posto che legittimamente spetta di lavoratore... ozioso?

Però crumiri simpatici, a dir vero, ce n'è: quelli di Scannabue.

Il paese non ha niente di particolare: ha le sue brave strade fangose d'inverno e polverose d'estate, vi sono i soliti carri di fieno, le solite frotte di oche e di anatre starnazzanti fra i canali e le strade, le solite mucche, il solito odore di stalla; proprio un qualsiasi paese della Lombardia, del Cremasco.

Ma, c'è qualcosa nel nome stesso che mette sul chi va là e ad osservarne attentamente la popolazione non può sfuggire che il tratto caratteristico, inconfondibile c'è. Fra gli agglomerati sociali è come fra individui: ci sono i piccoli, i numeri qualsiasi dell'anonima massa, che non si rassegnano al loro ruolo, cercano ad ogni costo di evadere e se non saranno notati in grandezza, in imponenza, riescono ad esserlo in bizzarria e stravaganza.

E' il caso di molti paesi: non hanno monumenti, non acque termali per sentir spifferare il loro nome ai quattro venti, nessuna battaglia è accaduta nei loro dintorni così da poter vestirsi della fama e della rinomanza del vincitore (e che altro han fatto, pensano invidiosamente gli... anonimi paesucoli, se non gloriarsi del fasto altrui Fornovo, Agnadello, Marengo, Curtatone, S. Martino, Vittorio Veneto?), non sono, ahimè, neanche stazioni climatiche, vuoi di seconda categoria; oh! non pretendono poi tanto: non vorrebbero essere Cortina d'Ampezzo o Cattolica, Viareggio o Taormina, a loro basterebbe essere Chiari, Lovere, Acireale. Niente invece. E allora poiché la storia, i giornali, la cronaca almeno - nera o bianca non importa - devono, devono in qualche modo parlare di loro, si mettono disperatamente in cerca di espedienti.

Così fu per Sperlinga, oscuro paese della Sicilia, se non fosse per il fatto che durante i Vespri siciliani (così almeno ho letto) fu l'unico a non parteciparvi: quod Siculis placuit sola Sperlinga negavit. Ma, han pensato gli Sperlinghesi, poiché il 1282 è invero un po' lontanuccio, né del resto tutti son tenuti a conoscere questo episodio, fa d'uopo farsi notare ancora. L'occasione non mancò: alle prime elezioni amministrative del dopoguerra, quando il diritto di elettorato era stato appena esteso alle donne, solo Sperlinga (anche questo l'ho letto e quindi non ci giurerei sopra) non mandò le sue donne a votare.

In trovate... geniali non è da meno un paese del parmigiano: Fontevivo. Non che Fontevivo non abbia proprio niente: c'è una bella Cattedrale, ci sono delle fonti di non so che acqua, anzi pare che da alcune di esse i fontevivesi si estraggano tranquillamente il sale, in barba al Monopolio. Non so, anzi, se sia stato trovato o si cerchi ancora il petrolio. Ma non bastava. Per i fontevivesi ecco: non bastava, tanto più che bisognava rimbeccare un certo epiteto - che richiama stranamente Cambronne - con cui i limitrofi son soliti ornare il loro nome.

E venne finalmente il momento buono anche per Fontevivo: fu dopo l'altra guerra, verso il '20, quando - erano i bei tempi del sindaco «Torineèn Bociòn» - con tutta serenità Fontevivo si dichiarò repubblica indipendente. Anche questa, s'intende, la dò come me l'han venduta.

Gli esempi si moltiplicherebbero a voler cercare nella memoria e chi ha girato l'Italia non troppo superficialmente me ne può dare atto.

Ora Scannabue, prima di tentare anche lui la scalata... alla fama, si trovava in una situazione assai scabrosa. Clima: non ne parliamo. Aspetto del paese: si è detto, tutto normale, volgare, prosaico. Fondare la propria rinomanza sulla storia, impossibile: l'unica storia di Scannabue, d'una certa importanza, è quella di tutta la zona fra Crema e Lodi, fra Crema ultimo bastione della potenza terrestre della Serenissima e Lodi estremo braccio dello stato di Milano.

Pare - l'ho sentito dalle malelingue - che questa zona sia rimasta terra di nessuno, neutra, in cui si cacciavano i rifiuti, la feccia dei due stati e in cui naturalmente si rifugiava il grosso della delinquenza, e ne aveva fatto la sua piazzaforte.

Battere su questo chiodo, dunque, non era il caso, tanto più che la tradizione delinquenziale - son sempre le malelingue che parlano, ma stavolta malelingue un po' meglio informate e con qualche dato di statistica in mano - non è del tutto spenta nella zona, che insieme a una popolazione fondamentalmente onesta e tranquilla ha sempre avuto il gruppetto di ladruncoli e, in tempi grami, anche di rapinatori.

C'era un'altra caratteristica che si poteva far valere per la conquista della rinomanza: è cosa risaputa infatti nel cremasco che mai occhi di scannabuese si son posati su una ragazza che non fosse di puro sangue scannabuese, dacché mondo è mondo, Scannabue ha rigorosamente messo in pratica il proverbio «sposi e buoi dei paesi tuoi» restringendo persino il «paesi tuoi» in «paese tuo». Non mi si fraintenda però, parlavo di sposi, in quanto ai buoi non saprei dire con esattezza se ne scannino anche di altri paesi.

Questo fatto importa naturalmente il divieto a qualsiasi «straniero» di vagheggiare le formose scannabuesi e tale forma di gelosia, si voglia o no, conferisce al paese un tono un po' troppo spiccato di meridionalità.

Ci pensò ben bene dunque Scannabue e dinanzi al rischio dì passare per «terù» si persuase che neanche questa sua specialità poteva farlo risplendere di vera gloria.

Ma non si era ancora pensato alla politica e, manco a dirlo, al pari di Sperlinga e di Fontevivo, Scannabue trovò qui il destro per spiccare il salto.

Paese agricolo, con una popolazione che vive in condizioni non proprio eccellenti, sarebbe stato logico che Scannabue, abbracciando il vessillo rosso, si fosse schierato nella lotta proletaria a fianco degli altri paesi.

Niente di tutto questo: Scannabue non prestò orecchio alle messianiche trombe annuncianti il verbo di Marx e, strano a dirsi, lo stesso paese che era stato il più ribelle della zona, il più insofferente di freni, restò quieto durante le fiammate rivoluzionarie del primo dopoguerra, anzi si diede, come non fosse affar suo, in mezzo al coro di protesta dei vicini, a praticare il crumiraggio su larga scala. Nutrite squadre di scannabuesi battevano l'intera zona cremasca e lodigiana assicurando in tempo di sciopero la continuità del lavoro nei campi. Né, credo, le cose sono gran che mutate ultimamente. Botte? Credo ne corsero e ne corrano fra scioperanti e crumiri. Ma Scannabue resta crumiro.

Crumiro e indipendente sempre. Perché Scannabue ha una sua politica - e sa che è in ciò la sua originalità la politica del contropelo.