Nuove frontiere

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Introduzione

Le funzionalità fin qui considerate sono quelle che hanno fatto la storia di Internet, e hanno determinato la vera e propria esplosione di popolarità e interesse per la rete alla quale abbiamo assistito negli ultimi anni. Ma, mentre legioni di nuovi utenti si affacciavano ad esplorare le potenzialità della posta elettronica e dei newsgroup, del trasferimento dei file e del World Wide Web, l'evoluzione tecnica di Internet proseguiva. Va detto anzi che proprio l'enorme diffusione raggiunta dalla rete, e la presa di coscienza da parte dell'industria informatica (e non solo) delle sue grandi potenzialità, hanno favorito negli ultimissimi mesi una evoluzione tecnica a tappe particolarmente accelerate. L'abbiamo visto a proposito di telefonia e videotelefonia in rete, due tecnologie che faranno certamente parte dello sviluppo futuro di Internet. Ma altri sviluppi, in un certo senso meno 'familiari', sono alle porte.

Solo tre o quattro anni fa, i pochi utenti 'casalinghi' di Internet disponevano probabilmente di un accesso a caratteri, e i fortunati che potevano navigare attraverso World Wide Web dovevano accontentarsi di pagine piuttosto spartane: niente animazioni, niente sfondi, niente tabelle, caratteri di dimensioni prefissate.

Oggi le limitazioni presenti nelle possibilità di formattazione grafica delle pagine informative immesse in rete cadono una dopo l'altra, avvicinandone sempre di più la preparazione a un vero e proprio lavoro editoriale. Dal punto di vista tecnico, questa evoluzione corrisponde allo sviluppo (come vedremo, non sempre lineare) di HTML, il linguaggio usato per creare tali pagine. Più si moltiplicano i dialetti e le versioni proprietarie di HTML, più ci si rende conto della necessità di una cornice comune nella quale inquadrarle e differenziarle correttamente. È difficile in questo campo fare previsioni, ma è probabile che SGML (Standard Generalized Mark-up Language), il linguaggio 'generale' che è stato storicamente alla base dello sviluppo di HTML, possa svolgere al riguardo una funzione importante in futuro, in particolare attraverso l'idea dei fogli di stile. Per questo già in Internet '96, a differenza di quanto viene fatto dalla quasi totalità dei testi di introduzione a Internet disponibili, avevamo scelto di dedicare spazio sia allo standard CSS per l'uso dei fogli stile, sia a SGML.

Si è trattato, ci pare, di una scelta opportuna, dato che l'attenzione attorno a queste aree tematiche è aumentata enormemente negli ultimissimi mesi: un dato testimoniato sia dall'inclusione dei fogli stile fra le caratteristiche supportate da un numero crescente di browser, sia dall'emergere delle prime proposte miranti alla creazione di un linguaggio in qualche misura 'intermedio' fra HTML e SGML, battezzato XML (eXtensible Mark-up Language). Anche in questo volume cercheremo dunque di fornire almeno una introduzione generale a tali tematiche, che permettono di gettare uno sguardo un po' più ravvicinato sul futuro di Internet.

Vi è poi un altro argomento che merita certamente di essere trattato in connessione con l'evoluzione futura della rete. Nessun manuale su Internet potrebbe infatti dirsi ormai completo senza almeno qualche cenno a VRML, il linguaggio di modellazione per la realtà virtuale che permette l'inserimento su Internet, accanto alle pagine bidimensionali alle quali siamo abituati, anche di mondi tridimensionali navigabili, nei quali sarà presto possibile l'interazione con altri utenti.

VRML esiste da circa tre anni, e tutti i principali browser sono ormai capaci di visualizzare - magari attraverso appositi plug-in - i mondi tridimensionali creati attraverso di esso. Ma se VRML è già una realtà, le sue caratteristiche e la sua diffusione attuale forniscono solo una pallida immagine di quelle che ne sono le potenzialità e le promesse future. Abbiamo quindi scelto di parlarne abbastanza diffusamente, cercando di considerare in che modo un utente 'normale' di Internet può farne uso, e di fornire un orientamento di massima sugli strumenti software disponibili per esplorare questo campo realmente di frontiera.

Nel parlare delle nuove frontiere nell'evoluzione della rete, un altro discorso da affrontare è quello delle cosiddette tecnologie di 'information push', che permettono di ricevere automaticamente 'a domicilio' materiale informativo multimediale (notizie, immagini, brani audio e video...) corrispondente - almeno in teoria - ai nostri interessi. Nel 1997, quella del 'plush' era la tecnologia 'all'avanguardia', una tecnologia che suscitava enormi aspettative; un anno dopo, alcuni entusiasmi forse eccessivi si sono raffreddati, ed è possibile un bilancio più oggettivo di quello che può essere fatto - e di quello che non dovrebbe essere fatto - attraverso i servizi di information push. L'information push rappresenta davvero sempre e comunque un passo avanti? Come vedremo, alcune delle perplessità che avevamo espresso al riguardo in Internet '97 sembrano aver ricevuto, nel corso dell'ultimo anno, qualche conferma.

Obbligatorio infine, nel gettare uno sguardo sul futuro di Internet, almeno un accenno ai network computer, i computer nati per la rete che proprio nel corso del 1997 si sono affacciati sul mercato. Avevamo già accennato in Internet '96 alle discussioni e alle polemiche che hanno accompagnato lo sviluppo dell'idea di network computing - finalmente potremo vedere 'sul campo' se si tratta di un'idea destinata ad avere il radioso futuro che alcuni preconizzano.

Se la rapidità nell'evoluzione della rete è tale da rendere velocemente obsoleta qualunque informazione e indicazione tecnica, questo si rivela particolarmente vero per gli argomenti toccati in questo capitolo. Basti pensare che il linguaggio Java, che in Internet '96 avevamo inserito in questa sezione, si è ormai a buon diritto conquistato un posto fra le realtà consolidate della rete (e ne trattiamo infatti in una sezione a parte). Raccomandiamo quindi al lettore, in particolare per quanto riguarda i temi qui affrontati, di far ricorso anche agli aggiornamenti del manuale disponibili su Internet.

Informazione a domicilio

Internet World è la più grande manifestazione internazionale sul mondo di Internet. E nel dicembre 1996, negli stand dell'Internet World di New York, la tecnologia del momento era quella denominata 'information push'. Una tecnologia prometteva in pochi mesi un nuovo, radicale cambiamento nel volto della rete.

Un anno dopo, nel dicembre 1997, la nuova edizione di Internet World continuava a vedere una discussione assai attiva sui servizi di information push. Ma alcune delle prime esperienze sembravano aver raffreddato i grandi entusiasmi iniziali. Ma cos'è esattamente l'information push, e perché molti dei 'grandi nomi' del mondo Internet, da Microsoft a Netscape, da IBM a Creative - hanno concentrato in questo settore sforzi (e speranze) così consistenti?

Per certi versi, la tecnologia dell'information push fa fare a Internet un salto concettuale verso il passato. L'idea, infatti, è quella di sostituire (o almeno affiancare) all'utente-navigatore, costretto a cercare in rete l'informazione che lo interessa, un utente-spettatore, che dopo aver individuato e indicato con precisione i propri settori di interesse e i fornitori di informazione dai quali desidera ricevere notizie, si limiterà a 'sintonizzarsi', quando lo desidera, sul flusso informativo automaticamente creato per lui. Non è un caso che molti fra i servizi di information push siano organizzati secondo la metafora dei canali radio o televisivi, e che uno dei programmi 'client' destinati alla ricezione di questi canali, quello della Marimba, sia stato denominato 'tuner', sintonizzatore.

Se la metafora è vecchia, le possibilità connesse all'apertura su Internet di 'canali informativi' di questo tipo sono notevolissime. È bene rendersi conto, però, che si tratta di un campo nel quale gli interessi sono soprattutto di tipo commerciale. Supponiamo infatti di essere una società interessata a promuovere (e magari anche a vendere) i propri prodotti attraverso Internet. Sicuramente inseriremo in rete un nostro sito, completo di 'catalogo' e dettagliata presentazione di quello che vendiamo (dai beni fisici ai servizi, dal software all'editoria). Se siamo intraprendenti, potremo poi creare una lista di distribuzione postale alla quale le persone interessate potranno iscriversi, e attraverso la quale forniremo notizie sulle novità, sulle offerte speciali, e così via. A meno che l'uso di HTML nella preparazione della posta elettronica non si diffonda molto più di quanto non accada attualmente, i nostri messaggi saranno però limitati all'uso del testo scritto. Si tratterà spesso, in sostanza, di 'inviti' a visitare il nostro sito per vedere più da vicino le novità che vi si trovano. Ma sarà poi l'utente a dover navigare fino a noi, se vuole effettivamente vedere le immagini dei nostri prodotti, o compilare un buono d'ordine.

La tecnologia dell'information push cambia questa situazione. Un utente interessato, infatti, potrà inserire il nostro canale informativo fra quelli da tenere aggiornati, e sui quali 'sintonizzarsi' in caso di novità. E sintonizzandosi (una procedura che naturalmente dal canto nostro tenderemo a rendere il più automatica possibile) potrà ricevere informazioni testuali ma anche immagini, audio, video. Il nostro stesso sito potrà, volendo, trasformarsi in un 'canale', e le sue pagine in 'trasmissioni', in grado di essere ricevute automaticamente da parte degli utenti che avremo convinto a seguirle.

Va da sé che la nostra ipotetica società dovrà presentare il proprio canale in modo appetibile: sarebbero in pochi a sintonizzarsi su pura pubblicità. Ecco allora che, pur nascendo con scopi commerciali, il canale si presenterà probabilmente come un servizio informativo, capace di accompagnare le informazioni più direttamente commerciali con 'valore aggiunto' appetibile per i potenziali clienti.

Bene, l'immagine che abbiamo presentato finora è un'immagine forse un po' cinica ed esageratamente commerciale dell'information push - ma a nostro avviso è quella che spiega l'enorme interesse e i grossi investimenti che molte società stanno facendo in questo campo. Se ci si fermasse a questo, i dubbi sui meriti reali di questa evoluzione - o involuzione - di Internet sarebbero probabilmente del tutto giustificati. E, ci azzardiamo a sperare, la diffidenza con la quale il 'popolo della rete' ha indubbiamente guardato i primi esperimenti di information push può essere stata determinata proprio dal prevalere di iniziative commerciali o semi-commerciali.

Come tutte le medaglie, però, anche questa ha una seconda faccia. L'information push, infatti, è uno strumento che può essere usato non solo per la diffusione di informazione strettamente commerciale, ma per la diffusione di informazione tout court. Se siamo appassionati di scacchi, un apposito 'canale' potrà trasmetterci l'andamento di un torneo o del campionato del mondo, se ci interessano le quotazioni di borsa potremo seguirle, in tempo reale, magari in un angolo del nostro computer (e quest'ultima possibilità è stata naturalmente fra le prime ad essere esplorata). Un giornale, un'agenzia di notizie, un canale radio o televisivo possono usare questa tecnologia per creare 'notiziari in rete' capaci di aggiornarsi automaticamente, e magari di richiamare la nostra attenzione in caso di 'breaking news', di notizie importanti e improvvise. E si aprono probabilmente nuovi spazi per canali informativi nati nella rete e per la rete, che non abbiano alle spalle iniziative editoriali o radiotelevisive nel mondo fisico - e magari neanche grandi capitali.

Insomma, i confini fra informazione commerciale e informazione non commerciale sono labili, ma indubbiamente l'information push può essere usata per scopi interessanti anche per l'utente, e non solo per l'emittente. Come succede per molte cose nella vita, probabilmente dovremo accettare entrambe le facce della medaglia: quella più commerciale, e quella più interessante. Resterà nostro compito evitare di trasformarci, anche su Internet, in spettatori passivi, privilegiare i programmi e i canali informativi che offrono maggiori possibilità di personalizzazione e di scelta, 'pesare' e valutare adeguatamente le informazioni che ci arrivano, e soprattutto imparare ad appropriarci degli strumenti di comunicazione disponibili, diventare soggetti attivi, e non solo passivi, dello scambio comunicativo.

Nel frattempo, tanto per avere un'idea del tipo di informazione ora disponibile attraverso questo strumento, citiamo un po' a casaccio, basandoci sui vari programmi esistenti: ci sono notizie di agenzia (CNN e Reuters), notizie di borsa, con le quotazioni aggiornate in tempo (quasi) reale, lanci e articoli di una serie di giornali locali e nazionali (per ora quasi tutti americani), notizie sportive, oroscopi, previsioni e cartine del tempo 'localizzate' (è possibile ricevere solo quelle relative alla propria località di residenza), recensioni di film (e, per alcune città americane, indicazione dei programmi di cinema e teatri), recensioni e informazioni sull'uscita di software per computer, informazioni e comunicati stampa da una serie di aziende del settore informatico, e addirittura... il fumetto del giorno, e notizie sul livello della neve in alcune località sciistiche.

Un'ultima considerazione, prima di esaminare un po' più da vicino alcuni dei programmi client esistenti per l'information push. Una tecnologia di questo tipo si basa sulla premessa che l'utente abbia un collegamento a Internet permanente, o almeno usato in maniera assidua e con connessioni di una certa durata. Solo a queste condizioni, infatti, il flusso informativo garantito dall'uso di 'sintonizzatori' quali quelli che stiamo per considerare può essere significativo e non occasionale. Il fatto stesso che l'intero mercato informatico scommetta su questo sviluppo ci dice qualcosa sull'importanza che avrà Internet per le nostre vite, in un futuro non troppo lontano.

Alcuni programmi client

PointCast

Nel campo dell'information push, l'onore e l'onere dei pionieri spetta - come accade spesso nel mondo di Internet - a una piccola software house, la PointCast. La nascita di PointCast Network risale al 1995, ma il programma ha iniziato effettivamente a diffondersi nel 1996, coronando l'anno con l'accordo, siglato a dicembre, fra la PointCast e la Microsoft, che come vedremo ha in seguito incluso la capacità di ricevere canali informativi basati sull'information push all'interno di Explorer 4.

L'idea di base è quella di costituire una rete (PointCast Network) di fornitori di informazione, o 'content provider', che utilizzando uno speciale programma server possono trasmettere contenuti informativi a tutti gli utenti Internet che dispongano di un apposito programma client (in grado di individuare i server PointCast e collegarvisi) e che siano interessati a ricevere tali contenuti.

L'ultima versione del programma client, quello destinato agli utenti 'lettori' e non emittenti di informazione, è, al momento in cui scriviamo, la 2.0 per Windows 95 (ma del programma esiste anche una versione Macintosh, funzionalmente simile a quella qui considerata e giunta nel luglio 1997 alla versione 1.1); la si può scaricare gratuitamente in rete alla URL http://www.pointcast.com o attraverso depositi di programmi shareware come il già più volte ricordato Tucows. L'interfaccia è di uso semplice e di costruzione accattivante. Potete vederla nell'immagine seguente.

Figura 83
Figura 83
Informazioni a domicilio: PointCast 2

Sulla sinistra dello schermo sono disposti una serie di pulsanti: quelli della sezione più alta permettono di scorrere i vari canali che abbiamo scelto di ricevere. Nell'immagine, è selezionato il canale CNN Interactive, che distribuisce informazioni ad aggiornamento continuo, le stesse reperibili sul sito http://www.cnn.com. A loro volta questi canali possono essere suddivisi in sottosettori (o programmi), che possono essere selezionati attraverso la finestra in alto a sinistra del riquadro principale (nel nostro esempio è selezionato 'Sci-Tech'), la stessa che permette di selezionare le singole notizie.

La notizia vera e propria appare nella sezione inferiore della finestra principale, che può essere ingrandita a tutto schermo attraverso un doppio click sulla sua banda superiore. Quanto al riquadro in alto a destra, pochi dubbi al riguardo: poteva infatti mancare una finestra pubblicitaria? Le immagini e i testi che vi appaiono vengono anch'essi aggiornati automaticamente attraverso la rete, e costituiscono una delle forme tecnicamente più innovative (ma non necessariamente una delle più gradite) di pubblicità attraverso la rete. L'immagine pubblicitaria è 'attiva': un click del mouse su di essa aprirà automaticamente il nostro browser e ci porterà al sito della società in questione. A proposito dei moduli pubblicitari di PointCast: indovinate qual è la prima cosa ad essere aggiornata nel corso di ogni collegamento? Se ritenete siano le ultime notizie, e non la pubblicità, complimenti per il vostro idealismo... ma disgraziatamente avete torto.

Torniamo alla barra dei pulsanti, sulla sinistra: sotto i pulsanti dei canali, troviamo quelli che servono a lanciare la procedura di aggiornamento delle notizie ('Update All'), a scegliere quali canali e quali programmi ci interessa ricevere ('Personalize'), a lanciare la modalità 'screen-saver' a tutto schermo o la striscia informativa scorrevole (il cosiddetto Ticker; entrambe queste opzioni possono essere attivate attraverso il pulsante 'View'), il pulsante per la stampa della notizia corrente ('Print'), l'immancabile pulsante di help e infine 'The Web', un pulsante che ha la funzione di lanciare il browser associato (dopo l'accordo con la Microsoft, Pointcast sembra avere in questo campo una decisa preferenza per Internet Explorer).

Un'attenzione particolare merita la già ricordata modalità screen-saver: una volta attivata, il programma passa a schermo intero, con una grafica colorata in cui si alternano sequenzialmente tutte le notizie e le informazioni raccolte. Il modulo screen-saver di PointCast può anche essere sostituito allo screen-saver di Windows, in modo da lanciare automaticamente la visualizzazione delle notizie dopo un certo periodo di inattività del computer.

Una tendenza interessante di PointCast Network è quella alla 'nazionalizzazione' delle notizie: nel momento in cui scriviamo, esiste già una versione canadese del programma, con una serie di canali informativi (ad esempio quelli meteo) dedicati alla specifica situazione canadese, ed esistono un canale CNN in francese e un canale in spagnolo. Come vedremo, altri programmi di information push, e in particolare quello collegato a Explorer 4, permettono di includere fra i canali da seguire previsioni del tempo e notizie locali relative anche al nostro paese.

Sottoscrizioni e canali in Internet Explorer 4

Come si è accennato, nel corso del 1997 la lotta nel campo delle tecnologie di information push si è fatta accesa, e sia la Microsoft che la Netscape Corporation hanno inserito nei rispettivi browser dei moduli client per la ricezione automatica di canali informativi.

Internet Explorer 4 fornisce ai propri utenti due tecnologie connesse con l'information push (o, per usare la tecnologia preferita dalla casa di Redmond, l'information delivery): le 'sottoscrizioni' o 'subscriptions' e i 'canali' o 'channels'. Vediamo di capire di cosa si tratta.

Le 'subscriptions' rappresentano in sostanza un meccanismo per scaricare automaticamente e a intervalli prefissati le pagine di uno o più siti Web. Naturalmente vengono scaricate solo le pagine di volta in volta cambiate, in modo da evitare di ricevere più volte (occupando tempo di collegamento e banda passante) pagine del tutto identiche. È possibile 'abbonarsi' alle pagine Web aggiungendole ai bookmark attraverso il menu 'Preferiti', selezionando l'opzione 'Aggiungi a preferiti'. Ci verrà chiesto se vogliamo solo aggiungere la pagina all'elenco dei siti preferiti, o se vogliamo sottoscriverla; in questo caso, avremo due opzioni: la notifica dei soli aggiornamenti della pagina, o il caricamento automatico della pagina a ogni sua modifica. In entrambi i casi, il bottone 'Personalizza' ci guida lungo una serie di scelte attraverso cui decidere con quale 'profondità' effettuare lo scaricamento automatico del sito, e quale intervallo di tempo far passare fra i controlli degli eventuali cambiamenti della pagina sul server remoto. Se la pagina prevede un accesso attraverso password, è possibile impostare i relativi dati. Se lo si desidera, si può anche essere informati automaticamente via e-mail dei cambiamenti ai siti ai quali ci siamo abbonati. Le icone che rappresentano le pagine alle quali siamo abbonati sono raccolte in una apposita finestra, alla quale si accede attraverso la voce 'Gestione sottoscrizioni' del menu 'Preferiti', e attraverso la quale è possibile modificare tutti i relativi parametri.

Figura 84
Figura 84
Explorer 4: finestra di gestione delle sottoscrizioni

Ma la vera tecnologia di information push introdotta dalla Microsoft è quella degli 'Active Channels'. Vi si accede direttamente dal browser, attraverso il pulsante 'Canali' ('Channels'); in alternativa, è possibile usare il piccolo pulsante con l'icona di un'antenna parabolica che Explorer 4 installa automaticamente sulla barra di stato, accanto al familiare pulsante di Avvio. È anche possibile 'appoggiare' sull'active desktop di Explorer 4 (e di Windows 98) una barra dei canali ('Channel Guide'), che contiene pulsanti per l'accesso immediato ai canali che ci interessano.

Figura 85
Figura 85
Explorer 4 aperto sul canale Raicast, con accanto la barra dei canali italiani ('Channel Guide')

L'accesso al canale avviene in una versione 'a tutto schermo' di Explorer. Essendo gestito attraverso i controlli ActiveX, un canale non si presenta necessariamente come una normale pagina Web: chi gestisce il canale può infatti inserirvi un contenuto multimediale abbastanza ricco. Basti pensare ai canali forniti dalla RAI attraverso il servizio Raicast: è possibile ad esempio 'abbonarsi' (in maniera naturalmente gratuita) al canale del GR1: in questo caso, una simpatica sigla musicale ci avvertirà del momento della messa in onda del giornale radio (calcolato attraverso l'orologio interno del computer, che deve quindi essere regolato con esattezza); volendo, potremo ascoltarne le notizie come flusso di dati audio in tecnologia Real Audio (ce ne occupiamo a fondo nella sezione di questo libro dedicata allo streaming audio e video). L'utente, che deve disporre dell'apposito plug-in Real Audio e naturalmente di un computer dotato di scheda sonora e casse acustiche, potrà così ascoltare in diretta il giornale radio attraverso il proprio computer. Sempre attraverso i canali Raicast è possibile anche l'accesso automatico alle notizie del televideo, aggiornate automaticamente e presentate attraverso una piccola finestra dotata di striscia scorrevole. Fra i canali italiani già disponibili, ricordiamo anche quelli di Repubblica e del Sole 24 Ore (che presentano, in forma molto più tradizionale, una pagina con le ultime notizie), Notizia.it (un notiziario on line che dedica particolare attenzione al mondo della rete), Virgilio, e l'agenzia di notizie ADN Kronos (che permette di ricevere in una sottile finestra da posizionare ovunque sullo schermo le ultime notizie di agenzia).

Figura 86
Figura 86
Il televideo RAI come canale Active Channel

L'aspetto forse più interessante dei canali Microsoft è la possibilità di includerli nell'active desktop, ovverosia nello sfondo di Windows 95 o Windows 98 (Windows 95 non dispone automaticamente dell'active desktop, ma è possibile installarlo assieme ad Explorer 4). In questo caso, avremo in ogni momento a disposizione il contenuto informativo dei canali ai quali ci siamo abbonati. Per includere o escludere canali dal desktop si può utilizzare la schermata di proprietà del desktop, alla quale si arriva facendo click col tasto destro del mouse su un qualunque punto 'vuoto' del desktop stesso e scegliendo la voce 'proprietà'. Va poi scelta la scheda 'Web', al cui interno troveremo l'elenco dei canali inclusi nel desktop, dei quali potremo anche modificare direttamente le proprietà.

Dall'interno di Explorer, la gestione dell'abbonamento ai canali avviene attraverso la stessa voce 'Gestione sottoscrizioni' del menu 'Preferiti' che abbiamo visto nel caso delle sottoscrizioni. In questo caso, tuttavia, per fruire al meglio dei canali che ci interessano è preferibile non modificare le impostazioni predefinite dal gestore del canale, in particolare per quanto riguarda la frequenza di aggiornamento del canale stesso.

Netcaster: l'information push di Netscape

Le tecnologie di information push messe a disposizione dalla Netscape sono sostanzialmente due. La prima, meno evoluta, è basata sull'uso della posta elettronica in HTML, che, ricordiamo, il modulo di posta elettronica di Netscape è in grado di visualizzare. È così possibile abbonarsi a quelle che sono in sostanza delle buone vecchie liste di distribuzione postale, i cui messaggi arrivano tuttavia in HTML, e possono quindi includere contenuto multimediale. La Netscape ha ribattezzato 'In-box direct' questa tecnologia, e fornisce una lista delle 'pubblicazioni' ricevibili via posta elettronica in formato HTML alla URL http://form.netscape.com/ibd/html/ibd_frameset.html.

La tecnologia 'avanzata' di information push della Netscape si basa invece su un modulo autonomo del programma, denominato 'Netcaster', che può essere lanciato o autonomamente, dal menu di avvio, o direttamente da Netscape Communicator, attraverso la voce 'Netcaster' del menu 'Communicator'.

Figura 87
Figura 87
Netscape Netcaster: sulla destra la barra dei canali ('Channel Finder')

Mentre gli Active Channels di Microsoft sono basati fondamentalmente sulla tecnologia ActiveX, Netcaster e i suoi canali utilizzano ampiamente Java. Al lancio di Netcaster, sul lato destro dello schermo viene inserita una linguetta che apre e chiude la barra scorrevole dei canali Netcaster. Tale barra può essere personalizzata con l'inserimento dei canali che desideriamo seguire. L'inserimento di un nuovo canale può avvenire o automaticamente, attraverso un pulsante inserito all'interno del sito del fornitore di informazioni, in grado di lanciare una procedura di configurazione automatica, o manualmente, attraverso il tasto 'New': ci verranno richiesti nome e URL del canale da inserire, la frequenza di aggiornamento del canale, la modalità di visualizzazione preferita. A tale riguardo, va notato che Netcaster permette di scegliere fra due modalità di visualizzazione: il Webtop mode, che permette di 'appoggiare' la finestra del canale sullo sfondo del desktop in maniera non troppo dissimile da quanto avviene con la visualizzazione su desktop degli Active Channels della Microsoft, e la visualizzazione normale all'interno del browser. Il Webtop mode è pensato per canali impostati per 'ancorarsi' allo schermo in maniera non troppo intrusiva, ad esempio attraverso scritte scorrevoli o barre laterali, ma può rivelarsi assai comodo anche per effettuare navigazioni a tutto schermo: attraverso Netcaster è infatti possibile trasformare in 'canale' qualunque pagina del Web, visualizzandola a tutto schermo anziché all'interno della finestra del programma.

Per ora, per Netcaster non esistono specifici canali italiani (anche se come si è accennato qualunque pagina Web può essere trasformata in un canale). Fra i canali stranieri, si segnalano quello della Disney, di Yahoo! e il Weather Channel.

Altri programmi client

Accanto a Pointcast, a Netcaster e alla 'corazzata' Microsoft (la cui tecnologia sembra al momento quella destinata a riscuotere il maggior successo: con l'eccezione di Netscape, infatti, la maggior parte dei fornitori di information push ha adottato lo standard CDF-Channel Definition Format proposto dalla Microsoft), nel campo caldo dell'information push si sono affacciati sulla scena numerosi altri contendenti. Ricordiamo brevemente, fra gli altri, AfterDark Online (arrivato nel gennaio 1998 alla versione 2.1), un programma che trasforma il popolare modulo di screen saver After Dark in un servizio per la ricezione di notizie on-line (il sito da contattare è http://www.afterdark.com); Desktop News, che mette a disposizione un notiziario aggiornato periodicamente, sotto forma di una barra scorrevole particolarmente ben studiata (http://www.destopnews.com); l'agile My Yahoo! (arrivato nel gennaio 1998 alla versione 1.8), sviluppato dall'omonima società che gestisce il popolare indice del Web e particolarmente orientato alle notizie dai mercati finanziari (http://www.netcontrols.com); WorldFlash, una delle più interessanti 'new entries' di quest'anno, aggiornato fra l'altro attraverso le notizie Reuters e che ha l'interessante capacità di includere in tempo reale, fra le informazioni visualizzate sulla propria barra scorrevole, anche le intestazioni dei nuovi messaggi di posta elettronica a noi diretti (http://www.scroller.com); WebSprite, il programma che permette al momento una maggiore personalizzazione delle notizie da ricevere, sfruttando fra l'altro un vasto insieme di parole chiave (http://www.websprite.com). Una menzione particolare merita poi a nostro avviso News Alert, il minuscolo (pesa solo 53K) programma di information push offerto dalla MSNBC sul proprio sito (http://www.msnbc.com). La caratteristica interessante di questo programma - che si basa sul 'feed' di notizie dell'omonima rete televisiva - è l'estrema flessibilità di configurazione: è possibile così impostarlo per ricevere solo le notizie di maggior rilievo (le cosiddette 'breaking news'), e solo nei settori di nostro interesse. Opportunamente configurato, News Alert è assolutamente non intrusivo: rimane attivo in background, senza disturbare il nostro lavoro al computer, controlla periodicamente le nuove notizie disponibili, e si attiva solo in caso di notizie di estremo rilievo, visualizzando una finestra informativa con un sommario della notizia e il link alla sua trattazione completa sul sito MSNBC.

Fra i programmi qui menzionati, After Dark Online è disponibile anche in versione Mac; sempre per Mac va anche segnalato un altro interessante programma di information push, Backweb (http://www.backweb.com).

La realtà virtuale in rete

Lo schermo del computer è piatto, bidimensionale. A un livello immediato, quindi, anche l'informazione che ci viene proposta attraverso lo schermo del computer è bidimensionale. Se consideriamo più da vicino il nostro modo di utilizzare questa informazione, tuttavia, noteremo delle differenze rilevanti che hanno a che fare, in qualche modo, con le tre dimensioni spaziali.

Un testo scritto, visualizzato in maniera sequenziale (come accade ad esempio utilizzando il comando 'type' del DOS), può essere considerato come lineare. Naturalmente, il fatto di averne sullo schermo una certa porzione consente di 'saltare' con gli occhi da un punto all'altro dello scritto - così come accade davanti alla pagina di un libro stampato - ma la caratteristica di base resta quella della linearità. Fino a pochi anni fa, questa linearità corrispondeva anche alla inevitabile sequenzialità delle operazioni svolte dal computer: richiedendo la visualizzazione di un testo, non potevamo compiere contemporaneamente altre operazioni.

La situazione cambia se utilizziamo un programma di videoscrittura che inserisca il testo scritto in un 'ambiente' grafico del quale facciano parte bottoni, menu, e magari più finestre di visualizzazione: anche se il testo resta lineare, il nostro ambiente di lavoro è diventato pienamente bidimensionale, e ci fornisce informazioni (e possibilità operative) che travalicano il semplice testo visualizzato.

Un ipertesto, alcuni passi del quale rimandino a porzioni diverse dello stesso testo, o a testi diversi, o addirittura (ipermedia) a informazioni di natura non testuale (ad esempio a immagini, o a documenti sonori) sembra poi possedere, in qualche forma, una propria 'profondità'. Possiamo quasi pensare a un testo tridimensionale. Ma l'ambiente di lavoro nel quale lavoriamo resta bidimensionale, i salti attraverso la 'terza dimensione' dell'ipertesto vengono percepiti un po' come se fossero i balzi nell'iperspazio in un romanzo di fantascienza: si passa istantaneamente 'attraverso' qualcosa che non ha altra realtà se non quella di un costrutto teorico, utile a spiegare come mai da un determinato ambiente siamo passati a un altro. La tridimensionalità di un ipertesto non è spaziale ma concettuale.

Prendiamo invece un esempio del tutto diverso: un gioco come Doom o Quake, nel quale il giocatore si muove in un ambiente effettivamente tridimensionale. Le porte si aprono, si attraversano per passare da una stanza all'altra, ci sono scale da salire o da scendere, oggetti da prendere o da spostare, e i rapporti di vicinanza e lontananza da un oggetto, da una parete, o magari da un pericoloso nemico armato sono parte integrante del meccanismo del gioco. Certo, l'ambiente tridimensionale è visto attraverso uno schermo bidimensionale, come accade ad esempio nel caso di un film. Però la tridimensionalità è effettiva, non ci sono salti improvvisi da un ambiente all'altro ma spostamenti progressivi e realistici. Con l'aiuto di un casco per la realtà virtuale, capace di ingannare il nostro cervello fornendo un'impressione di tridimensionalità ancora maggiore, possiamo cercare non solo di osservare un ambiente dall'esterno, ma di immergerci al suo interno.

Cosa c'entra tutto questo con Internet? Inizialmente, la rete permetteva soprattutto lo scambio di informazioni lineari: un messaggio di posta elettronica, un file di testo. I browser dell'ultima generazione e World Wide Web hanno portato sia la piena bidimensionalità dell'interfaccia grafica, sia la 'tridimensionalità ipertestuale', la capacità di muoversi attraverso l'informazione non solo in maniera lineare ma anche 'in profondità'. Il continuo uso di metafore spaziali ('muoversi', 'navigare', 'andare' a un determinato indirizzo, 'raggiungere' un certo sito...) dimostra abbastanza chiaramente che la nostra percezione delle relazioni istituite sia all'interno delle informazioni presenti in rete, sia fra noi e una o più risorse informative, è almeno in parte di tipo spaziale. Il ciberspazio, insomma, è qualcosa di più di una metafora: attraverso Internet abbiamo effettivamente costruito un universo informativo che viene impostato, percepito e fruito come uno spazio - anche se si è trattato finora soprattutto di uno spazio concettuale.

Il passo verso la frontiera successiva - la realtà virtuale in rete - è dunque un passo naturale. Se si riuscisse a compierlo, un museo o una esposizione su Internet potrebbero essere realizzati - anziché per mezzo di una serie di pagine informative interrelate attraverso legami ipertestuali - costruendo un edificio tridimensionale 'virtuale' da visitare nel modo familiare, ma la cui topologia possa variare su indicazione degli utenti, permettendo a richiesta di 'avvicinare' ad esempio la sala dedicata all'arte preistorica a quella dedicata agli artisti contemporanei che ne riprendono temi e stilemi. Una biblioteca in rete potrebbe essere rappresentata, anziché da una lista di titoli elencati su una pagina, da una stanza scaffalata, nella quale i singoli testi sono rappresentati da volumi di dimensioni e aspetto diversi. Uno studente di fisica o di chimica potrebbe navigare attraverso rappresentazioni tridimensionali di atomi e molecole, anziché trovarne semplicemente la formula scritta. E 'ambienti' tridimensionali di questo tipo potrebbero essere visitati contemporaneamente da più persone, fisicamente lontanissime ma virtualmente vicine, capaci di vedersi l'un l'altra e di interagire.

Si tratta di prospettive che possono lasciare interdetti, e anche suscitare un certo sgomento. Stiamo forse costruendo un elaborato sogno - o incubo - collettivo da sostituire alla realtà?

È assai difficile dare una risposta univoca a questi interrogativi e a queste preoccupazioni. Da parte nostra, non crediamo - come alcuni fra i 'guru' delle nuove tecnologie tendono sicuramente a fare - che l'indubbio fascino intellettuale e immaginativo delle applicazioni più avanzate in questi campi tecnologicamente di punta ne garantisca da solo la desiderabilità sociale. Siamo però convinti che il rifiuto aprioristico sia la scelta più erronea: la costruzione del ciberspazio - che con le applicazioni di realtà virtuale oggi possibili su Internet muove solo i primi passi - è effettivamente la costruzione di un nuovo mondo, che come quello reale avrà probabilmente volti meravigliosi e volti inquietanti o terribili. Conoscere quello che viene fatto in quest'ambito - anche per indirizzare la riflessione e la ricerca nelle direzioni ritenute più opportune - non è dunque una pura esercitazione intellettuale.

VRML

Le prime applicazioni di realtà virtuale in rete sono state costruite utilizzando VRML (Virtual Reality Modelling Language), il linguaggio di modellazione per la realtà virtuale ideato da Mark Pesce, Tony Parisi e Dave Raggett e promosso dalla Silicon Graphics, una delle massime industrie nel campo della grafica computerizzata.

L'idea di base è ambiziosa: creare in rete ambienti tridimensionali ai quali sia possibile collegarsi così come ci si collega a una normale pagina informativa su World Wide Web; ambienti che possano essere 'navigati' in maniera analoga a quanto accade in videogiochi 3D quali i già ricordati Doom e Quake, nei quali sia possibile visualizzare gli altri utenti collegati insieme a noi e interagire con loro, e in cui, al posto dei legami ipertestuali realizzati rendendo attive zone di testo, vi siano legami ipermediali realizzati rendendo attivi oggetti (ed eventualmente personaggi) della scena.

Naturalmente, gli ideatori del progetto sapevano bene che trasmettere attraverso la rete immagini di ambienti tridimensionali, aggiornate secondo dopo secondo così come richiesto dalla necessità di rendere fluido e naturale il movimento, costituiva un compito lontanissimo dalle possibilità attuali di Internet. La soluzione adottata per ovviare al problema è semplice: trasferire non già immagini ma descrizioni dell'ambiente e degli oggetti che vi si trovano, lasciando al programma client, installato sul computer del singolo utente, il compito di tradurre queste descrizioni in immagini tridimensionali, in maniera non troppo dissimile da quanto fa ad esempio Netscape quando visualizza una pagina HTML sulla base delle indicazioni fornite dai codici di marcatura.

Perché il programma client possa correttamente interpretare le descrizioni dell'ambiente, queste devono evidentemente essere scritte in un linguaggio standard - ed è qui che entra in gioco VRML. In parte basato su Open Inventor, un linguaggio di descrizione grafica che era stato elaborato dalla Silicon Graphics, VRML comprende istruzioni per descrivere un certo numero di oggetti-base (ad esempio cubi, sfere, piramidi), la loro posizione rispetto agli assi cartesiani, posizione e intensità delle fonti luminose che li illuminano, caratteristiche di opacità o trasparenza delle superfici, e così via. A differenza di HTML, VRML non è dunque un linguaggio di marcatura (nonostante la sigla VRML sia nata come acronimo di Virtual Reality Mark-up Language), giacché non c'è nulla di simile al testo base che viene 'marcato' in HTML, ma un vero e proprio linguaggio di descrizione (per questo 'Modelling' ha sostituito 'Mark-up' nell'acronimo che scioglie la sigla). Naturalmente, tuttavia, VRML comprende le istruzioni di base per rendere 'attivi' gli oggetti che si desidera collegare ad altre risorse informative in rete (siano esse pagine HTML, altri mondi VRML, file sonori, immagini, testi...). E la sintassi di queste istruzioni è assai simile a quella delle istruzioni corrispondenti in HTML.

La prima versione di VRML (VRML 1.0) è stata sviluppata fra fine 1994 e inizio 1995; tuttavia, la sua stesura definitiva è del gennaio 1996. VRML 1.0 rinunciava ancora, programmaticamente, a implementare istruzioni per la visualizzazione contemporanea dei frequentatori di uno stesso mondo in realtà virtuale e per l'interazione fra loro. Inoltre, gli oggetti che costituivano un mondo dovevano essere necessariamente statici, e se negli ambienti creati erano previste fonti luminose, non erano tuttavia previste fonti sonore. Il lavoro per superare queste limitazioni, e per favorire l'interazione fra VRML e Java, costituisce attualmente lo sforzo maggiore della comunità impegnata nello sviluppo di VRML. Comunità che si è organizzata dando vita a un'apposita organizzazione (VAG: VRML Architecture Group), che nel corso del 1996 ha completato la preparazione della versione 2.0 del linguaggio. Le specifiche individuate dal VAG per VRML 2.0 sono state presentate al pubblico nell'agosto 1996, e costituiscono sostanzialmente la base della versione finale di VRML 2.0, denominata VRML97 e approvata dall'ISO, la International Standardization Organization, nel dicembre 1997.

Nel frattempo il VAG, esaurito il proprio ruolo, si è sciolto, ed è stato sostituito dal VRML Consortium (http://www.vrml.org), l'organismo internazionale che ha la responsabilità per gli sviluppi futuri del linguaggio.

La battaglia attorno a VRML è stata piuttosto aspra, anche perché fra fine 1995 e inizio 1996 l'interesse verso VRML è esploso: è entrata in campo anche la Microsoft, che ha avanzato una propria proposta di standard denominata 'Active VRML'. Silicon Graphics - come si è accennato fra le prime a sostenere il progetto - ha replicato con una proposta denominata 'Moving Worlds', frutto di un team di sviluppo al quale ha partecipato anche la Sony. A tale proposta hanno aderito fra l'altro Sun e Netscape corporation.

Come avevamo previsto in Internet '97, lo standard di VRML 2.0 proposto dal VAG e quindi approvato, come VRML97, dall'ISO, adotta la maggior parte delle proposte che costituiscono l'ossatura dello standard 'Moving Worlds'. Fra gli aspetti innovativi di VRML97 la possibilità di aggiungere effetti e sfondi alla scena (ad esempio nebbia, terreni irregolari, e così via), di inserirvi fonti sonore (un telefono può suonare, un oggetto che cade può fare rumore), di tener conto del passare del tempo (avvenimenti possono accadere a intervalli regolari), di interagire con gli oggetti (senza trovarsi ad esempio ad 'attraversare i muri', come accadeva in VRML 1.0), di inserire oggetti animati (realizzati tecnicamente accompagnando alla descrizione dell'oggetto uno script, cioè un breve programma che ne descrive i movimenti o le azioni). I più tecnicamente esperti fra i nostri lettori saranno interessati a sapere che quest'ultima caratteristica di VRML97 viene resa possibile da una integrazione con Java, e che è prevista anche la programmazione prototipale (il che vuol dire che sarà possibile creare mondi o oggetti 'generici' da riutilizzare per creare mondi o oggetti 'specifici' diversi).

Per gli interessati, segnaliamo che le specifiche finali di VRML97 e informazioni ulteriori sul lavoro di definizione dei nuovi standard VRML (va detto infatti che i complessi problemi collegati all'interazione diretta fra più utenti collegati allo stesso mondo sono stati solo sfiorati da VRML97, e sono al momento l'argomento forse più dibattuto nella comunità VRML) si possono trovare in rete, partendo dalla URL http://www.vrml.org. La realtà virtuale in rete ha insomma un ampio spazio aperto per nuovi sviluppi - e fra quelli che probabilmente riceveranno più attenzione negli anni a venire è senz'altro anche la sperimentazione di strumenti di navigazione tridimensionale più 'immersivi' di quanto non possa essere lo schermo di un monitor.

I client 3D

Come si è detto, per poter visualizzare un mondo VRML e navigare al suo interno è richiesto un programma client specifico, capace di interpretare la descrizione del mondo ricevuta attraverso Internet, di visualizzare l'ambiente tridimensionale, di aggiornare lo schermo in tempo reale in corrispondenza dei movimenti dell'osservatore (guidati dal mouse o dalla tastiera), e di reagire correttamente all'attivazione da parte dell'utente di collegamenti ipermediali.

Inizialmente limitata a pochi prodotti (fra i quali vanno menzionati per ragioni storiche almeno Webspace, della Silicon Graphics - il primo 'vero' client VRML - e WorldView, della InterVista Software, il primo disponibile per il grande pubblico, in una versione per Microsoft Windows), l'arena dei browser VRML ha acquistato nuovi contendenti con un ritmo decisamente sostenuto. Forniamo dunque subito un indirizzo utile per seguire le ultime novità del settore: si tratta del VRML Repository, alla URL http://www.sdsc.edu/vrml. Ma vediamo in che modo si sono mossi sul terreno VRML i principali contendenti della 'guerra dei browser', Netscape e Microsoft.

Netscape è stata in questo campo la prima a muoversi, prevedendo a partire dalla versione 3 il supporto per molte fra le specifiche proposte per VRML 2.0, attraverso un plug-in (che all'epoca si chiamava Live 3D) distribuito assieme al programma principale. Come avevamo previsto in Internet '97, tuttavia, l'accordo fra Netscape e la Silicon firmato a inizio 1997 ha portato all'abbandono di Live 3D a favore di Cosmo Player, un plug-in realizzato in Java dalla Silicon Graphics (probabilmente l'azienda leader del settore). Cosmo Player, attorno al quale è nata una società apposita, controllata dalla Silicon Graphics e denominata Cosmo Software, è fornito di serie (nella sua versione 1.0) assieme a Netscape Communicator 4; è tuttavia possibile (e consigliabile) scaricare gratuitamente la versione più recente del plug-in, la 2.0, presso il sito della Cosmo Software (http://www.cosmosoftware.com). Una volta installato Cosmo Player, non dimenticate di dare un'occhiata al bellissimo cartone animato Floops, interamente realizzato in VRML e raggiungibile alla URL http://www.cosmosoftware.com/galleries/floops).

La Microsoft è entrata in quello che è uno dei più interessanti campi di battaglia della guerra dei browser con un qualche ritardo, ma con tutto il peso della sua forza commerciale. Nel 1997 ha acquistato dalla InterVista Software il già citato, pionieristico WorldView, e ne ha sviluppato il codice fino a trasformarlo nel Microsoft VRML 2.0 viewer, un controllo ActiveX per Explorer 4 che può essere scaricato gratuitamente a partire dalla URL http://www.microsoft.com/vrml/toolbar/.

Va detto, comunque, che il campo dei browser VRML è tuttora apertissimo, e non è limitato ai 'grandi nomi': una lista completa di plug-in e browser VRML è disponibile presso il già citato sito http://www.sdsc.edu/vrml. Vale la pena di ricordare che fra i contendenti non sfigura affatto un browser a cui hanno lavorato i laboratori europei (e in particolare quelli italiani) del CERN: si tratta di i3D, un plug-in per Netscape disponibile purtroppo solo per workstation Alpha o Silicon Graphics. Informazioni alla URL http://www-venus.cern.ch/i3d/.

Diamo comunque un'occhiata un po' più ravvicinata a quelli che al momento sembrano i due maggiori contendenti, i già ricordati Cosmo Player e Microsoft VRML 2.0 viewer.

Cosmo Player

Il plug-in per i mondi VRML 2.0 della Cosmo Software, arrivato alla versione 2.0, ha adottato una nuova interfaccia, dall'apparenza decisamente 'giocosa' (il movimento all'interno dei mondi VRML avviene attraverso una consolle che ricorda abbastanza da vicino quella di molti videogiochi), ma tutto sommato facile e intuitiva. La vedete nella figura qui sotto, applicata a un mondo VRML 'di addestramento' disponibile sul sito della Cosmo Software (la URL è http://www.cosmosoftware.com/galleries/chomp/) e nel quale dovete controllare uno squalo impegnato a... procacciarsi del cibo.

Figura 88
Figura 88
Chomp, un mondo di addestramento all'uso di Cosmo Player 2.0. Lo squalo ha trovato una preda...

Il bottone principale della consolle, caratterizzato da una doppia freccia, permette di muoversi nell'ambiente VRML. Dopo averlo cliccato, basterà spostare il puntatore all'interno del mondo 3D, scegliere la nostra direzione e tenere premuto il tasto sinistro del mouse. Quasi obbligatoria, per acquistare un po' di velocità, è la pressione del tasto 'shift', mentre il tasto 'ctrl' ci permetterà di muoverci verso l'alto e verso il basso. A sinistra del pulsante principale, una doppia freccia ad arco ci permette di cambiare, senza muoverci, la nostra angolazione (in sostanza, di guardarci intorno); a destra, una croce formata da quattro frecce permette di scivolare verso destra e sinistra o, tenendo premuto il tasto 'alt', verso l'alto e verso il basso. A sinistra della pulsantiera, un bottone con un mirino ci permette di 'inquadrare' un oggetto e di avvicinarci automaticamente ad esso. A destra, due ulteriori bottoni permettono di annullare o ripristinare l'ultimo movimento fatto. Sono poi disponibili controlli per la gravità, il volo, e per raddrizzare automaticamente la propria posizione dopo qualche movimento particolarmente goffo.

La figura 89 riassume i principali controlli di Cosmo Player 2.0. Tenete presente, comunque, che per imparare davvero a usare un software del genere, le descrizioni servono a poco, l'unica possibilità è provare.

Per finire, va ricordato che Cosmo Player 2.0 è in grado di gestire la presenza di fonti sonore negli ambienti 3D visitati, con effetti spaziali di profondità.

Figura 89
Figura 89
Cosmo Player 2.0, la consolle per il controllo dei movimenti

Microsoft VRML 2.0 Viewer

Il plug-in per i mondi VRML 2.0 di casa Microsoft ha, occorre dire, un aspetto un po' meno 'giocoso'. I principali comandi sono disponibili come pulsanti disposti su due barre, una verticale, alla sinistra dell'immagine, e una orizzontale, in basso. Le funzioni dei comandi sono intuitive: il comando 'Walk' permette movimenti lineari in qualunque direzione, 'Pan' permette un movimento di scivolamento orizzontale e verticale, 'Turn' permette di girarsi (restando fermi), 'Roll' di ruotare, 'Goto' di spostarsi verso un obiettivo specifico (da indicare col mouse), 'Study' infine permette di 'afferrare' un oggetto e ruotarlo per vedere com'è fatto. I comandi in basso permettono di allontanare il punto di vista ('Zoom out'), di raddrizzare la nostra posizione (nei mondi 3D, perdere l'orientamento non è difficile...), di scorrere i diversi 'Viewpoint' o punti di vista programmati per noi dal creatore del mondo VRML che stiamo visitando, e infine di tornare alla posizione di ingresso. Il tasto destro del mouse permette inoltre di accedere a menu di configurazione e personalizzazione.

Figura 90
Figura 90
Saremo così, in rete? Un Avatar VRML visualizzato dal viewer Microsoft

I movimenti sono estremamente fluidi, forse i più fluidi fra quelli visti finora in un browser VRML. In alcuni casi, tuttavia, la resa dei colori (soprattutto in presenza di superfici 'pannellate') lascia un po' a desiderare. Nel complesso, comunque, il prodotto Microsoft è di altissimo livello, e lascia assai ben sperare per gli sviluppi futuri.

Nuovi standard, nuove sigle

L'evoluzione di Internet procede incessantemente. La crescente richiesta di nuove potenzialità e applicazioni trasforma la rete in un continuo work in progress, un laboratorio dove si sperimentano tecnologie e soluzioni innovative.

Se da una parte questo processo produce sviluppi disordinati, spesso determinati da singole aziende che cercano di trarre il massimo profitto dal fenomeno Internet, dall'altra le organizzazioni indipendenti che gestiscono l'evoluzione della rete svolgono una continua attività di ricerca e di definizione di nuovi standard.

L'organizzazione ufficiale deputata allo sviluppo degli standard per la rete è la IETF (Internet Engineering Task Force), il cui lavoro tuttavia procede con molta prudenza. I documenti prodotti da questo gruppo sono denominati Request for Comment (RFC). Questo termine (che risale alle origini della rete) mostra come il processo di standardizzazione su Internet avvenga mediante un processo di consultazione non centralizzato.

Molto più dinamico invece è il World Wide Web Consortium (W3C), che raccoglie centinaia di aziende, organizzazioni e centri di ricerca interessati allo sviluppo delle tecnologie di rete. Il lavoro del W3C si articola per commissioni e gruppi di lavoro, che producono bozze tecniche di lavoro (working drafts). Ogni proposta viene poi sottoposta ad un processo di verifica e di revisione, finché non viene approvata dal consiglio generale e diventa una 'raccomandazione' (recommendation), alla quale è possibile far riferimento per sviluppare software. In questi ultimi anni il W3C ha prodotto una serie di specifiche divenute, o in procinto di divenire, standard ufficiali su Internet. Tutti i materiali prodotti dal W3C sono di pubblico dominio, e vengono pubblicati sul sito Web del consorzio.

La maggiore quantità di innovazioni riguardano il funzionamento di World Wide Web. I settori in cui si è concentrata l'attenzione sono sostanzialmente:

  • il potenziamento delle funzionalità di gestione editoriale e grafica dei documenti su Web
  • la certificazione ed il controllo del contenuto dei siti
  • l'individuazione ed il reperimento di documenti e risorse su Internet.

Nei prossimi paragrafi discuteremo una parte di queste innovazioni, destinate a cambiare il volto di Web, per l'ennesima volta, nei prossimi mesi o anni.

Naturalmente si tratta di semplici introduzioni, che non possono esaurire i temi trattati, anche perché in molti casi siamo ancora in presenza di semplici proposte, sottoposte a continue rielaborazioni e raffinamenti. Chi è interessato ad approfondire queste tematiche può comunque visitare il sito del W3C, il cui indirizzo è http://www.w3.org, e quello della IETF, alla URL http://www.ietf.org; in entrambi i siti è possibile reperire aggiornamenti costanti, documentazione e rapporti sull'attività di standardizzazione.

Questioni di stile e di contenuto

Quando è stato sviluppato, World Wide Web era concepito come un sistema per la distribuzione di semplici documenti tecnici su rete geografica. La comunità di utenti a cui era destinato era molto ristretta, fortemente legata al mondo della ricerca scientifica, non necessariamente in possesso di particolari competenze informatiche, e scarsamente preoccupata degli aspetti qualitativi e stilistici nella presentazione dell'informazione. Per questa ragione nello sviluppo delle 'infrastrutture tecnologiche' sono state perseguite la semplicità di uso e di implementazione.

Queste caratteristiche hanno notevolmente contribuito al successo di Web. Ma con il successo lo spettro dei fornitori di informazione si è allargato: World Wide Web è diventato un vero e proprio sistema di editoria elettronica on-line. Ovviamente l'espansione ha suscitato esigenze ed aspettative che non erano previste nel progetto originale, stimolando una serie di revisioni e di innovazioni degli standard tecnologici originari.

L'aspetto che ha attirato maggiore interesse è il potenziamento della capacità di gestione e controllo dei documenti multimediali e dei testi elettronici pubblicati su Web (e dunque del linguaggio utilizzato per la loro creazione).

Come sappiamo, il formato usato nella realizzazione di pagine Web è il linguaggio HTML (ne parleremo in dettaglio nell'ultima sezione di questo libro). Questo linguaggio ha subito una notevole evoluzione dalla sua prima formalizzazione. Un ruolo propulsivo in questo processo è stato assunto dalle grandi aziende produttrici di browser. Nel corso degli anni tanto Microsoft che Netscape hanno introdotto innovazioni ed estensioni del linguaggio, al fine di conquistare fette di mercato (infatti le nuove caratteristiche, almeno in prima istanza, erano riconosciute e interpretate correttamente solo dai rispettivi browser).

Gran parte di queste estensioni proprietarie hanno avuto lo scopo di ottenere effetti grafici e di impaginazione spettacolari. A tutto ciò si è aggiunta l'introduzione dei plug-in e dei controlli ActiveX, che permettono di distribuire documenti in formati proprietari, contribuendo all'incremento della confusione.

Questa corsa all'ultima innovazione, se molto ha migliorato l'aspetto e la fruibilità delle pagine pubblicate su Web, ha avuto degli effetti deleteri sul piano della portabilità dei documenti066. L'introduzione di nuovi marcatori per ottenere effetti grafici, inoltre, può essere fonte di inconsistenze formali nella definizione del linguaggio HTML, e riduce la sua utilità in applicazioni complesse come l'aggiornamento di database, o i sistemi di reperimento delle informazioni. Qualcuno in passato ha addirittura paventato una balcanizzazione di World Wide Web067.

Per ovviare al rischio di una 'babele telematica', ed evitare che le tensioni indotte dal mercato limitassero l'universalità di accesso al Web, il W3 Consortium ha accelerato il processo di aggiornamento dello standard ufficiale, che di volta in volta ha accolto (o rigettato) parte delle modifiche introdotte.

Parallelamente all'aggiornamento delle attuali tecnologie, l'organizzazione ha iniziato a sperimentare nuove soluzioni per la creazione e gestione dei documenti su Web. Il risultato di questa attività ha prodotto recentemente alcuni importanti risultati, che potrebbero rappresentare una vera e propria rivoluzione copernicana nella storia di questo strumento di comunicazione.

HTML 4.0 e i fogli di stile CSS

Iniziamo la nostra rassegna sulle ultime novità nella gestione dei documenti su Web dagli ultimi sviluppi del linguaggio HTML e dalla formalizzazione del linguaggio per fogli stile Cascading Style Sheet (CSS).

Nel dicembre del 1997 è stata rilasciata ufficialmente l'ultima versione del linguaggio HTML, la numero 4 (le specifiche in inglese sono disponibili all'indirizzo http://www.w3.org/MarkUp/)068. HTML 4.0 aggiorna notevolmente la precedente versione 3.2, ed accoglie molte novità che erano precedentemente parte dei vari dialetti proprietari (ad esempio la tecnologia dei frame, che permette di suddividere la finestra del browser in sottofinestre contenti file diversi).

Ma le caratteristiche più rilevanti di questa versione sono senza dubbio l'attenzione dedicata alla internazionalizzazione e l'integrazione del linguaggio HTML con un sistema di fogli di stile, in modo da distinguere la struttura astratta del documento dalla sua presentazione formale.

Per quanto riguarda il primo aspetto, diciamo subito che si tratta di un argomento alquanto difficile, la cui comprensione esaustiva richiede la conoscenza approfondita dei metodi di rappresentazione dei caratteri nei sistemi informatici. In generale si può dire che tale rappresentazione si basa sulla codifica binaria dei caratteri. Questa codifica viene effettuata associando il repertorio ordinato di simboli di un determinato sistema di scrittura (che comprende il sistema alfabetico, le cifre numeriche decimali, ed una serie variabile di caratteri ortografici), detto character set, a sequenze di numeri binari (bit). Una tavola di corrispondenza biunivoca viene detta Coded Character Set (insieme di caratteri codificati).

Le tavole di caratteri si differenziano per il numero di cifre binarie che utilizzano, e dunque per il numero di caratteri che possono codificare. La più famosa e diffusa è quella denominata ISO 646 IRV, ripresa nello standard internazionale di fatto, l'American Standard Code for Information Interchange (ASCII). Questa tavola usa sequenze di sette numeri binari, che consentono di rappresentare 128 simboli. Naturalmente, poiché i computer sono nati negli Stati Uniti, i simboli alfabetici in essa presenti sono quelli utilizzati dall'alfabeto anglosassone.

La diffusione dei computer ha naturalmente determinato l'esigenza di rappresentare i caratteri di altri alfabeti. Sono state così sviluppate diverse tavole basate su otto cifre binarie (dotate di 256 posizioni), che hanno di volta in volta accolto i simboli dei vari alfabeti latini. La più nota tra queste tavole è la ISO 8859-1, meglio conosciuta come ISO Latin 1. Essa contiene i caratteri principali delle lingue occidentali con alfabeti latini, ed è usata da molte applicazioni su Internet (ad esempio World Wide Web), e da molti sistemi operativi. Naturalmente la ISO Latin 1 non risolve il problema degli alfabeti non latini: arabo, israelitico, cirillico, giapponese, cinese e così via. Nel 1992, dunque, l'International Standardization Organization (ISO) ha rilasciato una tavola di caratteri che usa 16 bit: si chiama ISO 10646, ma è meglio conosciuta come Unicode069. Unicode (la cui implementazione nei sistemi operativi e nelle applicazioni sta appena iniziando) con le sue 65536 posizioni disponibili dovrebbe risolvere i problemi di rappresentazione standard di gran parte degli alfabeti del mondo per molto tempo a venire.

Ebbene, HTML 4.0 è formalmente basato su Unicode ed è in grado di rappresentare sistemi di scrittura che hanno direzioni di scrittura diverse da quella occidentale (ad esempio gli arabi scrivono da destra verso sinistra). Dunque, potenzialmente, esso permette la redazione e distribuzione di documenti redatti in ogni lingua ed alfabeto e di documenti multilingua070.

L'altra innovazione importante di quest'ultima versione del linguaggio HTML è l'integrazione dei fogli di stile CSS. Fino ad oggi, nell'architettura di World Wide Web, le regole di formattazione e la resa grafica di un documento sono state codificate nel codice del browser. Il controllo sull'aspetto della pagina da parte dell'autore è molto limitato, e peraltro si basa su un insieme di marcatori HTML che possono introdurre inconsistenze strutturali nel documento. L'introduzione dei fogli di stile risolve entrambi i problemi poiché:

  • consente una cura dettagliata del progetto grafico di una pagina Web
  • separa la specificazione della grafica dalla struttura logica del contenuto.

Il concetto di foglio di stile nasce nell'ambito delle tecnologie di word processing e desktop publishing. L'idea è quella di separare il contenuto testuale di un documento elettronico dalle istruzioni che ne governano l'impaginazione, le caratteristiche grafiche e la formattazione. Per fare questo è necessario suddividere il testo in blocchi etichettati ed associare poi ad ogni blocco uno specifico stile, che determina il modo in cui quella particolare porzione del testo viene impaginata sul video o stampata su carta. Ad esempio, ad un titolo di capitolo può essere associato uno stile diverso da quello assegnato a un titolo di paragrafo o al corpo del testo (lo stile 'titolo di capitolo' potrebbe prevedere, poniamo, un carattere di maggiori dimensioni e in grassetto, la centratura, un salto di tre righe prima dell'inizio del blocco di testo successivo; a un blocco di testo citato potrebbe invece essere assegnato uno stile che prevede un corpo lievemente minore rispetto al testo normale, e dei margini maggiori a sinistra e a destra per poterlo 'centrare' nella pagina). Per chi usa un moderno programma di scrittura come Microsoft Word o Wordperfect questo meccanismo, almeno ad un livello superficiale, dovrebbe risultare alquanto familiare.

I fogli di stile facilitano la formattazione dei documenti, permettono di uniformare lo stile di diversi testi dello stesso tipo, e semplificano la manutenzione degli archivi testuali. Infatti la modifica delle caratteristiche formali di uno o più documenti non richiede di effettuare un gran numero di modifiche locali. Se, ad esempio, una casa editrice decide di cambiare il corpo tipografico dei titoli di capitolo nelle sue pubblicazioni, sarà sufficiente modificare il foglio di stile per quella porzione di testo, ed automaticamente tutti i testi erediteranno la nuova impostazione grafica.

Il meccanismo dei fogli di stile si presta facilmente ad essere applicato ai documenti in formato HTML, e in generale ad ogni documento codificato con linguaggi SGML (spiegheremo tra breve di cosa si tratta). Questo tipo di linguaggi, infatti, si basa proprio sulla esplicitazione degli elementi strutturali di un testo attraverso i marcatori. È sufficiente dunque definire una notazione che permetta di associare ad ogni marcatore uno stile. Naturalmente è poi necessario che il browser sia in grado di interpretare questa notazione, e di applicare le relative istruzioni di formattazione. Una notazione di questo tipo è un linguaggio per fogli di stile.

Il linguaggio che è stato sviluppato nell'ambito del W3 Consortium per associare fogli di stile a documenti HTML si chiama Cascading Style Sheet. Ideato originariamente da Håkon Lie alla fine del 1994, è divenuto una raccomandazione ufficiale dell'organizzazione nel dicembre 1996. Il testo definitivo, con il titolo Cascading Style Sheets, level 1, è disponibile al sito Web del W3C, all'indirizzo http://www.w3.org/TR/REC-CSS1-961217.html.

Il CSS, come si afferma nel testo, è "un semplice meccanismo che consente ad autori e lettori di applicare stili (font, colori e spaziature) a documenti HTML. Il linguaggio CSS1 può essere letto e scritto anche da un normale utente, ed esprime gli stili nella comune terminologia del desktop publishing".

La caratteristica fondamentale del CSS, dalla quale deriva il nome, è la possibilità di sovrapporre stili in 'cascata'; in questo modo l'autore può definire una parte degli stili in un foglio globale che si applica a tutte le pagine di un sito, e un'altra parte in modo locale per ogni pagina, o persino per singoli elementi HTML all'interno della pagina. Le regole per risolvere definizioni conflittuali, esplicitate nelle specifiche, fanno sì che lo stile definito per ultimo prenda il sopravvento su tutte le definizioni precedenti. In teoria, se il browser lo consente, anche il lettore può definire i suoi stili.

La sintassi CSS è molto semplice, almeno al livello base. Ad esempio, per indicare che i titoli di primo livello debbono usare un font 'Times' con dimensione di 16 punti tipografici in stile grassetto è sufficiente scrivere quanto segue:

H1{font-type: "Times"; font-size: 15pt; font-weight: bold}

Per collegare un foglio di stile ad un documento HTML 4.0 sono previsti tre metodi: si può definire il foglio di stile in un file esterno, e collegarlo al file che contiene il documento HTML (mediante l'elemento <LINK>); si possono inserire le direttive CSS direttamente all'interno del file HTML, usando l'istruzione speciale <STYLE>; e infine si possono associare stili ad ogni elemento usando l'attributo 'style'.

Un parziale supporto ai fogli di stile CSS livello 1 è stato implementato sia in Microsoft Internet Explorer (a partire dalla versione 3) sia (con minore completezza) in Netscape Navigator e Communicator (versione 4), e sono sempre di più gli sviluppatori professionali che ne fanno uso per esprimere la grafica dei loro siti. L'adozione di questa tecnologia potrà auspicabilmente porre fine alla corsa per estendere HTML con inutili e confusionarie istruzioni proprietarie, dando agli sviluppatori di siti Web un reale strumento di design grafico.

Attualmente è in fase di definizione la seconda versione del linguaggio (CSS level 2), le cui specifiche (allo stato di working draft) sono disponibili all'indirizzo http://www.w3.org/TR/WD-css2. Questa versione contiene alcune importanti innovazioni; in particolare ricordiamo: il trasferimento dinamico dei tipi di carattere sulla rete, in modo tale da garantire che l'aspetto di una pagina sia esattamente quello progettato anche se l'utente non ha i font specificati sul suo sistema locale; la specificazione di appositi stili orientati ai software di conversione vocale e ai display per disabili; l'estensione delle capacità di controllo del layout e la capacità di gestire diversi supporti di impaginazione per un medesimo documento (ad esempio la visualizzazione su schermo e la stampa su carta).

HTML Dinamico e DOM

In stretta connessione con la definizione di HTML 4.0 e dei fogli di stile CSS si colloca un'altra importante novità che sta attirando l'attenzione degli sviluppatori di siti Web, ma che potrà avere un notevole impatto anche sulla assai più vasta comunità degli utenti. Ci riferiamo al cosiddetto HTML Dinamico (Dynamic HTML), o più brevemente DHTML.

Abbiamo scritto 'cosiddetto' perché in realtà DHTML non esiste in sé. Almeno non nel senso in cui esiste HTML. Infatti per DHTML si intende un insieme di regole che permettono di usare i fogli di stile e un linguaggio di script al fine di modificare l'aspetto ed il contenuto di una pagina Web al verificarsi di un dato evento (ad esempio il click o lo spostamento del mouse, o il passare di un periodo di tempo). Il risultato consiste nella creazione di pagine Web che possono modificarsi senza essere ricaricate dal server: pagine Web dinamiche, appunto.

DHTML si basa sulla convergenza di tecnologie già esistenti:

  • CSS è il linguaggio per la specificazione degli stili
  • HTML 4.0 definisce la struttura del documento
  • uno dei linguaggi di script esistenti, come Javascript o VBscript (ma in teoria se ne possono usare anche altri, purché il browser sia in grado di interpretarli), per applicare effetti dinamici alla pagina.

L'unico aspetto che è peculiare di DHTML è l'interfaccia tra gli oggetti che costituiscono il documento e gli script che ne manipolano l'aspetto ed il contenuto.

Questa tecnologia ha due vantaggi fondamentali rispetto ai tradizionali sistemi di animazione delle pagine Web (quelli, cioè, che si basano su elaborazioni dal lato server, su plug-in o su programmazione mediante Java o ActiveX). In primo luogo permette di ottenere effetti grafici molto complessi e spettacolari in modo assai semplice. In particolare è possibile avere stili dinamici, che cambiano l'aspetto di una pagina, contenuti dinamici, che ne modificano il contenuto, e posizionamento dinamico, che consente di muovere i componenti di una pagina su tre dimensioni (ottenendo, ad esempio, pagine a strati, o effetti di comparsa e scomparsa di blocchi di testo e immagini). In secondo luogo, permette di conseguire tali effetti con una efficienza e una velocità assai superiori. Quando viene scaricata una pagina dinamica il client riceve tutti i dati che la compongono anche se ne mostra solo una parte; gli effetti dinamici dunque usano dati collocati nella memoria locale o nella cache e non debbono fare chiamate al server per applicare le trasformazioni alla pagina corrente. Inoltre l'elaborazione di istruzioni DHTML è assai meno onerosa dal punto di vista computazionale rispetto alla esecuzione di codice Java o ad altri sistemi basati su plug-in.

Purtroppo a fronte di questi vantaggi DHTML soffre per ora di un grosso limite: le implementazioni di questa tecnologia che sono state proposte da Microsoft e da Netscape sono assai diverse. Così una pagina dinamica che funziona sul browser Netscape non viene letta da Explorer, e viceversa.

In particolare la differenza risiede proprio nel componente di interfaccia, cioè nei metodi e nelle proprietà associate ad ogni elemento HTML che possono essere modificate mediante gli script.

Questa situazione, che ripercorre la storia già vissuta per HTML negli anni passati, potrebbe tuttavia cambiare nei prossimi mesi. Infatti il W3C ha avviato un progetto per proporre uno standard in questo campo, denominato Document Object Model (DOM). Esso dovrebbe fornire un insieme di specifiche indipendenti da particolari piattaforme o da particolari linguaggi di script per manipolare gli oggetti che compongono una pagina Web. Nel momento in cui scriviamo il lavoro di specificazione dello standard non è ancora terminato, ma alcuni aspetti dell'interfaccia sono già stati definiti (per informazioni il sito di riferimento è http://www.w3.org/DOM).

Bisogna dire che, allo stato attuale, l'implementazione di Microsoft è più vicina allo standard rispetto a quella di Netscape, ed inoltre è dotata di un più vasto insieme di capacità di manipolazione. Tuttavia entrambe le aziende hanno annunciato che le prossime versioni dei loro browser saranno pienamente aderenti allo standard DOM sviluppato dal W3C.

Nuove frontiere
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